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‘Eyes wide shut’: 26 anni dall’ultimo film di Stanley Kubrick

Il 16 luglio 1999 uscì negli Stati Uniti 'Eyes wide shut', il film testamento con cui Stanley Kubrick lasciò il mondo del cinema.

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Eyes Wide Shut è l’ultima opera di Stanley Kubrick uscita nel luglio 1999, pochi mesi dopo la morte improvvisa del regista. L’uscita postuma generò grande attesa ma anche confusione. Il film era carico di aspettative, sia per la tematica legata al desiderio e all’eros, sia per la presenza della coppia reale e cinematografica, Tom Cruise e Nicole Kidman. Tuttavia, si diffusero voci secondo cui Kubrick non aveva supervisionato il montaggio finale, alimentando dubbi sull’effettiva “completezza” dell’opera.

Molti critici inizialmente lo giudicarono “impreciso”, “incompleto” e “sgrammaticato”. Kubrick non vide mai la parte finale, non supervisionò neanche la distribuzione. Ma con il tempo è emersa una lettura più matura e coerente dell’opera, che oggi appare del tutto in linea con lo stile e la visione kubrickiana, con una profonda coesione tra contenuto, forma e linguaggio cinematografico.

Il film è attualmente disponibile su Sky e Now tv.

Un tratto distintivo di Kubrick si riafferma: dalla fonte letteraria al film

Stanley Kubrick era solito trasporre fonti letterarie su grande schermo, come avvenne anche in questo caso. Kubrick acquisì i diritti di Traumnovelle di Arthur Schnitzler, autore austriaco che scrisse il romanzo negli anni ’20, ambientandolo nella Vienna post-asburgica di Sigmund Freud. Elemento assolutamente da non sottovalutare, data l’influenza che il più famoso psicanalista della storia ebbe su Kubrick e sui temi che il regista decise di affrontare nel film. Kubrick iniziò fin dal 1968 a pensare all’adattamento cinematografico, che uscì però più di 30 anni dopo, nel 1999.

Il perturbante freudiano come chiave di lettura

Il film va letto alla luce della teoria freudiana del perturbante. Secondo Freud, ciò che evoca questo sentimento non è intrinsecamente nuovo o estraneo, bensì qualcosa di familiare e antico per la psiche, che è stato rimosso o superato e che, riaffiorando, genera angoscia. Questo è un motivo ricorrente in tutto il cinema di Kubrick, e diventa tema stilistico, narrativo, visivo. È presente un grande “macrotesto” kubrickiano, in cui ogni film rimanda agli altri attraverso ripetizioni, variazioni e transfert, esattamente come nella teoria freudiana della nevrosi.

Il tema del doppio

Il motivo del doppio domina in Eyes Wide Shut, come già in altri film di Kubrick (es. Lolita, 2001: Odissea nello spazio, Shining). Può essere psicologico, morale, sociale, ma è sempre perturbante, espressione visiva di un’identità scissa o instabile.

Il tema del doppio attraversa tutto il film. Inizia dallo specchio davanti a cui Alice è nuda. Tuttavia il suo riflesso non compare: una visione inquietante, di scollamento tra soggetto e immagine.

Anche Nick Nightingale rappresenta il doppio fallito o mancato di Bill. Entrambi erano studenti di medicina, ma Nick ha scelto la musica, la libertà, il piacere: un cammino irregolare e oscuro, che lo rende “emissario” di un mondo altro. Come Jack e Grady in Shining, anche Bill e Nick sono due facce dello stesso io: uno integrato, l’altro deviato.

Il doppio si manifesta anche formalmente. Nei carrelli in avanti, metafora del passaggio da uno spazio fisico a uno metafisico; nella prospettiva rinascimentale amplificata dal grandangolo, che crea spazi al contempo familiari e inquietanti; nell’uso della musica (dodecafonica o classica disturbata dalla dissonanza); nelle soggettive senza soggetto e, soprattutto, negli scavalcamenti di campo che rompono la continuità spaziale e la regola dei 180 gradi, per rivelare un “altro lato” della scena, come uno specchio attraversato. Ad esempio, il raccordo sul movimento con scavalcamento di campo, che vediamo quando Tom Cruise incontra il suo amico di college pianista, Nightingale. Qui notiamo una tecnica che lavora sul perturbante che, a sua volta, simboleggia che il protagonista è andato al di là dello specchio, in un mondo immaginario, che lo porterà nel mondo reale con un cambiamento.

Perturbante: tra classe, psiche e potere

Il film è una vera e propria discesa negli inferi del perturbante, con diverse sfumature: Il perturbante psichico è rappresentato dal percorso di Bill, un viaggio nell’inconscio. La realtà perde coerenza e consistenza, diventa labile, come in un sogno. Lo scavalcamento di campo visivo diventa scavalcamento simbolico dello specchio: ogni cosa mostra il suo doppio, ogni scena ha un’ombra. Il perturbante sociale e politico viene mostrato con l’orgia e non è solo una rappresentazione del desiderio, ma anche una liturgia del potere. La maschera cela la gerarchia sociale ma ne ribadisce l’immutabilità: chi comanda resta irraggiungibile. Bill, seppur mascherato, resta un intruso, non può appartenere a quel mondo. La sua borghesia è intermedia, precaria.

Il viaggio viene inteso come metafora storica: come in Shining, anche qui il personale si intreccia con il politico. L’orgia e le feste dell’élite sono simboli della continuità di un potere occulto, economico, erotico, mascherato da rituale. La storia americana, proprio come la psiche di Bill, è costruita su rimozioni: desideri repressi, crimini occultati, fantasie non elaborate.

Maschere: iniziazione, potere e possessione

La maschera è strumento di trasformazione, di passaggio e potere: la visita di Bill al negozio Rainbow è il momento in cui acquisisce la maschera: simbolo rituale di transizione verso l’età adulta, verso una consapevolezza più profonda e pericolosa della sessualità, del desiderio e del potere.

Le maschere africane nell’appartamento di Domino (la prostituta) segnano il legame con il potere arcaico, tribale, ma anche con la possessione e il mistero. In questo spazio “altro”, Bill è introdotto a un erotismo primitivo, meno codificato socialmente.

Le maschere veneziane dell’orgia, invece rievocano la teatralità del Settecento, ma anche l’ambiguità del potere, la sua capacità di nascondersi e di farsi spettro. La maschera permette di agire senza conseguenze apparenti, ma allo stesso tempo svela desideri profondi e pericolosi.

L’emblematica scena dell’orgia

Nella novella di Schitlzer l’orgia è onirica ma sensuale, viva, carica di odori, suoni, desiderio, grazie a riferimenti percettivi forti (gemiti, profumi, l’armonium che suona una melodia sacra).

Mentre nel film di Kubrick la scena è fredda, formale, disturbante, quasi rituale, priva di calore umano. I rapporti sessuali sono meccanici, silenziosi, perfettamente coreografati, con un’assenza totale di suoni corporei (gemiti, respiri), tipici dell’eros. Sono tableaux vivants, che ricordano le scene del Casanova di Federico Fellini. Kubrick crea un effetto di astrazione e derealizzazione. I corpi, illuminati in maniera sovraesposta, sembrano manichini, modelli, non esseri viventi.

Kubrick tematizza il guardare, il voyeurismo: attraverso le inquadrature prospettiche deformate, l’uso del grandangolo e la frequente presenza di personaggi che osservano, tra cui Bill, ma anche lo spettatore stesso. L’effetto è quello di un teatro voyeuristico dove l’intimità è sostituita dallo spettacolo.

L’orgia di Eyes Wide Shut non è solo un’esibizione di corpi, ma una rappresentazione simbolica dell’alienazione del desiderio nella società contemporanea. Kubrick prende il materiale freudiano e lo rende più disturbante, più astratto ed esteticamente congelato, rinunciando a ogni traccia di vitalismo per denunciare l’eros come rituale vuoto, atto ripetuto senza passione, consumo freddo in un capitalismo avanzato.

Trattamento del suono e della musica

Kubrick usa la musica come elemento straniante e narrativo: la sequenza si apre con Masked Ball di Jocelyn Pook, una composizione elettronica che mescola una salmodia rumena invertita e voci in hindi. L’effetto è destabilizzante: la musica sembra diegetica (provenire dalla tastiera di Nick Nightingale) ma in realtà trascende lo spazio del film.

In seguito la musica si stratifica, passando per Migration e infineStrangers in the Night (standard jazz evocativo e ironico).

Nel momento culminante (la smascheratura di Bill), torna Ligeti (autore tra i preferiti di Kubrick utilizzato anche in 2001: odissea nello spazio), con Musica Ricercata II, che commenta l’irruzione del cerimoniale e del giudizio, accentuando la dimensione inquietante della scena.

Stile come senso: la messa in scena simbolica

Il cinema di Kubrick è un laboratorio formale in cui ogni scelta stilistica ha un peso simbolico.

Le simmetrie e le scatole prospettiche: il cinema di Kubrick costruisce con spazi chiusi, teatrali, e speculari; ogni campo ha il suo controcampo, ogni stanza è un mondo chiuso e al tempo stesso passaggio verso un altrove.

Il colore e la luce: i colori saturi e innaturali del “Rainbow Fashions”, le luci natalizie, le ombre nere dell’orgia: ogni fonte luminosa suggerisce un’emozione, una condizione interiore. Il rosso dominante è il colore della tentazione, del pericolo, della passione.

Feticismo e oggetti: il film termina in un negozio di giocattoli, in un mondo in miniatura, infantile, in cui ogni pulsione è trasfigurata in feticcio. La Barbie-angelo rappresenta la riduzione in plastica del sogno fiabesco, la sua mercificazione.

Eyes Wide Shut è un’opera stratificata e labirintica, che unisce il mito al moderno, la fiaba all’incubo, la cultura alla pulsione. La forza perturbante del film risiede nella sua capacità di evocare una molteplicità di significati senza mai esaurirli. La maschera non viene mai tolta del tutto: anche nel ritorno alla normalità, l’ombra resta.

Il film non offre una risposta, ma piuttosto una serie di porte da attraversare: specchi, sogni, simboli che invitano lo spettatore a smarrirsi, come Bill, nel labirinto del proprio desiderio, della propria storia, della propria identità.

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Eyes wide shut

  • Anno: 1999
  • Durata: 159
  • Distribuzione: Warner Bros
  • Genere: Thriller, erotico
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: Stanley Kubrick
  • Data di uscita: 16-July-1999