Cosa succede quando un cineasta di 93 anni decide di interrogare il futuro? In Cosmic Miniatures, Alexander Ernst Kluge, uno dei pionieri del Nuovo Cinema Tedesco, affronta senza paura l’enigma dell’Intelligenza Artificiale come mezzo di espressione artistica. Può l’IA restituire l’inconscio umano? Può davvero diventare un tramite credibile del pensiero, della memoria, del sogno? E ancora: possiamo comprenderci meglio tra umani grazie alle immagini generate da una macchina?
Domande a cui Kluge non dà risposte definitive, ma che usa come miccia per accendere una riflessione brillante, polifonica, a tratti surreale. Il regista definito dal direttore artistico del festival Vincenzo Bugno:
“Uno dei personaggi fondamentali della storia del cinema tedesco ed un intellettuale di enorme spessore, una delle voci più indipendenti e critiche del panorama intellettuale tedesco”
riesce malgrado la sua età avanzata ad interfacciarsi con le nuove tecnologie, in questo caso con l’AI.
Cinema ed IA: un dialogo etico oppure un cortocircuito?
In Cosmic Miniatures l’uso dell’intelligenza artificiale non è mai decorativo. Kluge lavora su un software sviluppato inizialmente per la ricerca medica a Monaco, lo sottopone a sollecitazioni continue, lo stressa fino a trovare immagini che possano raggiungere i margini della sua logica. Il risultato è una sequenza di miniature cosmiche, brevi cortometraggi che si interrogano sul tempo, sulla storia, sugli animali e sull’universo, ricordando certe digressioni filosofiche contemporanee.
Le immagini generate dall’IA appaiono spesso rozze, impacciate, ma Kluge ne fa il fulcro della narrazione. Le sfrutta come manifestazione dei limiti stessi dell’intelligenza artificiale, come punto di partenza per ridere, con malinconia, dei sogni tecnocratici. L’etica, in questa operazione, è tutto: non è tanto l’IA a essere pericolosa, l’idea che possa sostituire lo sguardo umano.
Una presentazione in forma di collage
Più che un film tradizionale, Cosmic Miniatures somiglia a una presentazione PowerPoint visionaria. Le immagini si succedono come slide mentali: tabelle, grafici, vignette, meme, tipografia Comic Sans. I testi si mescolano a citazioni letterarie, battute da cabaret, rumori onomatopeici. Il tutto con un montaggio che rifiuta la coerenza in favore dell’associazione libera.
Non c’è una trama lineare. Piuttosto, una costellazione di idee. Il pensiero si visualizza in tempo reale: Kluge scrive, e le immagini appaiono come se l’IA fosse il suo subconscio che prende forma. È un cinema di flussi e salti, che evoca tanto l’estetica del web quanto l’arte del montaggio analogico.

Il cane Laika e la morte nello spazio
Uno dei momenti più toccanti del film è il tributo alla cagnolina Laika, il primo essere vivente lanciato nello spazio. Kluge racconta la sua storia con voce tremante, quasi paterna, trasformandola in un’epica interstellare di fedeltà e tradimento.
“We Dogs of the Heavens”
è il titolo del segmento: un requiem digitale in onore di una creatura che si è fidata dell’umanità e ne è stata tradita.
Non è solo commozione: è anche riflessione sull’animalità e sulla politica. I “cani del cielo” diventano una specie da combattimento intergalattica, in un mix di fantascienza pulp e critica sociale, come nei suoi film degli anni Settanta. La memoria si trasforma in mito, e il mito in pixel.
Surrealismo elettronico
Se c’è un filo rosso che attraversa Cosmic Miniatures, è quello surrealista. Le associazioni visive ricordano Un chien andalou di Buñuel e Dalí, in cui un rasoio che taglia un occhio può diventare, senza soluzione di continuità, un ragno uscito da un’ascella. Allo stesso modo, Kluge mette in cortocircuito la logica: un concetto si trasforma in immagine, un’immagine in sogno, un sogno in un trattato.
L’IA, come l’inconscio freudiano, non conosce filtri. E Kluge lo sa. Ne approfitta per creare un cinema che si nutre di assurdità poetiche, che rifiuta la narrazione tradizionale per costruire un alfabeto fatto di simboli, comandi, ricordi. È un Freud digitale che non interpreta, ma mostra.

Cosmic Miniatures – Alexander Kluge
Un maestro curioso, ancora capace di stupire
Che Alexander Ernst Kluge sia ancora oggi capace di inventare un nuovo linguaggio cinematografico è in sé un fatto straordinario, soprattutto considerata la sua età. La sua voce, lontana anni luce dalle logiche dell’industria, continua a produrre domande. Cosmic Miniatures è un’opera densa, stratificata, a tratti spaesante. Ma proprio per questo necessaria, in un epoca in cui l’intelligenza artificiale ne è diventata un bisogno, spesso anche quotidiano.
Presentato al Bolzano Film Festival Bozen dopo essere passato per Rotterdam e São Paulo, il film si conferma come una delle esperienze più radicali dell’anno. Un omaggio alla curiosità, all’intelligenza (umana e artificiale), ed alla bellezza imperfetta del pensiero libero.