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FESTIVAL DI CINEMA

‘Nella pelle del drago’. Recensione

La regista narra la vicenda legata all'incendio doloso di una maestosa statua in legno a Lavarone.

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In concorso nella Sezione Orizzonti Vicini al Trento Film Festival 2025 il documentario Nella pelle del drago si rivela essere, quasi,  una detective-story. Sotto l’attenta regia di Katia Bernardi il fuoco prende vita e con lui anche un maestoso drago nero.

Una scultura tra le ceneri

Nella tranquilla e sonnecchiante frazione di Magrè, sull’altopiano di Lavarone, in Trentino-Alto Adige, Marco Martalar realizza una gigantesca scultura in legno, denominata, “Drago Vaia”. Una scultura alata, creata, utilizzando duemila arbusti sradicati dalla furia dell’alluvione del 2018 (la tempesta Vaia), che supera i sei metri di altezza e i sette di lunghezza. Data la maestosità della scultura, ben presto l’area che ospita il Drago, diventa un’attrazione turistica. Si riversano curiosi e visitatori che, parcheggiano in sosta selvaggia le auto e infrangono quel clima di serenità e di pace che regna a Lavarone. La gente inizia a rumoreggiare e non celebrano più il concerto allestito proprio davanti al Drago.

Nell’agosto 2023, la gigantesca scultura in legno viene distrutta in un incendio doloso. I Carabinieri avviano le indagini ma, in paese, nessuno fornisce indicazioni utili.

Katia Bernardi mostra in questo documentario l’impresa di Martalar di ricostruire un nuovo Drago, a partire proprio dai suoi stessi resti: neri e fragili per l’incendio.

Un inno alla bellezza della natura e alla capacità di trasformare, in maniera creativa, la materia.

Mille le versioni e le ipotetiche congetture. C’è chi ritiene che lo stesso Martalar, per farsi pubblicità, abbia bruciato l’opera. Chi accusa una coppia di anziani, proprietari di una baita, collocata nei pressi della scultura, che, persa pace e tranquillità, avrebbero ingaggiato uno specialista per bruciare il Drago. Non mancano poi i fanatici bigotti che attaccano il sindaco, reo di aver autorizzato la presenza in quella zona del drago, simbolo del demonio, e di aver aperto, così, le porte dell’Inferno.

Il documentario si chiude con la collocazione della nuova scultura di Martalar, finalmente terminata e battezzata “Drago Vaia Regeneration”. Persino più maestosa della precedente.

Nella pelle del drago: una grottesca visione della realtà italica

La regista trentina, una lunga carriera di documentari alle spalle, impagina un delizioso e appassionato mistery e ha il merito di raccontare una vicenda che ha dell’incredibile.

Non siamo, infatti, dalle parti di Fahreneith 451 del compianto Francois Truffaut, tratto dall’omonimo romanzo di Ray Bradbury.

In questo caso, non ci sono i nazisti che, per ragioni politiche, bruciano libri, bensì una gigantesca statua di legno costruita in onore di una tragedia. Il movente, in questo caso, sembra essere solamente frutto di meschinità, di misere gelosie tra contrade e/o di contrasti politici sotterranei.

Bernardi, attraverso la macchina fissa, mostra una carrellata di volti. Interroga l’artista, il sindaco e gli altri abitanti di Lavarone e, senza prendere posizione, lascia che sventaglino le loro ipotesi fantasiose su chi possa essere l’autore del vile gesto.

Un mistery che lascia con mille interrogativi

Nella pelle di un drago è un documentario che rimanda, paradossalmente, a quelle commedie italiche grottesche (Signori e signori di Germi, Il commissario Pepe di Scola, Sciopèn di Odorisio e molte altre sul genere). Si tratta di commedie che narrano come regnino sovrane, nelle province o, ancor più nei piccoli centri, invidie, beghe e dispetti.

Stranamente, nessuno degli intervistati accenna all’ipotesi che l’autore possa essere un piromane. Nei titoli di coda si apprende, infatti, che i carabinieri, dopo un anno di indagini, hanno identificato, come responsabile dell’incendio del “Drago Vaia”, un soggetto con fragilità comportamentali. Una vicenda che rimanda, inevitabilmente, a un fatto di cronaca simile, avvenuto, nello stesso anno, un mese prima a Napoli. Un clochard, con problemi psichici, ha dato fuoco alla scultura “La Venere degli stracci” dell’artista Michelangelo Pistoletto. Due episodi simili, legati da uno stesso file rouge per le forti connotazioni simboliche legati alle figura del drago e degli stracci.

Il caso “Drago Vai” è stato archiviato ma, in maniera gustosa, la regista aggiunge che “per le strade e i bar ognuno rimane della sua idea.”

Il documentario Nella pelle del drago, lascia però, sul finale, l’amaro in bocca nonostante una nuova consapevolezza. Nelle ultime sequenze la regista mostra come l’area nella quale si erige il nuovo Drago, sia circondata da telecamere di sorveglianza.

Cammini narrativi al Trento Film Festival con Mauro Gervasini

Nella pelle del drago

  • Anno: 2025
  • Durata: 60'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Katia Bernardi