La Beat Generation non è considerata solo come un movimento letterario, ma come un vero e proprio stile di vita.
I più noti esponenti della Beat Generation sono stati: Allen Ginsberg, William S. Burroughs e Jack Kerouac.
Sebbene tutti e tre abbiano aderito al consueto stile, di scrittura e di vita, beat legato alla libertà di pensiero, alla sperimentazione creativa attraverso l’uso di droghe e a sviluppare scritti in prosa e poesia che avessero una metrica ritmata, fortemente influenzati dall’onda Jazz a cavallo fra gli anni 50’ e 60’ negli Stati Uniti, possiamo considerare solo il poeta Allen Ginsberg come l’unico, fra gli autori, ad avere aderito anche a una militanza politica. In favore del movimento hippie e contro la guerra in Vietnam.
Oltre alla triade più famosa sopra citata, hanno preso parte al movimento letterario anche: John Giorno, Gregory Corso e Neal Cassady, che fu il principale esponente a creare un contatto diretto con il movimento hippie, partecipando al primo tour dei Merry Pranksters. Anche Lawrence Ferlinghetti ebbe un importante ruolo al suo interno: poeta e proprietario della casa editrice City Lights pubblicò per la prima volta Urlo – e Altri Poemi (titolo originale Howl – and Other Poems), opera di Allen Ginsberg a cui seguì, nel 1957, un processo per oscenità presso la corte degli Stati Uniti, contro Ferlinghetti, in quanto editore e divulgatore della raccolta di poesie. Il processo, poi in seguito vinto da Ferlinghetti, fece esplodere la fama di Allen Ginsberg come poeta della Beat Generation.
Come nasce la Beat Generation
Il termine Beat Generation fu inizialmente spiegato dallo scrittore Jack Kerouac. Secondo il suo parere il termine beat, viene da beatific, ovvero beato. Non c’è da stupirsi, visto che era un uso tipico del movimento quello di prendere in prestito un lessico religioso per poi travisarlo a contesti urbani trasgressivi.
Nonostante questa definizione, il termine beat viene molto spesso associato anche a stanco, probabilmente questo uso era in voga nel primo periodo della Beat Generation, poiché termine appreso dalla cultura afroamericana, seguendo questa scia anche l’idea di beat come battito, nel senso di ritmo, il ritmo della musica jazz che infuoca i club durante gli anni della nascita del movimento.
Secondo Allen Ginsberg, invece, non esiste una genesi etimologica al nome del movimento, per lui era:
solo una banda di ragazzi che volevano farsi pubblicare
Il movimento letterario della Beat Generation ha avuto fisicamente inizio fra le aule dellaColumbia University, dove si conobbero Kerouac, Ginsberg, e Burroughs. Quest’ultimo, fu presentato ai due da Lucien Carr tramite David Kammerer. Il periodo della Columbia e il rapporto di amore e possessione, finito in tragedia, fra Carr e Kammerer viene raccontato nel film Kill your Darlings– Giovani Ribelli(2013), dove la narrazione si concentra sulla genesi del movimento e fa luce sull’omicidio di David Kammerer, fatto realmente accaduto. Lucien Carr si costituì il mattino seguente all’omicidio, fu poi dichiarato colpevole di omicidio colposo, mentre Kerouac e Burroughs, anche se presenti subito dopo l’accaduto, non vennero perseguiti.
La Beat Generation rimane un simbolo ancora oggi di ribellione e rottura contro gli standard canonici della cultura statunitense dominante, e, negli anni, ha avuto un forte impatto anche nel cinema.
Ecco cinque film che si sono ispirati alle opere e biografie degli autori più noti della Beat Generation.
Il Pasto Nudo
Il Pasto Nudo (1991), diretto da David Cronenberg, sfida ogni convenzione narrativa, proprio come l’omonimo romanzo di William S. Burroughs da cui trae ispirazione. Il regista si confronta con una delle opere più complesse e sperimentali della letteratura del Ventesimo secolo, costruendo un’esperienza visiva che intreccia la biografia dello scrittore con le sequenze oniriche e disturbanti tratte dal romanzo.
Il protagonista è Bill Lee, alter-ego dello stesso William Burroughs in quasi tutti i suoi romanzi, interpretato da Peter Weller. Lee è un disinfestatore di insetti e aspirante scrittore che, dopo aver accidentalmente ucciso sua moglie Joan (interpretata da Judy Davis), si immerge in un mondo surreale chiamato Interzona. Questo luogo onirico e alienante è popolato da personaggi ambigui e bizzarri, tra cui Tom Frost, interpretato da Ian Holm, e la misteriosa Joan Frost, un doppio della moglie di Lee, interpretata sempre da Judy Davis.
David Cronenberg non si limita a una trasposizione diretta del romanzo, bensì lo ricompone, inserendo elementi autobiografici della vita di Burroughs, come l’incidente reale in cui lo scrittore uccise accidentalmente la moglie durante un gioco con una pistola. Questo evento, che segnò profondamente la vita e la carriera dell’autore, diventa nel film il punto di partenza per il viaggio psichedelico e allucinatorio di Lee.
La narrazione si sviluppa tra realtà e finzione, con macchine da scrivere che si trasformano in enormi scarafaggi e dialoghi che sfiorano il nonsenso filosofico. Il regista abbraccia il tono delirante del romanzo, restituendo un’atmosfera claustrofobica e ipnotica che riflette le ossessioni di Burroughs: il controllo, la dipendenza dalle droghe, il sesso e la lotta contro la conformità.
Se Il Pasto Nudo di Burroughs è una lettura frammentata e visionaria, quasi priva di una trama lineare, David Cronenberg costruisce una narrazione che alterna momenti biografici a scene che evocano il delirio lessicale del libro. Il regista, però, non cerca mai di spiegare l’inspiegabile: accetta il caos e la frammentarietà del romanzo, portandoli sullo schermo con il suo inconfondibile stile disturbante.
Il risultato è un’opera che non si rivolge a tutti, ma che affascina per il coraggio con cui affronta un materiale così sfuggente. Il Pasto Nudo non è solo un omaggio al genio di William S. Burroughs, ma anche una riflessione sul processo creativo e sui demoni personali che spesso lo accompagnarono nella sua esistenza. Un film che lascia inquieti, confusi e, in qualche modo, trasformati.
Il film è disponibile su Prime Video

Peter Weller e Judy Davis in una scena del film
Howl- Urlo
Howl – Urlo (2010), diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, racconta la genesi del celebre poema di Allen Ginsberg e il processo per oscenità che ne seguì nel 1957. Il film alterna biografia, poesia e storia giudiziaria, esplorando l’impatto culturale dell’opera di Ginsberg e della Beat Generation. I media considerarono il processo un atto giudiziario contro la libertà di espressione, rafforzando l’immagine di Ginsberg come poeta e trasformandolo in una vera e propria icona d’avanguardia.
James Franco incarna il poeta Allen Ginsberg con sensibilità, restituendone le fragilità e la forza rivoluzionaria. Attraverso interviste immaginarie e letture pubbliche, il film approfondisce il processo creativo dietro Urlo- e Altri Poemi (Howl and the Other Poem). Tuttavia, non fu Ginsberg a essere processato, ma Lawrence Ferlinghetti, l’editore della raccolta. Le sequenze del tribunale, con protagonisti il pubblico ministero Ralph McIntosh (David Strathairn) e l’avvocato difensore Jake Ehrlich (Jon Hamm), mettono in luce la lotta per la libertà di espressione.
Un elemento distintivo è l’uso dell’animazione, che trasforma i versi di Ginsberg in immagini oniriche e potenti, immergendo lo spettatore nella visione poetica dell’autore. Basato sui verbali del processo e su interviste reali, il film combina fedeltà storica con una riflessione sull’importanza dell’arte come strumento di ribellione.
Howl – Urlo è un tributo alla Beat Generation: alla sua poesia, alla libertà di espressione e all’impatto di una generazione che ha sfidato le convenzioni culturali. Un’opera imprescindibile per chiunque voglia comprendere il potere rivoluzionario delle parole di Ginsberg.
Il film è disponibile su Prime Video

James Franco veste i panni di Allen Ginsberg in Howl- Urlo
On the Road
On the Road (2012), diretto da Walter Salles, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Jack Kerouac, manifesto della Beat Generation. Il film racconta le esperienze autobiografiche di Kerouac (nel film, Sal Paradise) e dei suoi amici, incarnando lo spirito ribelle e la ricerca di libertà di un’intera generazione.
Il protagonista, Sal Paradise, è interpretato da Sam Riley, mentre Dean Moriarty, carismatico e impulsivo, la trasposizione di Neal Cassady, ha il volto di Garrett Hedlund. Nel ruolo di Marylou, giovane moglie di Dean, troviamo Kristen Stewart, affiancata da Tom Sturridge nei panni di Carlo Marx (alter ego letterario e cinematografico di Allen Ginsberg) e da Viggo Mortensen, che interpreta Old Bull Lee, il corrispettivo di William S. Burroughs.
Il regista sceglie di privilegiare un tono malinconico, ponendo l’accento sul senso di disillusione che accompagna la ricerca di libertà e felicità dei personaggi. Mentre il libro di Kerouac celebra il ritmo frenetico del viaggio e l’esuberanza giovanile, il film trasmette una visione più riflessiva, che evidenzia i fallimenti e le contraddizioni dei protagonisti.
Un elemento chiave del film è la colonna sonora, influenzata dal jazz, che richiama l’anima musicale del romanzo e sottolinea l’importanza del ritmo, sia nella scrittura di Jack Kerouac che nello stile di vita della Beat Generation.
Il film è disponibile su Prime Video

I due protagonisti in una scena del film
Il Processo ai Chicago 7
Il processo ai Chicago 7 (2020), diretto da Aaron Sorkin, racconta il controverso processo, avvenuto negli Stati Uniti, in cui sette attivisti affrontarono l’accusa di aver incitato alla rivolta durante le proteste contro la guerra del Vietnam, tenutesi a Chicago nel 1968. Tra i tanti volti noti presenti alle manifestazioni, anche il poeta Allen Ginsberg partecipò attivamente con il suo stile unico e provocatorio.
Il film, che si avvale di un cast corale, vede Eddie Redmayne nei panni di Tom Hayden, Sacha Baron Cohen in quelli di Abbie Hoffman e Jeremy Strong come Jerry Rubin. A fianco, spiccano Yahya Abdul-Mateen II nel ruolo di Bobby Seale, leader delle Pantere Nere, e Mark Rylance, che interpreta l’avvocato difensore William Kunstler. La narrazione alterna le dinamiche del processo in aula a flashback degli eventi che portarono agli scontri tra i manifestanti e la polizia.
Allen Ginsberg, pur non essendo tra gli imputati, fu una figura significativa nelle proteste. Durante i raduni, il poeta guidò i manifestanti in sessioni collettive di canto e meditazione, utilizzando il mantra “Om” per promuovere la non violenza e tentare di calmare gli animi. Ginsberg incarnava lo spirito della Beat Generation, opponendosi alla guerra e al conformismo della società americana, ma nel contesto di Chicago la sua presenza fu soprattutto simbolica: un ponte tra la controcultura degli anni ’50 e la nuova ondata di ribellione giovanile.
Rispetto al coinvolgimento diretto di Ginsberg, che appare in una sequenza del film durante le manifestazioni, il film di Sorkin si concentra principalmente sugli imputati e sull’intricato svolgersi del processo, che fu un vero e proprio teatro politico. Tuttavia, l’atmosfera delle proteste, con le sue canzoni, slogan e atti di disobbedienza civile, richiama l’influenza culturale di figure come Ginsberg e il ruolo della poesia e dell’arte nella contestazione sociale.
Il film è disponibile su Netflix

Un frame de Il Processo ai Chicago 7
Queer
Queer (2024) diretto da Luca Guadagnino è un adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di William S. Burroughs, scritto nei primi anni ’50, ma pubblicato solo nel 1985. Da un punto di vista letterario Queer è il seguito del romanzo Junky (conosciuto in Italia come La scimmia sulla schiena), in cui Burroughs descriveva la sua esperienza con la dipendenza dagli oppiacei. Mentre Junky offre un resoconto crudo della vita da tossicodipendente, Queer si concentra sulle sfide emotive e sull’identità sessuale del protagonista, approfondendo la sua ossessione per Eugene Allerton e il senso di isolamento che ne deriva.
Il film segue le vicende di William Lee, il solito alter-ego di Burroughs, interpretato da Daniel Craig, un americano a Città del Messico negli anni ’50, alle prese con l’astinenza da oppiacei e una passione non corrisposta per Eugene Allerton, interpretato da Drew Starkey. La narrazione esplora temi di dipendenza, desiderio e alienazione, offrendo uno sguardo profondo nella psiche del protagonista, e la sua ossessione nella ricerca di droghe psichedeliche atte a stimolare la telepatia.
Luca Guadagnino, noto per la sua sensibilità nel trattare storie complesse e intime, porta sullo schermo un’interpretazione visivamente ricca e emotivamente intensa del materiale di Burroughs. L’opera cattura l’essenza dell’atmosfera decadente e inquieta del romanzo e del suo protagonista. Il film, presentato sul grande schermo per la prima volta durante L’ 81 Mostra Internazionale del cinema di Venezia, uscirà nelle sale italiane il 13 febbraio 2025, distribuito da Lucky Red.

Daniel Craig e Drew Starkey in Queer