Credo che mai come questa in questo caso, la citazione di John Donne sia più azzeccata per introdurre Outerlands (con una minima licenza per rispettare tutti i generi ho sostituito uomo con creatura).
“Nessuna creatura è un’isola, intero in se stesso. ciascuno è un pezzo del continente, una parte dell’oceano. Se una zolla di terra viene portata via dal mare […]; la morte di qualsiasi creatura mi diminuisce, perché sono preso nell’umanità, e perciò non mandar mai a chiedere per chi suona la campana; essa suona per te.”
E’ per me un onore recensire questo piccolo gioiello di umanità raccontato da Elena Oxman e magistralmente interpretato da Asia Kate Dillon (Cass) che con sottrazione e silenzi racconta mondi apparentemente lontani che si cercano e con grandi sforzi si perdono, si intersecano, si sfiorano per sopravvivere e amarsi in una vita costantemente alla ricerca di se stessi e degli altri.
Una storia che riguarda tutti.
E’ un giorno uguale agli altri, ripetitivo come il brick braker con cui gioca Cass sul suo vecchio cellulare anni ’90 quando a fine giornata incontra la collega Kalli (Louisa Krause) in una lavanderia a gettoni.
Lui si barcamena fra diversi lavori; babysitter e cameriere di un elegante ristorante di giorno e di notte spaccia per arrotondare il salario. Lei esperta nel far cadere vassoi pieni di bicchieri al ristorante mentre sogna il successo con la sua linea di abbigliamento.
Nell’attesa che il bucato sia pronto, i due mondi apparentemente lontani si attraggono, si amano nel soffio di una notte e tutto è bello, normale. La mattina successiva, al risveglio, lei non c’è più ma sul suo comodino scritto a penna ed impresso su un foglio di carta, il numero di cellulare.
Passano alcuni giorni, Kalli si fa viva dicendo a Cass che sarà fuori città per qualche giorno, chiedendo di badare alla figlia Ari di 11 anni.

La bambina vive una in uno stato di grande solitudine non sufficientemente colmata dalla mancanza di mamma Kalli che per questioni di lavoro è costretta a lasciarla spesso sola. Crescere prima del tempo è inevitabile, le giornate di Ari sono scandite da un’amara routine che la vede andare a scuola, fare i compiti in biblioteca e giocare con una logora console prima, durante e dopo i pasti.
Tra Ari e Cass nasce una certa simpatia mettendo in forte contatto queste due isole in alto mare. Le giornate passano e Kalli non è mai reperibile, si potrebbe pensare al peggio ma in realtà è arrivato il momento che queste tre anime si incontrino. Cass vede nelle loro tre vite spezzate l’idea di creare una famiglia, Kalli suggerisce una nuova casa in affitto mentre Ari vede una possibile nuova vita, la normalità.
La diversità siamo noi che giudichiamo.
Outerlands è un film che predilige la sottrazione che non giudica ma ci ricorda che la chiave per la felicità passa nello sfiorare le diverse forme di amare e sentire gli altri. La scena di sesso tra Cass e Kalli rappresenta proprio questo superare qualsiasi pregiudizio senza paura.
In realtà il videogame non è solo una distrazione ma il punto di contatto tra due vite che sono frutto di un’esperienza comune perché Cass non ha fatto altro che guardare nella vita di Ari che le ricorda la sua infanzia mancata.
E come nel retro game Outerlands, per scoprire chi siamo, dobbiamo metterci in viaggio per trovare una nuova connessione con noi stess*
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