Nero è il film che segna l’esordio alla regia di Giovanni Esposito. É stato presentato al Torino Film Festival (clicca qui per tutti gli articoli sul festival), nella sezione Zibaldone e introdotto dallo stesso Esposito, insieme alla grandissima attrice e sua compagna di vita, Susy del Giudice.
Il film è prodotto da BARTLEBYFILM (Massimo di Rocco, Luigi Napoleone), RUN FILM (Alessandro Cannavale, Andrea Cannavale), PEPITO PRODUZIONI (Agostino Saccà), con RAI CINEMA. Hanno contribuito anche Regione Campania e Film Commission Regione Campania.
Di che cosa parla Nero?
Nero (Giovanni Esposito), uomo di mezza età, compie piccoli crimini al fine di mantenere la sorella, Imma (Susy del Giudice), affetta da alcuni disturbi mentali. Durante una rapina, però, egli ferisce un benzinaio (Vittorio Ciorcalo), uccidendolo. Successivamente, scopre che miracolosamente la vittima è viva e illesa. Ciò viene attribuito alla Madonna dei detersivi, situata proprio nel supermercato dove è avvenuta la rapina. Il poliziotto Abate (Giovanni Calcagno), però, non è convinto: pensa invece che Nero sia il responsabile della guarigione dell’uomo. Ben presto quindi Nero scoprirà di possedere un potere straordinario, ma che dovrà pagare a caro prezzo ogni ogni suo utilizzo. Nero sarà disposto a sacrificarsi per salvare altre vite?
La purezza dei sentimenti
Nel suo primo film Giovanni Esposito ci trasporta nel mondo delle periferie, dove vivono i reietti della società. In questi luoghi trasandati, dove l’individualismo fa da padrone, vivono Nero e la sorella Imma. Il rapporto che li lega è il cuore pulsante di tutto il film; è così forte, vero e profondo, da sembrare un autentico affetto fraterno, vissuto intensamente e non semplicemente recitato.
Nero sembra diviso tra due metà contrastanti: quella immediatamente percepibile, la criminale, che viene vissuta in modo non del tutto volontario, ma solo come mezzo per sostenere la sorella. E la parte buona, premurosa, affettuosa (anche se a volte un po’ impulsiva), che emerge ogni volta che si trova accanto alla sorella. La cura che Nero ha nei suoi confronti, ma anche quella che Imma ha verso di lui, è di una dolcezza disarmante. In quel piccolo mondo di periferia i due sembrano bastarsi e completarsi a vicenda, creando un piccolo e intimo spazio tutto per loro.
La simbologia
Il film è ricco di simboli, soprattutto nella prima parte. Sono presenti diverse allegorie che rimandano al mondo cattolico.
Giovanni Esposito definisce Nero come un povero Cristo. Quando uccide il benzinaio, ha le mani impregnate di sangue che, nonostante le lavi, continua a vedere in modo ricorrente. Il sangue rimanda al peccato appena commesso, che, nonostante tutto, non potrà mai cancellare dalla memoria.
Nero poi si getta in mare, quasi come un tentativo di purificazione. La macchina da presa sale e lo vediamo steso nell’acqua in una posizione che ricorda quella di Cristo sulla croce. La scena sembra preludere ai molteplici sacrifici che dovrà affrontare nel corso del film.
Il sacrificio è un altro tema importante, sino all’epilogo toccante. Per espiare i propri peccati da criminale, infatti, Nero dovrà sacrificare sempre più parti fondamentali della sua vita, fino a fare pace con sé stesso e con i suoi demoni.
Conclusioni
L’opera prima di Giovanni Esposito rende con crudezza il mondo delle periferie, esplorando una realtà talvolta difficile da accettare. In questi luoghi, però, vivono persone più simili a noi di quanto si pensi. Anch’esse provano gioie, dolori, paure, angosce e amore, con il desiderio di poter raggiungere una vita migliore.
Esposito, quindi, non vuole soffermarsi sulla criminalità di Nero, bensì indagare, con l’aiuto della cinepresa, la profondità del suo essere.
Nero entra a piccoli passi nell’animo dello spettatore, lo tocca nella sua intimità e vi instilla un sentimento di speranza in grado di dissipare le sue ombre.
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