Dizzy Cavalry è un cortometraggio d’animazione western di un minuto diretto dal regista canadese Patrick Doyon, presentato in anteprima italiana all’evento Archivio Aperto 2025 presso la Cineteca di Bologna. L’opera è un saggio animato in stop-motion che utilizza come base un vecchio rullino cinematografico di 8mm di un film western di Hollywood, They Died with Their Boots On! (La storia del generale Custer) con Errol Flynn.
La trama
Il cortometraggio prende vita col suono di una tromba, la quale evoca fin da subito una sensazione di urgenza e disordine. In questo istante la cavalleria si lancia in una carica frenetica, dove si palesano momenti di confusione e violenza. Questo è accentuato dalla pellicola stessa che si increspa, trema e si aggroviglia, diventando parte integrante del cortometraggio catturando il caos dei campi di battaglia, del galoppo dei cavalli e degli spari.
La Forza risiede nella sua natura sperimentale
Il punto di forza di Dizzy Cavalry è la sua natura sperimentale. Doyon non si limita a proiettare il vecchio film, ma lo trasforma nel soggetto stesso dell’animazione. Il rullino, con le sue immagini del film già impresse, reagisce e interagisce con le nuove animazioni create da lui stesso, creando così un mix tra vecchio e nuovo. La violenza e il caos della battaglia disturbano la stabilità e la chiarezza della proiezione, rendendo la linea tra i due sempre più sfumata. Il titolo stesso, Dizzy Cavalry (cavalleria vertiginosa/stordita), suggerisce il senso di confusione e movimento frenetico che l’animazione trasmette. Il film vuole suggerire che gli eventi storici, specialmente quelli caotici e violenti come una carica di cavalleria, non ci arrivano mai in una forma pura o perfetta. Sono sempre filtrati, distorti e danneggiati dal tempo e dal mezzo che li conserva.
Il cinema come materia vivente
É presumibile pensare che il Doyon voglia presentare un’allegoria sul cinema stesso. Animando la pellicola stessa, viene sottolineato il supporto come non un semplice contenitore trasparente per la storia, ma come parte attiva e viva della narrazione, con una sua materialità, una sua fragilità e una sua identità.