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Approfondimento

L’Oscar indipendente : la crisi del sistema

La vittoria di “Anora”, quella di “Moonlight”, le affermazioni di “Anatomia di una caduta” e “La zona d’interesse”, sollecitano una riflessione all’interno dell’industria hollywoodiana. Incapace di premiare se stessa e condizionata dal fattore indipendente

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Oscar indipendente

In questa edizione degli Academy si è verificato un fatto sorprendente: il gigante Golia (le grandi produzioni) è stato battuto da Davide (le piccole produzioni) e la metamorfosi del premio più ambito al mondo è stato trasformato nell’Oscar indipendente. In realtà, siamo davanti a una finzione dello stupore, almeno per chi segue la situazione cinematografica americana degli ultimi vent’anni. Uno dei problemi produttivi emersi in questi anni nell’industria hollywoodiana è rappresentato dai costi di produzione e dall’instabilità del genere.

L’era dei cinecomics che ammazzano gli incassi o degli action generazionali sicuri e profittevoli non esiste più, e quindi i blockbusters non possono più garantire un seguito effettivo. Lo spettatore medio ha abbandonato il contenitore mainstream per varie ragioni: sia perché gli interrogativi morali sono più sentiti, sia perché oggi il cinema di massa non garantisce più una solida tenuta riguardo alle aspettative del pubblico. Ma da tenere conto è soprattutto l’aspetto economico.

I costi per produrre un grosso film a Hollywood, tra giorni di produzione e avanzamenti tecnologici, si sono triplicati rispetto a dieci anni fa; quindi, se un blockbuster oggi costa orientativamente 100 milioni, deve garantire il triplo per essere in profitto, e senza una campagna di marketing e distributiva adeguata, anche un sequel atteso come Joker: Folie à Deux diventa un flop clamoroso. In questo quadro, i piccoli film, più oggi che in passato, riescono paradossalmente, almeno a Hollywood, a garantire poche spese e ottimi incassi. Anora di Sean Baker è solo l’ultimo stadio di una crisi industriale conclamata e di un Oscar diventato, nel corso degli anni, un Oscar indipendente.

Il Barbenheimer – Oscar indipendente

Bisogna partire dalla scorsa edizione per capire la crisi hollywoodiana specchio-riflesso degli Acadamy e l’Oscar indipendente che viviamo oggi. Il 2024 ha visto la sensazionale e meritata vittoria di Christopher Nolan col suo Oppenheimer , il vincitore indiscusso che ha trionfato sul suo diretto concorrente, il Barbie di Greta Gerwig. Nell’anno solare del 2023 si è verificato il fenomeno Barbenheimer, un meme produttivo e mastodontico che ha aiutato i due film a fruttare più delle attese.

Il film di Nolan con un budget di 100 milioni ne ha incassati quasi 900, mentre il film della Gerwig con lo stesso budget è il vero vincitore al box office con quasi 1,34 miliardi di dollari. In teoria e in pratica Hollywood con questi due film ha ristabilito il dominio nell’industria a discapito delle grandi produzioni. Ma se Oppenheimer ha ottenuto successo di critica, pubblico e premiazioni, Barbie non ha avuto la stesso fortuna ai premi Oscar 2024. Il motivo risiede semplicemente nella sua natura da blockbuster che invece il film di Nolan ha a metà con una intelligente congiunzione tra cinema d’autore e di massa. Ma i dati più interessanti riguardano altri film di questa edizione.

Il cinema d’autore come nuovo cinema mainstream – Oscar indipendente

Se Barbie e Oppenheimer si occupano della quota blockbuster, un nutrito gruppo di altri titoli compone uno sguardo indipendente anche e soprattutto dal punto di vista produttivo. Il film francese Anatomia di una caduta e quello inglese La zona d’interesse sono i veri vincitori morali di questa edizione portandosi a casa premi importanti come miglior sonoro e miglior sceneggiatura originale. Se il film di Baker ha rappresentato una rivoluzione con 6 milioni di dollari, i film della Triet e Glazer si avvicinano di molto; mentre Anatomia di una caduta è quasi sullo stesso piano produttivo di Anora, La zona d’interesse a fronte di un budget di 15 milioni ne ha incassati 50.

E che dire di Poor Things di Lanthimos con Emma Stone che partendo da 35 milioni di budget ne ha incassati ben 117? A parte i termini produttivi, la questione degli Oscar è molto semplice. Mentre fino a qualche tempo fa il film premiato era sempre quel prodotto d’autore politico o più intimista che non rifletteva il mercato ma che serviva all’industria hollywoodiana per elevare il proprio valore artistico, oggi il cinema americano è in perenne crisi di strategie. Quindi mancando idee su larga scala, Hollywood si vede costretta a rifugiarsi nel sottobosco indipendente sfruttato e vilipeso per anni, e che ora padroneggia in una prateria fuori controllo.

Il cambiamento distributivo – Oscar indipendente

Un concetto bisogna fissare bene a mente: Oscar e industria hollywoodiana sono la stessa cosa, e gli Academy non sono altro che l’industria che premia se stessa. E secondo questa base, l’industria dei giorni nostri avrebbe derogato al proprio principio di premiare il cinema di massa, cioè la sua storia, mantenimento e nascita della stessa industria. Perciò, per capire davvero la metamorfosi dell’Oscar indipendente, non si può prescindere dal mutamento delle logiche distributive del circuito d’autore americano avvenute nel corso dei decenni. Con la New Hollywood di fine anni Sessanta, l’età d’oro del cinema americano finisce e ne inizia un’altra, una nuova fase con nuovi autori, un nuovo cinema e tattiche di distribuzione

Tutto cambia con la decisione della Columbia di finanziare Easy Rider di Dennis Hopper, il cui successo commerciale si rispecchia anche negli Oscar con le candidature per Jack Nicholson e per il regista. Ciò fa incominciare un investimento da parte delle major verso il circuito indipendente, aprendo le porte a una nuova generazione di registi. Questa nuova Hollywood, con nomi come Altman e Scorsese e con titoli come MASH e Taxi Driver (quest’ultimo candidato a ben quattro premi Oscar), fa uscire il cinema indipendente dal b-movie alla Halloween, consolidando il nuovo circuito d’autore a pieno regime come nuova realtà hollywoodiana.

La rivoluzione della Miramax

Dopo la fine della New Hollywood e il decennio commerciale degli anni ’80, il cinema indipendente acquisisce una nuova fase con l’inizio degli anni ’90 e con la cosiddetta Indiewood. Tale fiorente stagione, grazie alla New Line Cinema e soprattutto alla Miramax, riesce a imporre le proprie operazioni pubblicitarie e di marketing. Ma mentre la New Line Cinema si distingue in scadenti film horror e adolescenziali, è con la casa di produzione di Weinstein che il cinema indipendente inizia ad avere dentro l’industria un potere ben rodato spostandosi dalla distribuzione alla produzione attiva. Dopo Sesso, bugie e videotape di Soderbergh e la vittoria del film di Tornatore con Nuovo Cinema Paradiso agli Oscar del ’90, la rivoluzione indipendente della Miramax ha la sua consacrazione con la figura di Quentin Tarantino.

Il caso Pulp Fiction

Il cinema indipendente nell’industria americana ha approfittato dello spazio vuoto lasciato dalle indecisioni produttive delle major hollywoodiane per prendersi il suo posto, e in primis in ottica Academy. Forse uno dei veri passaggi e metamorfosi della storia del cinema è il caso di Quentin Tarantino, una vera rivoluzione, il primo vero grande processo verso l’Oscar indipendente. È innegabile che il cinema di Tarantino, pieno di derivazioni di avanguardie e di visioni b movie, rappresenta un’irruenza anarchica alla pari della New Hollywood degli anni settanta.

Il suo enorme lavoro di estetica e di linguaggio cinematografico è un attacco al sistema distributivo e produttivo che l’industria delle major ha sempre cercato di combattere, dovendo però  alla fine arrendersi ad un processo che poteva fare solo del bene alle casse hollywoodiane. Così il regista pulp in breve tempo da filmaker della controcultura violenta diviene uno dei pilastri dell’industria, prima piegando a se stesso gli Academy con l’inaspettata vittoria del suo Pulp Fiction agli Oscar del ’95 per poi diventare a pieno ritmo uno dei punti di rifermenti di Hollywood.

Il fenomeno Greta Gerwig

Tale tendenza di registi indipendenti come tasselli imprescindibili per l’industria americana è confermata da un altro caso, quello di Greta Gerwig. Nata come attrice del movimento Mumblecore (un’avanguardia del cinema indi degli anni 2000), la Gerwig è l’esempio più lampante dell’indipendenza che diviene mainstream. Dopo la co-scrittura col marito Baumbach in Frances Ha, il salto per la regista indipendente avviene con Lady Bird.

Il film con Saoirse Ronan viene prodotto dalla IAC Films ma distribuito dalla Universal. L’opera riscuote un successo sorprendente per un piccolo film costato soli 10 milioni e arrivato ad incassarne quasi 80. Agli Oscar 2018 è un plebiscito con ben 5 candidature. Con il film successivo, Piccole donne, la Gerwig entra direttamente nelle grandi produzioni attraverso la Columbia e la Warner e con altre 6 candidature ai premi Oscar del 2020. Fino al fenomeno Barbie con cui Greta Gerwig passa ufficialmente da indipendente a regista di blockbusters.

La La Land vs Moonlight

Nel viaggio verso l’Oscar indipendente un caso emblematico è ciò che si è verificato tra l’acclamato La La Land e l’outsider Moonlight. Il musical romantico di Chazelle, con un successo planetario e a fronte di 14 nominations agli Oscar 2017 e 6 vittorie, ha visto soffiarsi la statuetta di miglior film da Moonlight e con tanto di equivoco sulla proclamazione finale. Questo è un caso strano in termini produttivi. La La Land in realtà nasce come film indipendente prodotto dalla divisione della Lionsgate per poi essere distribuito interamente da quest’ultima dopo il successo del film in ottica Oscar.

Il film di Jenkins invece non ha nulla da perdere, prodotto dalla A24 quando ancora la casa di produzione indipendente non era quella che tutti noi conosciamo. Cosa è successo quindi? Davide che sconfigge Golia? Un premio politico contro l’omaggio di Chazelle ai musical dell’età dell’oro di Hollywood? Forse, più semplicemente, l’ Academy ha visto la propria crisi, avvertendo tutti sullo stato del cinema di massa e su quello che sarebbe avvenuto in futuro.

L’Oscar indipendente, a vedere quest’annata e le produzioni future, sembra essere una certezza e nel contempo un innegabile declino per l’industria americana. Come tutte le tecnologie anche l’industria del cinema non può sopravvivere ai mutamenti sociali e alle novità della propria metamorfosi. L’Hollywood nata come cinema di massa forse resiste ancora ma in buona parte non esiste più. E il successo di Anora o di Moonlight sottolineano la crisi identitaria della settima arte americana.