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Tulipani di seta nera

‘Amina’ : la transizione della memoria

Nel cortometraggio di Serena Tondo la transizione, incosciente, della protagonista viene sviluppata attraverso la sua memoria e la sua fuga emigratoria verso l’Italia

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In concorso per la sezione cortometraggi del Tulipani di seta nera ( il Festival romano che ritorna con la sua 18esima edizione dall’8 all’11 maggio), il sorprendente short-movie Amina diretto da Serena Tondo e co-scritto assieme ad Antonella Gaeta. Prodotto da Clikom Srl, il corto vede le interpretazioni di Elham Husseini, Lara Ciriolo e Andrea Simonetti.

 Il TRAILER – Amina

Sinossi – Amina

Durante il disperato tentativo di Ahmed (Elham Husseini) , 14 anni afghano, di raggiungere l’Italia dalla Serbia nascosto all’interno della cella frigorifera di un Tir, la sua memoria ripercorre la sua intera vita. Ma lo stato di semi incoscienza in cui entrerà a causa dell’assideramento, ci rivelerà che Ahmed in realtà si chiama Amina ed è una delle tante Bacha Posh afghane, letteralmente “bambine vestite da maschio”

Rivivere l’identità – Amina

Nel corto Amina, Serena Tondo compone una diaspora del genere femminile e maschile, in una ricerca della propria esistenza occultata da una società araba e bigotta. Il protagonista Ahmed compie un viaggio dalla Serbia all’Italia di fuga esteriore, cercando la libertà  interiore di una verità nascosta per troppo tempo. In Amina tutto è apparenza. Sembra inizialmente di essere nel classico progetto migratorio, consuetudine per piccoli cortometraggi a tema sociale. Difatti quando Ahmed sbarca in Italia, scappa dalla polizia per iniziare il suo viaggio illegale attraverso il Tir, potremmo essere anche davanti alla classica fuga per la libertà a cui ogni giorno vanno incontro i migranti.

Il corto invece si direziona subito dentro il passato del protagonista mediante la memoria e il suo stato incosciente in cui cade. Qui sapientemente, la Gaeta e la Tondo, attraverso il passato afghano di Ahmed, ci riportano il dramma delle bambine arabe. Il disclaimer finale non fa altro che riassumere il travaglio imposto da Ahmed/Amina; il dramma dello bacha posh, una pratica ancora in uso in certe aree dell’Afghanistan e del Pakistan, che impone alle famiglie prive di figli maschi di obbligare le proprie figlie femmine a vestirsi e a comportarsi come se fossero un ragazzo, almeno fino al raggiungimento della pubertà. Ahmed, appunto, quando raggiunge l’età della fine del divieto, scappa, non solo dal suo paese ma dalla condizione di asservimento di genere a cui è stata obbligata. E lo fa muovendosi spazialmente dall’oriente all’occidente, in un discorso di luogo che è anche culturale.

Il flashback della transizione

In questo quadro si muove Amina, in una struttura in cui la vera azione drammaturgica avviene nella sua dimensione semi-cosciente. Nel mondo dei sogni e dei ricordi, la bambina diventata ragazzo ripercorre il suo obbligo famigliare nella dittatoriale società araba. Il corto rifugge dal pericolo spot-promozionale a favore della cultura occidentale, soffermandosi sulle conseguenze che tale pratica può avere e ha sulla crescita e sulla psiche di un essere vivente a cui la propria natura è stata negata. Si parla sempre di transizione come libertà, come atto di indipendenza di genere e sessuale, ma raramente ci si interroga sulla costrizione, sulla negazione di essere se stessi per transitare in un luogo d’identità che non ci appartiene.

E Amina fa proprio questo attraverso la memoria della pubertà della protagonista. Sotto il controllo del padre, la bambina diventa ragazzo, viene istruita su come essere maschio, sorvegliata con lo sguardo paterno e padronale finalizzato a controllare la natura di Amina. Una dittatura patriarcale che Gaeta e Tondo espongono bene nella vita imposta dell’Afghanistan, quella stessa vita che si evolve come nuovo percorso di riconoscimento identitario nel viaggio dormiente che Ahmed inizia e termina nei suoi ricordi e sul suolo italiano. Il cortometraggio è anche una questione tra madre e figlia, la ribellione rispetto ad un vissuto costrittivo analogo che due donne, una adulta e l’altra bambina, decidono di spezzare. Garantendo alle donne afghane una vita che può e deve essere diversa dalle leggi morali di un mondo arabo senza giustizia e libertà.

Amina quindi si dimostra un cortometraggio capace di far riflettere sullo stato femminile dei nostri giorni. Facendoci interrogare sulla natura stessa dell’esistenza e della felicità. Un mondo duro e puro per il quale c’è un’alternativa possibile: scoprire finalmente chi siamo.

  • Anno: 2024
  • Durata: 19'
  • Distribuzione: Premiere
  • Genere: dramma
  • Nazionalita: Ita
  • Regia: Serena Tondo