Da spettatore, Paolo Sorrentino si dichiara molto attento ai film sulla famiglia ed è per questo che la prima delle cinque sequenze analizzate è tratta da The Ice Storm del regista taiwanese Ang Lee (1997), un film capolavoro sulle bellezze e sui pericoli della famiglia; un film che gli ha insegnato molto sulla sceneggiatura, per la sua compostezza e solidità. Quella di Lee è un’opera capace di coniugare il bello con il vero, una grande lezione – prosegue il regista – che per molti, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, sembra un sacrilegio. A proposito di Ang Lee e di grandi registi che passano da film impegnati a film più leggeri, per poi esplorare altri generi, Sorrentino sostiene che i grandi registi non perdono mai ovunque vadano, e che sono grandi proprio perché insensibili a ciò che potrebbe metterli sotto pressione o turbarli. Ang Lee ne è un esempio rappresentativo anche per la sua estrema timidezza: si fa fatica a pensare che metta in moto macchine complesse come certi suoi film.
La Notte di Michelangelo Antonioni (1961) è il film da cui è tratta la seconda sequenza. Per Sorrentino il cinema di Antonioni, come quello di Fellini e Bertolucci, è incredibile per il modo in cui i tre cineasti hanno messo in scena le loro storie, ma soprattutto La Notte piace a Sorrentino, perché racconta in maniera tragica come è disagevole stare al mondo.
La sequenza della sparatoria sotto la pioggia di Road To Perdition di Sam Mendes (2002) è per Sorrentino la sintesi perfetta di cos’è il cinema: esempio perfetto di come si recita, come si scrive, come si illumina e come si crea un’epica; e quando gli si oppone che forse è un film di maniera che non corrisponde alla verità, controbatte che è un film vero con il massimo dell’artefatto: quando si spara non si sentono gli spari e non si sente la pioggia battente, se è vero è poco importante. L’importante è che sia verosimile.
Ed è verosimile il giovane Papa dell’ultimo film che Paolo Sorrentino sta mettendo in scena in questi giorni: protagonista del film è Jude Law, che è un attore privo di difetti e che ha le caratteristiche che Sorrentino cercava per il suo personaggio: è giovane, bello e portentoso. E non si ispira a nessun Papa.
La quarta sequenza è tratta da uno dei film più spirituali degli ultimi vent’anni, A Straight Story di David Lynch che colpisce per la forza sottovalutata delle cose insensate, come sottolinea Sorrentino, aggiungendo che la grandezza di David Lynch sta nella capacità di usare gli stessi elementi, come la notte il fuoco e un’adolescente per creare sensazioni diverse, rassicurare (come in questo caso) oppure infondere inquietudine.
Sorrentino sceglie la quinta sequenza da Mars Attacks di Tim Burton, che apprezza molto per la sua artificiosità; la scena analizzata viene definita dal regista come la più erotica che si sia mai vista al cinema, per l’imperturbabilità della donna, che in realtà è un aliena e che crea un effetto dirompente.
E prima di presentare il cortometraggio La Fortuna, episodio di Rio Eu Te Amo, film del 2014 a episodi girato a Rio, parte del progetto Cities Of Love che vede coinvolti cineasti di fama internazionale, l’omaggio della Festa del Cinema di Roma al regista premio Oscar è una sequenza tratta da Il Divo (2008); Giulio Andreotti/Toni Servillo passeggia pensieroso per Via Del Corso nelle prime ore del mattino, scortato dai suoi uomini. E’ senza dubbio una tra le più belle sequenza della sua filmografia, accompagnata da una musica che si rivelò azzeccata sin da subito. E non è vera: Andreotti non faceva quella strada la mattina, ma chi il cinema lo fa per mestiere sa che dosando bene gli elementi della realtà si può ri-creare il vero e renderlo talmente credibile che se fosse diverso soltanto di una virgola perderebbe tutta la sua forza. E’ questa la vera grande bellezza della Settima Arte.
Anna Quaranta