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‘Psycho’: 65 anni dall’uscita del film che ridefinì il genere horror

'Psycho' di Alfred Hitchcock rimane un monumento cinematografico che ha insegnato come le regole, a volte, devono essere infrante

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Psycho il 16 giugno 1960 segnò un momento spartiacque nella storia del cinema. Un’opera che trascendeva la semplice etichetta di film per diventare un vero e proprio fenomeno culturale. Diretto dal maestro del brivido Alfred Hitchcock, questa pellicola è tratta dal romanzo di Robert Bloch e che, a sua volta, aveva preso ispirazione dalla storia del serial killer Ed Gein.
Il film non solo ridefinì i canoni dell’horror, ma introdusse anche un nuovo paradigma narrativo e visivo che avrebbe influenzato generazioni di cineasti. 

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Oltre le convenzioni: la genialità narrativa di ‘Psyco’

Alfred Hitchcock era noto per la sua capacità di manipolare le aspettative del pubblico, e in Psycho questa abilità raggiunse il suo apice. Il film si apre con una premessa apparentemente semplice: Marion Crane, una segretaria insoddisfatta, sottrae una grossa somma di denaro e fugge, trovando rifugio in un motel isolato gestito dal timido e inquietante Norman Bates. Questa configurazione iniziale suggerisce un thriller convenzionale, ma Hitchcock, con una mossa audace e senza precedenti, sovverte completamente le aspettative a circa un terzo del film. La protagonista (Janet Leigh) muore. Questo è un evento scioccante per l’epoca, perché distrugge tutte le regole narrative. E non solo spiazza lo spettatore, ma lo costringe a rivalutare ciò che fino a quel momento aveva creduto. Questo colpo di scena non è un mero espediente narrativo, ma una dichiarazione d’intenti. In Psycho, nessuna regola è sacra, e la suspense non deriva da ciò che ci si aspetta, ma da ciò che è imprevedibile e disturbante che ne diventano protagonisti. Hitchcock si diletta in molti suoi film a ingannare il pubblico, guidandolo attraverso una serie di false piste e introducendo elementi che sembrano centrali per la trama, solo per poi abbandonarli bruscamente.

Norman Bates: l’incarnazione della follia psicoanalitica

Il personaggio di Norman Bates, interpretato magistralmente da Anthony Perkins, è il cuore pulsante di Psycho. Una delle figure più iconiche e complesse della storia del cinema. L’apparente gentilezza e vulnerabilità di Norman celano una psiche profondamente disturbata. Vittima di un complesso di Edipo irrisolto e di un rapporto morboso con la madre defunta. La sua doppia identità, con la madre che comanda la sua mente e lo spinge a commettere atti violenti, è un’esplorazione pionieristica della follia omicida da una prospettiva psicoanalitica. Psycho fu uno dei primi film a immergersi così profondamente nelle motivazioni psicologiche di un assassino, aprendo la strada a un nuovo sottogenere dell’horror che avrebbe visto i serial killer diventare i nuovi, terrificanti protagonisti.

La celebre scena della doccia diventata iconica dimostra come la vera paura risieda nell’evocazione e nell’ignoto. Ciò che non si vede terrorizza. L’influenza di Psycho si estende oltre l’horror, rendendolo un capolavoro intramontabile che continua a essere studiato per la sua audacia e profondità tematica.