Carnage è un film del 2011 diretto da Roman Polański, che porta in scena l’acclamata pièce teatrale Il dio del massacro di Yasmina Reza, facendone un ispiratissimo kammerspiel di 79 minuti, in cui tira fuori il meglio di sé con quattro interpreti straordinari. Il film è stato presentato il 1º settembre 2011 in concorso alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nelle sale cinematografiche italiane è uscito il 16 settembre, in quelle tedesche il 24 novembre, in quelle francesi il 7 dicembre. Negli Stati Uniti è uscito il 16 dicembre, inizialmente solo a New York e Los Angeles e poi nel resto del Paese. Sebbene il film sia ambientato a New York, le riprese sono state effettuate interamente negli studi Euro Media France a Bry-sur-Marne, vicino a Parigi, dato che Roman Polański non può entrare negli Stati Uniti a causa di un mandato di cattura per abuso sessuale risalente agli anni settanta. Il film ha avuto un budget di 26 milioni di dollari e ne ha incassati 28. Con Christoph Waltz, Kate Winslet, Jodie Foster, John C. Reilly.
Sinossi
In seguito a una banale lite che vede protagonisti due ragazzi, i rispettivi genitori decidono di incontrarsi per far luce sull’accaduto. E così, con Alan (Christoph Waltz) e Nancy (Kate Winslet) da un lato e Michael (John C. Reilly) e Penelope (Jodie Foster) dall’altro, comincia una lunga discussione che, tra cambi di tono e argomenti a proprio favore, presto degenera e verte su tematiche estranee allo scontro dei figli, finendo con il far litigare aspramente l’uno con l’altro, anche all’interno delle singole coppie.
La recensione di Taxi Drivers (Pasquale D’Aiello)
Il politically correct è morto da tempo e non è certo Roman Polanski il primo a ricordarcelo, ma lo fa con uno stile sobrio e ironico che si addice a chi è consapevole di affermare qualcosa di vero, anche se non particolarmente originale. Il film riprende la piece teatrale Le dieu du carnage di Yasmina Reza, che collabora alla sceneggiatura del film insieme al regista, e ne conserva l’unità spaziale, temporale e di azione.
I protagonisti di Carnage sono due coppie di genitori che, ciascuna con le caratteristiche della propria collocazione economica e politica, cercano di affrontare e risolvere in modo “civile” una controversia nata dal litigio dei loro figli e dal conseguente ferimento di uno dei due. Sebbene tutti appaiano spinti dalle stesse motivazioni pacificatorie, e, apparentemente, dallo stesso background culturale, finiranno per sbranarsi a vicenda, lasciando emergere tutte le loro pulsioni più profonde. E nel loro fondo non c’è qualcosa di veramente terrificante ma solo di molto deprimente (anche se questi “uomini medi” apparivano come mostri agli occhi di Pasolini): luoghi comuni, superficialità, incertezze, debolezze, bassezze. Si scopre che quella patina di educazione e civiltà che mettono in mostra tutti i buoni borghesi come loro (una coppia appartiene alla ricca borghesia, l’altra a quella media) è solo un collante sociale che deve tenere insieme i pezzi di una classe senza veri principi morali o culturali. Paradossalmente il personaggio che ne esce peggio è proprio quello di Jodie Foster, una libraia con la passione per la scrittura e i diritti umani che, sebbene fermamente convinta delle proprie idee, non riesce ad essere una persona migliore di quelle prive della sua idealità. Resta totalmente immersa nella melassa dei rapporti sociali della sua classe, senza riuscire ad elevarsi davvero, lasciando il dubbio che la sua diversità sia solo superficiale.
Il film in concorso alla 68° Mostra di Venezia non ha raccolto nessun premio e sebbene tempi, recitazione e messa in scena siano ben riusciti, non lascia stupiti, dato il tono leggero che lo caratterizza. Probabilmente per Polanski questo film voleva essere anche una sorta di auto risarcimento per l’intricata vicenda giudiziaria statunitense che lo ha visto recentemente coinvolto, in cui sembravano accantonati gli elementi drammatici dello stupro e dell’abuso sessuale e prevalere quelli terreni e melodrammatici di una farsa.
Come dimostra anche la vicenda di Strauss Kahn, gli USA, e a seguire il resto del mondo occidentale, stanno prendendo atto dei limiti del politicamente corretto. Quel modello si è dimostrato un tentativo razionale ma superficiale di implementare i diritti acquisiti dai soggetti oppressi, e il suo superamento non lascia ancora intravedere una nuova evoluzione. Ma del futuro il film di Polanski non fa parola.