Presentato nella sezione International Shorts delfestival Stop e-Motion Days 2025,Self, il cortometraggio d’animazione americano del 2024, scritto e diretto da Searit Kahsay Huluf, porta lo spettatore in un viaggio immaginario alla reale scoperta di sé.
È l’avventura di una bambola di legno che, disperatamente intenzionata a integrarsi con i propri coetanei, esprime un desiderio sfortunato a una stella, innescando un viaggio alla scoperta di sé. Questa ostinata volontà la conduce su un sentiero pericoloso, mettendo in discussione la sua prospettiva su chi è e dove si sente veramente a casa.
Un percorso ad ostacoli che molti hanno percorso prima, o ancora percorrono.
Auto-sabotaggio, identità e immigrazione
In un’intervista, Huluf ha raccontato che il pensiero di come avrebbe potuto auto-sabotarsi aveva dato origine all’idea alla base del cortometraggio, che combina, con grande originalità, la tecnica stop motion(o ‘passo uno’) all’animazione al computer, sottolineando che le piaceva molto la parola self, un monosillabo semplice, in grado di condurla a seguire le proprie emozioni. Huluf dice:
“Ho avuto così tanti momenti in cui mi preparavo al fallimento. Quando voglio davvero qualcosa è quando, di solito, mi auto-saboto di più”
Quando qualcuno vuole davvero essere come tutti gli altri, però, spesso lo fa nel peggior modo possibile, perdendo sé stesso e la propria vera identità. Quando ci si rende conto di essere andati troppo oltre è quasi sempre troppo tardi e bisogna sopportare le conseguenze dei propri errori.
Il corto esplora, dunque, il rapporto delicato e complesso che ciascuno ha con sé stesso, la domanda del come ci si vede nel mondo, di che ruolo e posto si occupano.
Si sfiora anche l’esperienza dell’immigrazione. Non che nel film si indichi apertamente che la protagonista è un’immigrata, principalmente perché non vi sono dialoghi, ma la bambola ha sembianze africani, con la croce, incisioni sul collo e simboli sul volto che ne riconducono la provenienza alla regione etiope del Tigrè.
“Volevo raccontare una storia sull’esperienza di un’immigrata che arriva in una città diversa, sulle difficoltà di appartenenza e la costrizione a conformarsi”
Lo spettatore si trova di fronte a una narrazione estremamente attuale e a una storia di formazione ed evoluzione. Oltre che di una scelta di non omologarsi alla società e a una decisione finale di appartenenza e accettazione di sé. Insomma, ci troviamo di fronte a un’interessante, profonda e attenta metafora della nostra società e dei problemi di accoglienza del “diverso”, qualunque esso sia. Con un’accoglienza che è degli altri ma anche da parte di sé stessi.
SELF
“Sé è l’abbreviazione di auto-sabotaggio (‘Self is short for self-sabotage’). Volevo parlare di qualcuno che si auto-sabota per sentirsi a casa, perché è un problema che ho affrontato personalmente per tutta la vita”, sottolinea Huluf.
Ma Selfsignifica anche sé, sé stessi. Selfè la storia di una ventenne alla ricerca della propria identità in un mondo a lei estraneo, la realtà dei pericoli che possono presentarsi quando si cambia per adattarsi.
L’ispirazione? Un sentimento, un’emozione. Forse un ricordo.
La protagonista ragazza-bambola non ha un nome, non ha un senso di sé stessa (torna il Self inglese), e durante la produzione, dovendo darle un nome, si è scelto di chiamarla Self. Le sembianze sono quelle della regista, di origine etiope. Non ci sono dialoghi, solo una musica evocativa che accarezza la narrazione.
Una giovane donna etiope arriva in un futuro prossimo nel centro di Los Angeles, e desidera inserirsi nella società. Sale una scala mobile che la porta al centro dell’incontro tra persone in uno spazio aperto, ma nota subito qualcosa di strano: hanno tutti un diverso colore (e conformazione) della pelle, che risuona ad ogni movimento e contatto con le mani, creando una sinfonia musicale attraverso la quale riescono a comunicare tra loro. Lei, essendo fatta di legno, non riesce ad ottenere questo effetto, e questo la fa sentire inadeguata e sbagliata, diversa, difettosa, facendo allontanare tutti, perplessi e forse spaventati da ciò che non riescono a comprendere fino in fondo.
Le altre bambole sono d’oro, visto il suono di campanelli che producono.
“Noi le chiamiamo Goldies”, ha detto la regista, “perché sono come statue d’oro, ma volevamo che fossero l’opposto di Self, che è naturale e vuota; volevamo fossero come bambole di porcellana, lucenti, lisce, dai contorni netti, completamente perfette, senza difetti. Non rappresentano però un gruppo specifico di persone”, ma uno stereotipo.
Le si voleva far sembrare anche false; ricordano le preziose statuette degli Oscar, le plastiche facciali che ossessionano alcune star Hollywoodiane. Mode che tutti imitano, in un mondo dove tutti finiscono per assomigliarsi e omologarsi.
Conosci te stesso
Sii te stesso, senza timore o remora, senza indugio, questo pare il messaggio del corto. Tanti, poi, i pensieri: autostima, fiducia in sé stessi, identità, l’accettazione, il non dover inseguire l’idea del dover essere qualcun altro in un gruppo di persone che non ci assomigliano o non la pensano come noi. Si tratta di un viaggio continuo; alla fine Self re-indossa il suo volto, ma ora c’è una crepa, ha scelto sé stessa ma non è più la persona di prima. Avrà fatto bene o male a scegliere sé stessa anche se profondamente cambiata? Non lo sappiamo, è una parte importante della sua vita, piace l’idea di lasciare questo finale aperto. A ognuno la sua interpretazione.
Searit Kahsay Huluf
Amante deglianimee appassionata di CrossFit, Searitnasce a Fresno, in California, e cresce a Los Angeles da madre single etiope. Coltiva la sua passione per la narrazione allaFilm School della UCLA, dove si concentra su sceneggiatura e animazione. Dopo la laurea, si trasferisce nella Bay Area, dove entra a far parte dei Pixar Animation Studios, contribuendo a progetti come Incredibles 2 e Turning Red. Nel tempo libero, si dedica alla realizzazione di cortometraggi narrativi e documentari dal vivo, tra cui Reward if Found, buna, GAMERS, Exploring Blackness e 19th Amendment Doc, proiettati in festival prestigiosi.
Il suo lavoro attira l’attenzione del presidente della Pixar, Jim Morris, che la invita a partecipare al rinomato programma SparkShorts.Lì dirige Self, il cortometraggio in stop-motion qualificato agli Oscar, con la supervisione di Trevor Jimenez e Domee Shi. Il successo del film le vale una NAACP nomination (2025), l’inserimento nella Variety’s “Top 10 Animators to Watch” list (2024), e la vittoria del Gold Short Film award at the Collision Awards (2024). Ha fatto parte del programma di mentoring Women in Animation 2023-2024, guidato da Mark Osborne.
Self
Anno: 2024
Durata: 6'
Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures