Il Velo del regista Cristian Patané corre indietro nel passato o nel futuro, recuperando una storia d’amore senza tempo. Il cortometraggio è presentato durante l’ultima edizione di Onde Corte di Alice nella Città, la sezione del Festival del Cinema di Roma dedicata ai cortometraggi.
L’immagine scelta da Patané è volutamente artefatta. Interamente girato all’interno di una chiesa, il regista alterna primi e primissimi piani di Lea (Swamy Rotolo) e Carla (Sara Mafodda).

Quanto veloce viaggiano le preghiere
Lea e Carla indossano il velo ma per motivi diversi. Quello di Lea è di pizzo bianco e sta per rinchiudersi in una vita fatta di rigide e secolari regole domestiche; il velo di Carla è più austero ed è legato a una vocazione religiosa.
La celebrazione del matrimonio diventa insopportabile e, mentre le parole del prete riecheggiano in un sottofondo sempre più asfissiante, sullo schermo Carla vive il crollo, l’indecisione e infine l’indomito atto di coraggio.
Carla prova a parlare con Dio, prova a chiedere redenzione per qualcosa ma poi tutto sembra arrendersi in lei e crollare davanti agli occhi di Lea. Il Velo è una finestra, più che un racconto interamente finito.
Cristiano Patané decide di rischiare la narrazione della decisione finale più che sviscerarne un racconto logicamente finito, con la resa straordinaria di colui che riesce a raccontare di sentimenti senza davvero parlarne.

Il Velo: qualcuno può baciare la sposa
Alla fine del cortometraggio qualcuno dovrà baciare la sposa, secondo le parole del rituale religioso. E si snoda in questo velocissimo frangente il coraggio di chi deve prendere decisioni bibliche: se un bacio sarà dato a quella sposa, allora un velo deve essere tolto. Lea e Carla devono scegliere.
Non conosciamo le ragioni, non sappiamo gli eventi che hanno portato Carla al matrimonio e non capiamo la fede di Lea, novizia di Dio eppure così tanto combattuta in questo amore per l’amica.
Il Velo è un frame di un film più lungo in cui sarebbe stato bello conoscerne gli snodi principali. O forse no. Forse la fortissima tensione dei primissimi piani e i millimetrici movimenti facciali delle sue attrici raccontano tutto quello che de Il Velo ha bisogno di raccontare.