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Tulipani di seta nera

‘Hawala’: ciò che fingiamo di non vedere

Il mondo invisibile dell'immigrazione: cosa racconta 'Hawala'

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C’è una distanza siderale tra ciò che leggiamo nei titoli di cronaca e le vite reali che quelle parole sintetizzano. Spesso, il termine “migranti” diventa un’etichetta astratta, un insieme indistinto di numeri, rotte e statistiche. Ma dietro ogni cifra si nasconde una storia. Il documentario Hawala, firmato da Sabah Benziadi ed Enis Mulè, ha il merito – e il coraggio – di restituire umanità a questi volti, questi nomi, queste vite.

Dietro il velo dell’indifferenza

Hawala è un’opera che non indulge nella retorica né cerca scorciatoie emozionali. Si affida, piuttosto, alla verità nuda delle testimonianze. Tra i protagonisti ci sono Nathacha Ngaha Ysmalle, Taore Mohammed Fadel, Zakatia Dumbia, Yeyinou e come loro molti altri. Sono donne e uomini che raccontano le proprie esperienze prima dell’arrivo nel Mediterraneo, svelando cosa si è disposti a sopportare per inseguire una possibilità di vita.

Ciò che colpisce è la forza con cui queste storie vengono narrate, senza filtri, ma anche con dignità. Le loro voci non cercano pietà: chiedono ascolto, riconoscimento, verità. In un’epoca in cui l’informazione si consuma in pochi secondi, Hawala ci invita a fermarci, ad ascoltare profondamente, a metterci nei panni dell’altro.

Il documentario affronta temi complessi: la tratta di esseri umani, gli abusi nei centri di detenzione libici, le violenze sessuali, le illusioni spezzate. E lo fa con un’estetica pulita, essenziale, che lascia spazio ai volti, agli sguardi, alle parole. Non c’è bisogno di costruzioni narrative complesse: la potenza del racconto sta tutta nella verità dei testimoni.

Dietro la macchina da presa, Sabah Benziadi – regista, coreografa e già vincitrice del Bando MigrArti del MIBACT – porta la sua esperienza di artista e attivista. Con Enis Mulè, co-regista, riesce a bilanciare delicatezza e denuncia, costruendo un’opera che è insieme documento, memoria e gesto politico.

Hawala è stato presentato in diversi festival internazionali, tra cui il Sciacca Film Fest, il Festival delle Montagne 2024 di Al Fujaira e ora anche al Festival Tulipani di Seta Nera, rassegna dedicata a opere che parlano di inclusione e diversità. Un riconoscimento importante che valorizza il senso profondo del film: non raccontare “la” migrazione, ma “i” migranti.

Guardare Hawala è un atto necessario. Perché ci obbliga a uscire dalla nostra zona di conforto e ci pone una domanda scomoda: che ruolo abbiamo noi, spettatori, nella storia di chi cerca una vita altrove? In tempi in cui l’indifferenza sembra la regola, un’opera così può ancora scuotere coscienze.  Il documentario è disponibile dal 1° aprile su Rai Cinema Channel.

Hawala

  • Anno: 2024
  • Durata: 59’16’’
  • Genere: DRAMMATICO
  • Nazionalita: ITALIANA
  • Regia: ENIS MULE’ E SABAH BENZIADI