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Cult Movie

‘Il Padrino’, tra antieroi e potere. L’attualità di un classico.

Il Padrino non ha mai smesso di parlare della nostra società. Un racconto stratificato tra famiglia, crimine e politica, che resta attuale oggi più che mai

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Il Padrino

Il Padrino occupa un posto d’onore nella storia del cinema e dei gangster movie. Uscito nel 1972, distribuito dalla Paramount Pictures, diretto da Francis Ford Coppola e sceneggiato insieme all’autore del romanzo originale Mario Puzo, è oggi considerato uno dei capisaldi della New Hollywood.
È uno di quei rari film capaci non solo di plasmare culturalmente la società, ma anche di influenzare il linguaggio narrativo per intere generazioni.
Vincitore di tre premi Oscar – miglior film, miglior attore protagonista (Marlon Brando) e miglior sceneggiatura non originale – Il Padrino ha compiuto cinquant’anni nel 2022, ma resta incredibilmente attuale.
È un film che ha fatto la storia, certo. Ma perché un’opera del 1972 continua a parlarci con tanta forza ancora oggi?

Il Padrino, storia di una famiglia

La trama de Il Padrino è lineare, sorprendentemente classica per un film della New Hollywood.
Al centro della narrazione vi sono due figure fondamentali: Vito Corleone (Marlon Brando) e suo figlio Michael (Al Pacino). Il film segue la parabola discendente del primo e la lenta ascesa del secondo.
Sotto una superficie di melodramma familiare, si sviluppa il dramma shakespeariano fatto di potere e tradimenti. Gli eventi trasformano progressivamente i personaggi fino a renderli, nel finale, irriconoscibili rispetto a come erano all’inizio.

Le due facce della medaglia

La scrittura dei personaggi è uno dei grandi punti di forza del film, amplificata dalle interpretazioni memorabili di Brando e Pacino. Il primo, già abituato a ruoli dai tratti shakespeariani, conferma il suo carisma. Il secondo, al suo terzo film, trova il ruolo che lo consacra.

Vito Corleone domina la scena fin da subito: un boss elegante e autorevole. Viene chiamato “padrino”, titolo non ufficiale che esprime l’influenza che esercita sulle famiglie della città. Il ruolo si conquista con fiducia e rituali come il battesimo: molti chiedono a Vito di battezzare i figli, per rispetto o affiliazione.

Sul versante opposto c’è Michael, il figlio minore, appena tornato dalla guerra. Partecipa al matrimonio della sorella ancora in divisa. È moralmente integro, quasi ingenuo, e vuole restare fuori dagli affari criminali del padre.
Sonny (James Caan), il fratello maggiore, osserva che Michael “non ha mai ucciso nessuno se non da un miglio di distanza”.

Il Padrino

Di padre in figlio

Il conflitto centrale nasce proprio dall’opposizione morale tra i due protagonisti, gestita con grande lucidità dagli autori.

Il loro è un conflitto interiore, silenzioso, che richiama il mito edipico: uno scontro tra un padre e un figlio.
I traumi, dall’attentato al padre in poi, spingono il figlio verso quel mondo criminale che inizialmente aveva rifiutato. Ogni evento lo avvicina sempre di più alla malavita italoamericana e ai suoi modi.
Quando Vito si ritira come capofamiglia, è Michael a prenderne il posto, chiudendo il suo arco trasformativo.
In una scena iconica nell’orto di casa, Vito si concede l’unico momento di innocenza del film, giocando con il nipote. Ed è proprio in quell’istante, come colpito da una giustizia divina, che il padrino muore. L’arco di Michael si chiude con la completa sostituzione del padre: la traiettoria edipica è compiuta.
Michael è uno dei primi grandi antieroi del cinema moderno. La sua trasformazione, a tratti amletiana, lo porta da giovane innocente a boss spietato.

Il sogno americano

Altra forza del film è la sua stratificazione. Sotto la trama c’è un sottotesto solido, presente fin dai primi dialoghi:

Per la giustizia dobbiamo andare da Don Corleone.

Così si apre il racconto, con la supplica di Amerigo Bonasera (Salvatore Corsitto), la cui figlia è stata brutalmente aggredita. Ignorato delle autorità, Bonasera si rivolge al padrino. Coppola stocca una critica sagace, proprio rivolta alle istituzioni statunitensi. La mafia colma il vuoto lasciato dallo Stato: ascolta e interviene dove le istituzioni si sottraggono.
Assume così un tono dolceamaro la frase che apre il film:

“Io credo nell’America.”

Il Padrino accosta la mafia al liberalismo statunitense e la logica del potere politico.
Nel film, la criminalità organizzata agisce spesso alla luce del sole, come una vera impresa capitalista e diventa, a suo modo, un’espressione concreta del sogno americano.

Emblematica la scena della riunione delle cinque famiglie: sullo sfondo, la bandiera americana sancisce l’equivalenza tra crimine e sistema.
La moralità selettiva di Vito, contrario alla droga per “non danneggiare i bambini”, diventa grottesca quando uno dei boss propone di venderla solo alle minoranze. La violenza e il profitto trovano così una giustificazione che riecheggia retoriche e ipocrisie della politica americana stessa.

Il Padrino

Alfa e Omega

Gli autori fanno convergere le due anime del film, quella narrativa e quella simbolico-critica, nella scena finale: il battesimo. Michael, che sta facendo da padrino alla figlia della sorella, ordina l’eliminazione dei capi delle famiglie rivali. Il battesimo concentra tre livelli chiave del film.
Innanzitutto, sul piano narrativo, Michael assume per la prima volta il ruolo di padrino, diventando a tutti gli effetti il padrino, aprendo alla sua ascesa futura.
In secondo luogo, sul piano simbolico, è il suo battesimo criminale: la cesura definitiva con la vita precedente.
Infine, segna la nascita di una mafia moderna, fondata su strategia e logiche d’impresa.
Michael prende il posto del padre, ma con una visione più imprenditoriale: è un manager del crimine, più Howard Hughes che gangster.

Eredità

Il Padrino è un film lungimirante: la sua critica sociale non si esaurisce negli anni Settanta, ma parla ancora al presente, grazie a una scrittura vivace e a un antieroe che non ha nulla da invidiare a quelli odierni.

Il ritmo lento ma lineare del film accompagna lo spettatore in un’epopea gangster che, pur nella sua compostezza narrativa, lascia spazio a momenti di grande intensità. Tra questi spicca la recitazione sopra le righe di James Caan, recentemente scomparso, che dà vita a un personaggio così iconico da risultare secondo solo a Don Vito in termini di memorabilità.

Questo contrasto tra toni cupi e accensioni improvvise è una delle cifre più riconoscibili del film, che fa della dialettica tra oscurità e luce un ulteriore punto di forza. Coppola giustappone innocenza e violenza, spesso alternando inquadrature immerse nell’oscurità ad altre quasi accecanti. Ma lentamente, l’innocenza svanisce, lasciando spazio solo al buio.

C’è della malizia nel film di Coppola, ma una malizia disillusa nata dalla stanchezza verso una società che abbandona lentamente il prossimo.

Anche se il tempo passa, Il Padrino continua a essere uno specchio della società statunitense, dominata dal potere e da una morale fragile, allora come oggi.

Il Padrino

  • Anno: 1972
  • Durata: 175'
  • Distribuzione: Paramount Pictures
  • Genere: Gangster
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Francis Ford Coppola
  • Data di uscita: 14-September-1972