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Lovers Film Festival

‘Totally F***ed Up’: il ritratto di una generazione in 15 frammenti di celluloide

Il primo film della Teenage Apocalypse Trilogy descrive in modo autentico e immediato le problematiche adolescenziali, esplorandone desideri e incertezze

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Quest’anno il torinese Lovers Film Festival ha dedicato un’intera sezione al regista losangelino Gregg Araki, qui omaggiato con le proiezioni della Teenage Apocalypse Trilogy. Questa, composta da Totally F***ed Up, Doom Generation e Nowhere, è stata presentata nelle sale del cinema Massimo e introdotta da James Duval, attore-feticcio di Araki e protagonista di tutti e tre i lungometraggi.

A fucked up generation

15 episodi, narrati in maniera estremamente frammentata, ci permettono di seguire la vita di sei adolescenti queer. Attraverso le loro storie d’amore scopriamo le varie dinamiche che si  instaurano all’interno di una coppia, come il tradimento o il desiderio di diventare genitori. Totally F***ed Up, però, ci permette di riflettere anche sull’età adolescenziale, tra paure, speranze e conflitti intergenerazionali, sulla voce soffocata delle giovani generazioni, sul mondo omosessuale e sulla sua percezione da parte della società.

Lo spettro dell’AIDS

Una delle tante problematiche che vengono affrontate all’interno del lungometraggio, nonché la prima ad essere indagata, è quella riguardante l’AIDS.

Identificata per la prima volta nel 1981, la sindrome è stata immediatamente correlata alla sfera omosessuale (basti pensare che la stampa la definì Gay Related Immune Deficiency o peste gay), con la sua conseguente discriminazione. Tra gli anni Ottanta e Novanta l’AIDS ha causato numerosissimi decessi nel mondo omosessuale ed eterosessuale, tanto da essere stata definita una vera e propria pandemia.

Nonostante la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, che ha sì permesso di attenuare il tabù del sesso, l’AIDS ha perfettamente dimostrato come questo, in realtà, fosse ancora un ambito ancora troppo poco discusso. Infatti, negli anni Ottanta e Novanta continuava ad essere estremamente complicato parlare della sfera sessuale e spiegare i modi per limitare il contagio. Alcuni religiosi, ad esempio, si consideravano estremamente avversi riguardo l’utilizzo del profilattico, ritenendolo una soluzione gravemente immorale.

Totally F***ed Up, quindi, si propone come parte integrante di quella campagna di sensibilizzazione presente negli anni del boom. Nel film, infatti, non sono di certo poche le didascalie che invitano i giovani a proteggersi e a prestare la più estrema attenzione affinché non diventino vittime dell’epidemia AIDS (che nel film viene definita come un vero e proprio genocidio), così come spesso compaiono articoli di giornali, trasmissioni TV e discorsi che ruotano alle tragiche conseguenze che la malattia porta con sé.

Echi godardiani: tra Masculin-Féminin e Totally F***ed Up

Volevo fare una sorta di Masculin-Feminin, esplorando i problemi affrontati dagli adolescenti gay/lesbiche in un clima socioculturale piuttosto ostile.

– Gregg Araki

Gregg Araki ha dichiarato più volte che Totally F***ed Up presenta tracce dell’influenza di Jean-Luc Godard. L’opera di Araki, infatti, prende come esempio Masculin-Féminin. Questo ritrae un gruppo di giovani ragazzi degli anni Sessanta (i cosiddetti figli di Marx e della Coca-Cola) e indaga, con un approccio di tipo documentaristico, il loro rapporto con la sessualità, la politica, la società in pieno cambiamento e l’amore.

Jean-Pierre Léaud e Chantal Goya in Masculin-Féminin

Totally F***ed Up, quindi, riprende questo modus operandi: le scene-confessionali girate con la videocamera amatoriale amplificano il senso di dura autenticità delle azioni e lo sguardo in macchina degli attori coinvolge direttamente chi guarda. I momenti girati con la cinepresa, invece, proseguono l’idea di documentario, a tratti facendo dimenticare che questo è, di fatto, un film di finzione. Ciò è possibile anche grazie alla recitazione spontanea degli attori protagonisti – e quindi estremamente reale – e alla sapiente regia di Gregg Araki, che partecipa e segue con estrema attenzione e sensibilità gli eventi che coinvolgono i personaggi.

Elementi ulteriori che indicano la forte volontà di ispirarsi a Godard sono le molteplici scritte su sfondo nero che appaiono, a intermittenza, all’interno del film. In primo luogo, esse sono inserite con lo scopo di sottolineare e rafforzare i sentimenti provati dai personaggi. Rivolgendosi direttamente allo spettatore – a volte prendendolo anche un po’ in giro, com’è tipico di Godard –  (che spesso sono domande) e ponendo l’accento su problematiche sociali, politiche e culturali, le frasi invitano lo spettatore a ragionare in maniera più ampia sul mondo circostante. La rabbia degli adolescenti protagonisti del film, quindi, si fonde con lo stesso disappunto che il regista prova verso la società americana degli anni Novanta. Inoltre, spesso i personaggi sono inquadrati mentre sono sotto grandi cartelloni pubblicitari che giudicano la società capitalista, la stessa che questi ragazzi hanno deliberatamente scelto di rifiutare.

Infine, i due film si somigliano anche da un punto di vista strutturale: Masculin-Féminin è suddiviso in quindici capitoli, proprio come Totally F***ed Up.

La voce degli adolescenti in un film indipendente

Come si può notare, Totally F***ed Up rientra perfettamente nel panorama del cinema indipendente. Il lungometraggio, infatti, è stato realizzato con un basso budget e con una troupe ridotta. Le scene sono state girate in vari luoghi della città, senza ottenere alcun tipo di permesso.

Oltre a ciò, Gregg Araki sceglie di mescolare immagini più tradizionali ad altre effettuate con una videocamera portatile (che vediamo nel film, in quanto appartiene ad uno dei personaggi). Totally F***ed Up, quindi, è uno dei primi film ad utilizzare questa precisa tecnica, divenuta poi molto popolare durante gli anni Novanta (un esempio si può trovare in American Beauty). La scelta di realizzare immagini amatoriali analoghe sarà poi ripresa da Araki nel successivo Nowhere.

Attraverso queste soluzioni adottate dal regista, ciò che ne deriva è un ritratto immediato, reale e diretto della generazione X. In una società che non sa e non vuole ascoltare le necessità dei giovani, i momenti delle riprese amatoriali costituiscono uno spazio privilegiato in cui, finalmente, viene data voce agli adolescenti protagonisti, permettendo loro di confessarsi in maniera genuina ed esprimere le proprie preoccupazioni, aspirazioni, gioie e dolori. Le problematiche e le angosce dei personaggi sono svelate nella maniera più diretta, cruda e sincera possibile (le loro dichiarazioni spesso si dimostrano un disperato e silenzioso grido d’aiuto), rendendo questi momenti estremamente toccanti.

Il cinema viene così utilizzato come mezzo per ridare la giusta dignità e importanza ad una parte di società che spesso viene trascurata, portando le generazioni adulte a rivalutare le necessità degli adolescenti e a considerare il loro bisogno di essere ascoltati.

Totally F***ed Up

  • Anno: 1993
  • Durata: 78'
  • Genere: drammatico
  • Regia: Gregg Araki