‘A Streetcar Named Desire’: l’intramontabile classico con Marlon Brando
Uscito nelle sale nel 1951, il film diretto da Elia Kazan è ancora considerato un capolavoro della storia del cinema. Vediamo insieme alcuni elementi che lo caratterizzano
La retrospettiva del 42TFF è dedicata al grande attore che fu Marlon Brando. Giulio Base, direttore del festival, ha voluto dedicargli un ampio spazio per celebrarlo, in occasione del centenario dalla sua nascita. Tra i numerosi titoli proposti troviamo anche A Streetcar Named Desire.
A Streetcar Named Desire è un film diretto da Elia Kazan, adattamento dell’omonimo spettacolo teatrale scritto da Tennessee Williams nel 1947. Il film è noto per aver fatto conoscere Marlon Brando al grande pubblico.
Il cast
Oltre a Marlon Brando nel film sono presenti gli stessi attori dello spettacolo teatrale: Kim Hunter, Karl Malden, Richard Garrick, Nick Dennis e Rudy Bond. Per il personaggio di Blanche, invece, la produzione fa scritturare Vivien Leigh, decisamente ben più nota di Jessica Tandy.
Il fatto di essere l’unica a non aver recitato nella versione di Broadway ha fatto sentire la Leigh un’estranea. Kazan ha saputo sfruttare proprio le sensazioni provate dall’attrice per aiutarla a impersonare nel migliore dei modi il personaggio di Blanche.
Di che cosa parla A Streetcar Named Desire?
Blanche DuBois (Vivien Leigh), donna dalla fragile salute mentale e dal passato difficile, lascia per sempre la sua vecchia città per trasferirsi dalla sorella Stella (Kim Hunter), a New Orleans. Il rapporto con la sorella viene ben presto minato, però, dalla massiccia e irascibile presenza di Stanley Kowalski (Marlon Brando), marito di Stella. Blanche, così, dovrà riuscire a convivere con entrambi e rimanere lucida. Intanto, conoscerà “Mitch” (Karl Malden), di cui si innamorerà in modo sincero. Stanley, però, cercherà in tutti i modi di disfarsi di lei, scoprendo anche alcuni segreti che la riguardano.
Innovazione vs tradizione
Ciò che è immediatamente percepibile in questo film è la presenza di due recitazioni totalmente in contrasto tra loro: quello di Marlon Brando e di Vivien Leigh. È necessario ricordare che quest’ultima, nel 1951, è un’attrice affermatissima, a differenza di Brando, che è agli esordi. Entrambi hanno una personalità spiccata. Le differenze dei due, però, non sembrano un problema per il giovane attore (al contrario di ciò che accade invece per Vivien Leigh).
Infatti, la Leigh si manifesta come un’apparenza eterea, ha uno stile recitativo sopra le righe e molto teatrale, che allo spettatore contemporaneo appare quasi finto e decisamente superato, sebbene il pubblico dell’epoca lo percepisse del tutto normale. Marlon Brando, invece, porta con sé un nuovo modo di stare sullo schermo (e, prima di ciò, una maniera inedita di stare sul palcoscenico): egli possiede una voce nasale, si muove spesso quando parla, tocca frequentemente gli oggetti e ha un modo di parlare strascicato, che non permette la completa comprensione di tutte le parole pronunciate. Egli, però, ci appare profondamente spontaneo e vivo.
Questi elementi a teatro non lo valorizzano abbastanza, quasi fossero difetti. Al cinema, invece, le particolarità di Brando sono amplificate, valorizzate dalla macchina da presa e vengono percepite come delle assolute novità.
Un realismo intriso di simbolismo
Attraverso la sua opera, Kazan riesce a restituire le inquietudini proprie di un’America postbellica. Egli sceglie di muoversi nell’ambito del realismo, inserendovi però elementi simbolici che svelano le disillusioni e i mali di una società che, in apparenza, finge di non vedere e riconoscere, ma da cui in realtà è profondamente attratta: sesso, violenza, squilibri mentali sono così inseriti nel film, ma in maniera velata.
La maggior parte del film si svolge nell’appartamento dei DuBoi-Kowalski, che è un luogo misero, fatiscente; gli spazi via via sembrano restringersi, opprimendo sempre di più i personaggi che lo abitano.
Il realismo di A Streetcar Named Desire, crudo e rappresentato in modo più vicino alla vita vera rispetto ai film precedenti, è arricchito dalla recitazione di Brando: egli si presenta come un uomo impulsivo, inquieto, un vero e proprio antieroe moderno e risulta più reale se confrontato con le altre figure che recitano al suo fianco. La particolarità di Brando, inoltre, sta nel non detto: infatti, attraverso il toccare quasi ossessivamente gli oggetti in scena, masticare chewing gum, mangiare o bere in continuazione mentre viene ripreso, non rimanere mai fermo mentre parla e i suoi sguardi egli esprime le proprie pulsioni represse. Ciò rientra perfettamente nel realismo psicologico proprio del Metodo dell’Actor Studio.
Una nuova figura di mascolinità
Nonostante il fulcro dell’opera non ruoti attorno a Stanley Kowalski, Marlon Brando è indubbiamente la figura più ammaliante del film.
Brando introduce un nuovo tipo di mascolinità: infatti, egli è una figura seducente, sensuale, selvaggia, involuta rispetto all’idea di gentleman (come afferma Blanche) e incarna lo stereotipo del bad boy. Egli rappresenta, come già accennato, un nuovo tipo di personalità sviluppatasi nel Secondo Dopoguerra: un periodo dove gli ideali e le certezze precedenti stanno ormai scomparendo e in cui i lati più oscuri della società sembrano emergere sempre di più.
Brando-Kowalski, con la sua recitazione intensissima, ripugna e attrae allo stesso momento. Inevitabilmente, però, non si può che essere affascinati dalla sua forte presenza scenica, dal suo modo di esprimersi e dal suo fascino magnetico.
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