Sandbag Dam della regista croata Čejen Černić Čanak è approdato in concorso al Lovers Film Festival, nella sezione All the lovers. Il film è girato interamente con camera a mano ed è ricco di primi piani, come ha specificato Čanak poco prima della proiezione. L’intento sembra essere chiaro: rendere il più facile possibile l’immedesimazione degli spettatori con il personaggio principale, Marko (Lav Novosel).
Costui è un ragazzo di diciotto anni che vive una comune vita di adolescente tra scuola, giornate con gli amici e qualche screzio con i genitori a casa. Fino a quando non arriva un altro personaggio, Slaven (Andrija Žunac), amico d’infanzia, tornato in città a causa della morte di suo padre, a rompere gli equilibri e a inserire nella struttura narrativa un elemento nuovo: la scoperta del proprio sé, in termini di orientamento sessuale.
L’elemento dell’acqua
Sandbag Dam è un film che procede per “attimi di interruzione”: ciò significa che le scene presentano quasi sempre dei momenti di alta tensione, che arrivano quasi a definire un’interruzione della narrazione tanto sono intensi, subito controbilanciati da momenti di distensione e di apparente serenità, specie di tipo familiare. La situazione è però perlopiù costantemente esplosiva, fin dalle prime sequenze. Si percepisce tensione nei legami famigliari, fatti di non detti, di cose nascoste, di fragilità manifeste, di difficoltà condivise.
Anche quando la bisessualità del protagonista, Marko, non è ancora resa esplicita (all’inizio viene rappresentata la relazione eterosessuale del protagonista, con una giovane), i contrasti nella famiglia, i pesanti silenzi e le recriminazioni, sebbene nascosti, sono comunque tangibili. Tutto ciò sommato all’inevitabile tumulto interiore che Marko vive, nei suoi diciotto anni di età, tanto tipici, quanto neanche troppo particolarmente marcati.
Lo stesso tumulto pervade le acque dei fiumi del villaggio nel quale i protagonisti vivono. Fin dall’inizio del film, infatti, viene ribadita l’allerta inondazione, che dovrebbe interessare anche la zona della famiglia di Marko. L’acqua è sempre presente in Sandbag Dam, in diverse forme: riprese del fiume, il bicchiere d’acqua che spesso il protagonista beve, il rumore di quest’elemento. L’acqua, dunque, con la sua presenza così invadente e minacciosa, non è altro che il riflesso del tumulto interiore che Marko sta vivendo, a metà strada tra la paura di deludere la sua famiglia, e la naturale ricerca di sé, specie dal punto di vista sessuale.
La costruzione degli argini
I fiumi sono in piena, Sandbag Dam parla del pericolo di un’inondazione che sta per giungere in città, e quindi tutti gli abitanti si adoperano per rafforzare gli argini protettivi, affinché l’acqua non rappresenti un pericolo. Marko continua invece a vivere la sua vita, lontano – per quanto può – dal pericolo delle acque, che pure incombe. Sembrano esserci dunque due trame, che pure sono accomunate da un aspetto: c’è un tumulto, che sia esterno, o interiore, per il quale è necessario costruire argini.
Marko sta costruendo i propri. Quando Slaven torna in città, il protagonista si sente fortemente destabilizzato. Non capisce cosa sente nei confronti di questo ragazzo, perché avverte sensazioni travolgenti e non sa come debba muoversi, su un terreno così scivoloso e ancora in parte sconosciuto. Eppure riesce a lasciarsi andare, alla scoperta libera, guidato dalle sue sensazioni, lontano da pregiudizi e stereotipi, che non fanno altro che offuscare il suo sé.
Proprio nella relazione con Slaven, Marko tratteggia un un importante parallelismo, con la realtà dell’acqua tumultuosa che minaccia di invadere il villaggio. Da piccoli, lui e l’amico credevano che il fiume fosse animato da mostri e che, quando questi si arrabbiavano, l’acqua saliva. Ancora una volta, è l’elemento dell’acqua a parlare dell’interiorità del suo protagonista. Ciò significa che Marko è arrabbiato perché Slaven lo ha abbandonato, andando via di casa, e che avrebbe tanto voluto che fosse rimasto al suo fianco. Una rabbia, peraltro, che è anche figlia di una mancata chiara visione su di sé e su chi ci si sente di essere in relazione all’altro.
La questione dell’identità
Sandbag Dam indaga a fondo anche il tema dell’identità, e della personale ricerca, oltre che costruzione, di questa. Marko sta costruendo la propria, e dovrebbe farlo in relazione a dei modelli che gli permettano di comprendersi senza giudizi o violenza. Questo non accade, perché da una parte c’è un padre indifferente, e dall’altra una madre arrabbiata.
Regna, dunque, la confusione. Dove trovare il baricentro? Nell’unica persona, nella famiglia, che – ancora dotata dello sguardo di un bambino – è scevro di pregiudizi sulla realtà. C’è un altro personaggio, infatti, in questa storia, che è il fratello minore di Marko, Fico (Leon Grgic), affetto da Sindrome di Down. Costui è l’unico personaggio con cui Marko riesce davvero ad esprimere se stesso, riesce a sentirsi amato, protetto e mai solo. É solo con lui che riesce ad essere, insomma, se stesso.
Un rapporto che si rafforza scena dopo scena e che permette il finale liberatorio del film. Solo alla fine, infatti, può cominciare a piovere, quando cioè il protagonista ha rotto i propri argini della paura e del pregiudizio, ed ha imparato ad ascoltarsi.