Nella sezione documentari del Torino Film Festival (clicca QUI per tutti gli articoli sul festival) partecipa in concorso A Man Imagined, diretto da Brian M. Cassidy e Melanie Shatzky. Il film è una produzione di National Film Board of Canada.
Un focus sui “rifiuti umani”
«Abbiamo incontrato Lloyd dopo aver fatto volontariato in un centro di accoglienza per senzatetto per quasi un anno. La nostra intenzione iniziale era quella di realizzare un film con diversi personaggi e fornire una panoramica delle esperienze di coloro che vivono senza fissa dimora. Tuttavia, tutto è cambiato dopo aver incontrato Lloyd. Si è avvicinato a noi, incuriosito dalla nostra macchina da presa e dalla nostra presenza al centro, affermando con discrezione il suo desiderio di partecipare al nostro progetto. Possedeva un’aura quasi biblica, inconfondibile, e un bisogno, seppur nascosto, di essere visto».
A Man Imagined ritrae la quotidianità di Lloyd, sessantasettenne affetto da una forma di schizofrenia e uomo senza una fissa dimora. Nel loro film, quindi, Brian e Melanie scelgono di rivelare allo spettatore una cruda fetta di realtà che spesso si tende a occultare, ma che, invece, indubbiamente esiste.
Il montaggio
Il documentario alterna momenti più statici, in cui si intervista Lloyd, lo si riprende vagabondare per la città o in mezzo alla natura, ad altri più caotici. In particolare, le scene girate lungo le strade frequentate dall’uomo, in cerca di un misero guadagno per vivere, sono caratterizzate da un montaggio frenetico e disorientante. Questo è ulteriormente arricchito da suoni amplificati di clacson e di rumori di macchine. Attraverso queste soluzioni, quindi, si restituisce il senso di smarrimento, caos, paura e perdizione che Lloyd vive quotidianamente, immergendo ancora di più lo spettatore nel vivo della vicenda.
(Dis)umanità
In A Man Imagined emerge un forte contrasto tra la disumanità della gente comune e la sincera umanità di Lloyd. In molteplici occasioni l’uomo tenta disperatamente di ricavare una piccola somma di denaro vendendo oggetti di recupero ai passanti. Questi, però, lo ignorano o semplicemente non sono interessati ad aiutarlo. Solo pochissime persone, sebbene non interessate a comprare nulla da Lloyd, decidono di offrirgli una piccola somma di denaro: al tuo posto potrei esserci io, gli dicono.
Lloyd, invece, dimostra il suo animo gentile, che non può che commuovere. Quando decide di rimanere in silenzio i suoi occhi blu, intensi, buoni, ma anche provati, rivelano molto più di semplici parole.
Due, in particolare, sono le scene più toccanti: Lloyd chiede alla regista di preparare del caffè, non solamente per sé, ma da condividere con tutti e tre. Successivamente, quando lo vediamo mangiare dei dolcetti, presumibilmente comprati proprio da Brian e Melanie, Lloyd chiede loro se ne vogliono un po’. Questi momenti sono di una dolcezza disarmante, considerando che l’uomo spesso e volentieri si ritrova senza un pasto per sé.
Emergono poi la solitudine e lo sconforto che vive giorno per giorno. Non c’è momento in cui Lloyd non desideri una vita migliore, una casa dove stare e una persona da amare. É toccante il momento in cui, una notte, osserva con estrema tristezza e rassegnazione degli abiti da sposa esposti in vetrina. Questi infatti sembrano il simbolo di una vita tanto sognata, ma mai raggiunta.
I dimenticati
Focalizzandosi particolarmente su Lloyd, Brian e Melanie portano alla luce le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i senzatetto, ma anche la noncuranza della società media nei confronti di queste persone. I registi, scegliendo di restituire la dignità a un uomo in particolare, estendono il discorso in maniera più ampia, facendo riflettere lo spettatore sulla condizione generale della gente dimenticata ed emarginata.
“A testament to survival”
Quando viene chiesto a Lloyd come gli piacerebbe essere ricordato, lui risponde che non vorrebbe affatto essere ricordato, avendo vissuto una vita tragica. Quest’ultima man mano affiora, in modo però frammentario. Attraverso un lungo lavoro Brian e Melanie, quindi, cercheranno di ricomporre il puzzle che costituisce parte dell’esistenza di Lloyd. In questo modo, restituendo frammenti di vita presente e di vissuto personale, l’uomo verrà eternamente ricordato come Lloyd e non come un semplice individuo privo di personalità.
Il grandissimo Maestro Franco Battiato, alla domanda “cosa vorresti che rimanesse di te?” rispose “un suono”. In A Man Imagined l’ultima immagine di Lloyd lo ritrae in mezzo a un prato, con fiori che si muovono al vento.
Allora cosa rimane di Lloyd? La sua vera essenza: un fiore che si muove delicatamente, cullato dalla dolcezza del vento.
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