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Approfondimenti

‘Scream’: la satira al potere

Analizziamo Scream, la saga cominciata nel 1996 dove la satira è al potere. Nata con l’obiettivo di ridare linfa allo slasher, nel tempo si è evolvuta, stravolta, è regredita, rinverdita, progredita riuscendo sempre a stupire il pubblico. Non solo un franchise di successo ma un’analisi ironica e tagliente degli ultimi trent’anni di cinema.

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Scream, ovvero la satira al potere. Una di quelle saghe che ha ridefinito il genere horror dalla metà degli anni novanta ad oggi, senza dubbio uno spartiacque del genere ma anche un punto di non ritorno per il cinema tutto. Imitata e omaggiata in tutte le salse, l’esalogia (l’anno prossimo saranno sette) nata dal genio di Wes Craven è andata oltre, raccontando nel corso dei sei episodi tutti i cambiamenti, i difetti, le principali debolezze della macchina cinematografica, evidenziandoli in chiave satirica e destrutturandoli per sorprendere lo spettatore.

Scream: un franchise nato per smuovere le acque

Qual’é il tuo film horror preferito?

Siamo nel 1996 e l’horror al cinema vive un periodo di stasi a causa e dell’abuso dei cliché che tanta fortuna hanno portato al genere e dell’eccessiva mungitura di vacche un tempo grasse ma oramai in declino. Per rinfrescarvi la memoria, nel giro di una ventina d’anni abbiamo avuto quattro episodi di Non aprite quella porta, cinque di Halloween, sei di Nightmare, addirittura nove di Venerdì 13. Benché tutto sommato lucrosi e poco dispendiosi di risorse, un tale numero di produzioni per il cinema di quegli anni risulta immotivato e non necessario.

Caso vuole che qualche anno prima dell’uscita di Scream, gli ultimi capitoli delle saghe sopracitate (nell’ordine Non aprite quella porta IV, Halloween 5, Jason va all’inferno, Nightmare – Nuovo incubo) raggiungano magri risultati al botteghino, territorio dove un tempo erano garanzia di successo anche grazie ai costi contenuti. Lo stesso Wes Craven, già critico verso la deriva troppo industriale e poco creativa della saga da lui creata, alla fine cederà tentando di rinfrescare la formula col sesto Nightmare, ottenendo scarso riscontro da parte del pubblico.

Scream: un fenomeno con più di un pregio

Scream-Sidney

Scream: la satira al potere

Ecco allora che al suo nuovo progetto Craven, insieme al giovane sceneggiatore Kevin Williamson, decida di confezionare un nuovo prodotto che mescoli slasher e satira non convenzionale. Il cuore dell’idea è creare una pellicola che, pur mantenendo un suo rigore restando fedele agli stilemi del sottogenere, si faccia portatore di una sottile critica verso la ripetitività dell’horror anni novanta, e più in generale, della macchina cinematografica alle porte del nuovo millennio. Il film avrebbe destrutturato le classiche soluzioni narrative del genere, snaturandole solo per metterne in risalto l’obsolescenza e la pochezza narrativa.

Nasce così Scream, lanciato a sorpresa nel periodo natalizio per attirare i fedelissimi dello slasher. Dopo un’inizio da sleeper hit, in poco più di un mese diverrà il titolo più discusso, conquistando più di un target di pubblico.

Il primo capitolo della futura saga vince diverse scommesse importanti. Non solo resuscita lo slasher ma se ne prende contemporaneamente gioco, dimostrando come in un prodotto del genere possano coesistere due sensazioni agli antipodi come ironia e paura. Sulla base di queste osservazioni, arrivano puntuali un anno dopo So cosa hai fatto, primo modello emulativo di quella che è la novità del momento anche se non altrettanto incisivo, e nel 2000 Scary Movie parodia della parodia che conferma l’impatto della nuova creatura creaveniana nella cultura pop. In quel momento di film della saga ne sono usciti tre, e tutti si sono divertiti a giocare in maniera diversa con lo spettatore.

Scream: un mix di umorismo e metanarrazione

Numero uno: non si deve mai fare sesso. Mai! No! È proibito! È proibito! Sesso uguale morte! Va bene?! Numero due: mai ubriacarsi o drogarsi. No, perché è il peccato, peccato per estensione della regola numero uno. E numero tre: mai, mai e poi mai, in nessun caso dire: “torno subito”, perché non si torna più!

C’è spazio per l’esasperazione umoristica degli usurati stilemi del genere, per l’ironia verso i sequel, verso le trilogie fuori tempo massimo. Al contempo però si stravolgono le carte: l’apparente protagonista (Drew Barrymore) viene uccisa alla prima scena, i personaggi sono consapevoli della minaccia quanto lo è lo spettatore, gli assassini sono spesso più di uno, fin quando le regole del gioco enunciate da Randy nel primo film vengono via via modificate, aggiornate, riscritte.

Il lato più geniale della saga risiede tuttavia nella sua metacinematografia e in questo senso troviamo alcune delle più brillanti intuizioni di scrittura, come quello, nel secondo capitolo, della fittizia saga Stab, la quale riprende ossessivamente gli eventi di Woodsboro per realizzare un sequel dietro l’altro. Il killer Ghostface inoltre sfrutta la cinemania come arma del delitto, veicolando le domande a tema horror come discriminanti di vita o di morte.

Potremmo perciò leggere Scream anche come un omaggio agli amanti viscerali della settima arte, sentimento da sempre più vivo negli USA che da noi in Italia. La saga, grazie al carisma di Randy prima e Mindy più recentemente, ridà giustizia alla figura del cinefilo puro, colui devoto alla settima arte e fiero sostenitore della sua influenza nella vita di tutti i giorni e non più ,quindi, un asociale che trascorre il suo tempo in sale semivuote guardando film polacchi sottotitolati.

Una nuova era post-Craven

Jenna Ortega al telefono con il cattivo slasher per eccellenza in Scream 5

Di non meno interesse sono gli aneddoti che circondano la saga. Dal titolo iniziale scelto Scary Movie (se non è metacinema questo), al rifiuto di registi del calibro di Quentin Tarantino, Robert Rodriguez, Sam Raimi a quello delle attrici per il ruolo di Sidney (Brittany Murphy, Reese Whiterspoon, Alice Witt). Se a ciò aggiungiamo Joaquin Phoenix come scelta iniziale per il personaggio di Billy Loomis, Skeet Ulrick ferito davvero durante la scena finale, la maschera di Ghostface trovata per caso in un campo scout e un totale di quarantuno omicidi solo nei primi quattro capitoli si capisce come mai la saga conquisti ancora gli spettatori dopo quasi trent’anni.

Nell’ultimo film di Craven ci si focalizza sull’emergente fenomeno dei remake, attualizzando il tutto all’era digitale e alterando nuovamente le regole di sopravvivenza ideate a suo tempo da Randy. Poi coi due capitoli più recenti si punta l’attenzione sui lega-sequel o requel, seguiti a lunga distanza di tempo di grandi successi, e quindi sull’incapacità di Hollywood di osare nel dopo pandemia, senza far mancare una velata ironia verso lo streaming e i fandom tossici (tema, anche questo, traslato nei nuovi capitoli di Stab).

A coloro infine che accusano, non senza ragioni fondate, la saga di aver finito per intrappolarsi col tempo negli stessi stilemi che criticava, si potrebbe obiettare che Scream trae la sua forza proprio nell’essere parte del “sistema” per criticarlo dall’interno, e quindi perseguendo quelle stesse traiettorie del cinema che ricicla se stesso ma con l’attenuante di non prendersi mai del tutto sul serio.

Attualmente tutta la saga è disponibile a noleggio su Prime Video.