Los ingrávidos di Antonio Morra è una piccola finestra su una realtà viva, autentica, ma distante da noi. Una fotografia sfuocata, che lascia tanti dubbi, forse anche un po’ di confusione, ma che ha il vero pregio dei corti: quello di lasciare una suggestione, di accendere un interesse- sia estetico che di contenuto- in pochi minuti. Una rapida incursione nel mondo di chi aspetta, inerme, nella terra delle persone fatte sparire dai cartelli sudamericani, in un Messico dalle suggestioni sovrannaturali.
Los ingrávidos è uno dei cortometraggi della selezione Onde Corte – Panorama Italia di Alice nella città. Distribuito da Gargantua e prodotto da Rossofilm. Recitato interamente in spagnolo e nella lingua nativa maya, è una delle visioni più originali della selezione nazionale.
Nella terra dei cartelli- suggestioni e rapimenti
Due ragazzi, giovani ma non spensierati, si chiedono se il loro amico Gustavo tornerà mai. Se il suo corpo è tra quelli che a decine sono stati recuperati, ammazzati dal cartello, che attendono di essere identificati, di ritrovare un nome. 
Impossibilitati a fare altro, abbandonati da un governo che non interviene, si richiudono dentro le loro origini e guardano alla superstizione, ovvero alla leggenda di Ixtabay. Fantasma di una donna bellissima, la creatura può essere evocata nella notte, per trovare un contatto- forse- tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Nella ricerca del loro amico, però, Alonso e Bryan, dovranno avere a che fare con le proprie paure per un futuro incerto.  

Sospesi nell’attesa- rigore e sperimentazione
Antonio Morra, classe ‘89, brianzolo, è attivo dal 2015 come filmmaker e direttore della fotografia. Questo è il suo secondo corto da regista, dopo Camera Oscura del 2023. 
Morra- che è anche sceneggiatore- mette insieme una serie di composizioni minuziosamente bilanciate, che ci lascia apprezzare grazie a inquadrature lunghe e un montaggio con pochi tagli. La macchina da presa si muove come una presenza naturale, organica e tranquilla, amplificata da un sound design ricco e ricercato nella sua autenticità. Si avvicina ai protagonisti quando ce n’è bisogno, senza troppa invadenza. Ci permette così di calarci dentro questa ricerca sospesa di Gustavo, nella verità di una cultura spirituale maya ancora molto sentita, in contrapposizione ad una contemporaneità in cui le incursioni del mondo occidentale e capitalista si fanno comunque sottilmente sentire, nella presenza subliminale dei loghi delle squadre di calcio o delle multinazionali, e in quella dolorosa di una corsa al guadagno opposto al fallimento. 
I due ragazzini, forse diciottenni, soli e al buio alla ricerca del loro amico in una caverna mistica, confidano le loro paure per un domani. Un domani che appartiene loro per il momento, ma che già è stato sottratto al loro coetaneo scomparso.
Los ingrávidos con un originale mix di finzione e documentario, sperimentazione e precisione compositiva, riesce a creare un racconto volutamente incompiuto, sospeso, senza mostrare mai i segni di un’incursione esterna su una storia così fortemente radicata nella sua terra.