In concorso all’82esima Mostra del Cinema di Venezia, The Testament of Ann Lee riporta all’attenzione del pubblico Mona Fastvold. Dopo aver conquistato i favori della kermesse internazionale, cinque anni fa, con Il mondo che verrà, la regista norvegese realizza un’altra delle sue intense opere, e si aggiudica un posto d’onore tra i possibili premiati di questa edizione.
Come sua protagonista sceglie Amanda Seyfried, magnifica e magnetica, a cui offre quello che già si preannuncia un ruolo da Oscar. Dal canto suo, l’attrice nota per film come Mamma Mia! e Les Miserables regala alla Fastvold e a tutti noi una performance che rimarrà nella storia, potente, viscerale, indelebile.
The Testament of Ann Lee| La trama
Ann Lee nasce a Manchester il 29 febbraio 1736, una data importante alla luce della figura che diventerà. Sin da quando era solo una bambina, ha sempre sentito un richiamo verso Dio. Ma il più delle volte non rintraccia una corrispondenza tra le istituzioni religiose e quello che è il suo personale modo di avvicinarsi alla fede. Motivo per cui, con il tempo e con l’aiuto del fratello William (interpretato da un sorprendente Lewis Pullman), mette in piedi una sua comunità di credenti.
Un posto per ogni cosa e ogni cosa al suo posto.
Presa di mira dalla Chiesa ufficiale, la giovane donna decide di imbarcarsi (letteralmente) in un viaggio alla volta delle Americhe. Il suo è un tentativo di convertire persone disposte ad ascoltarle e ad accettare i dettami degli Shakers. Ann Lee sarà considerata dai suoi “la seconda venuta di Gesù Cristo”.
Un’esperienza sensoriale indelebile
Partendo da un lungo e approfondito lavoro di ricerca, la Fastvold – insieme al compagno Brady Corbet (The Brutalist), con cui ha scritto la sceneggiatura – racconta le vicende degli Shakers, una comunità religiosa del Settecento, e della sua leader, Ann Lee, appunto. La pellicola si rivela sin da subito un’esperienza sensoriale a tutti gli effetti, superando il puro e semplice concetto di fruizione. Che sia per la potenza della musica di Daniel Blumberg, il fascino delle coreografie di Celia Rowlson-Hall o la grana della pellicola (girata in 70mm), The Testament of Ann Lee è un film che immerge completamente, difficile da incasellare o paragonare.
La definizione di musical che spesso gli è stata data, non solo è riduttiva, ma soprattutto errata. I protagonisti sono uomini e donne che utilizzano le sonorità come preghiera, ma anche come mezzo per esprimere la propria interiorità. Ed è interessante vedere come la sensualità, bandita con fervore dagli Shakers, in realtà si insinui in ogni loro movimento, andando a creare un cortocircuito straordinario e curioso.
Ann Lee tra modernità e leadership
Ann Lee (e chi le gravita intorno) appare così moderna da lasciare stupefatti, considerando in primis l’ambientazione nei primi del Settecento. Nonostante sia una figura complessa, con la quale l’immedesimazione non è scontata né immediata, diviene un vero e proprio emblema. La chiarezza e la costanza con cui porta avanti quella che sente come la sua missione fa sì che non si possa non ammirare. Simbolo di resistenza e coraggio, ma anche di profonda e pericolosa libertà, Ann Lee sceglie di vivere secondo il suo credo, senza mai imporlo, ma anzi lasciando a ognuno il proprio fondamentale libero arbitrio.
Tra gli elementi più caratterizzanti ed emozionanti, il rapporto con il fratello William aggiunge naturalezza al racconto, mostrando i lati umani dei personaggi. Ann Lee è una leader, ma resta una donna, una madre, una sorella, una figlia. Il percorso che compie è costellato di ferite e ostacoli, oltre che di momenti di dolcezza e di speranza. E la sua storia, al di là dell’intreccio religioso, lascia una traccia vivida. La sua è un’esistenza dal valore inestimabile.
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