Cieli grigi e pesanti come coperchi schiacciano le vite di chi ancora crede nella libertà.
Bielorussia, anno 2020, elezioni truccate regalano il potere ad uno dei tanti mostri di questo tempo, il dittatore filorusso Alexander Lukashenko, condannando il paese ad uno stato di livore repressivo che contamina progressivamente ogni spazio di espressione. Numerose proteste agitano animi e strade e si spengono con il consueto copione di arresti e violenze.
Documentare la storia diviene pressoché impossibile, se mai letale. Il racconto al centro dell’esordio cinematografico di Mara Tamkovich, in concorso al 42° Torino Film Festival, è ispirata a fatti reali e rappresenta una testimonianza essenziale in questi tempi di imbarbarimento mediatico e scivolamento destroide.
Dalla sommità di un palazzo di Minsk, la reporter Lena e la sua operatrice vengono rintracciate da un drone mentre riprendono manifestazioni di piazza anti regime spente dalla brutalità della polizia. L’arresto di entrambe è inevitabile, con un inanellarsi di accuse crescenti che porteranno a lunga e durissima detenzione.
Le speranze del marito Ilya si scontrano con l’assolutismo di uno stato che divora i propri figli in una spirale che non risparmia nulla e nessuno. Tramontano i sogni di ricominciare una nuova vita altrove, il presente si tramuta in una gabbia sempre più stretta in cui l’opzione della libertà è vincolata alla confessione di alto tradimento dello stato da parte della moglie Lena.
Una storia autentica
La vicenda è ispirata alla storia della giornalista bielorussa Katsiaryna Andreyeva di Belsat TV, attualmente in carcere, ed è resa con autenticità ammirevole, soprattutto laddove il legame tra lei e il marito si affievolisce sul piano strettamente intimo per assumere una dimensione storica ben più ingombrante e universale, tanto da chiamare in causa Aleksandr Solženicyn.
Under the Grey Sky si canta in un improbabile ritornello reggae che sta al centro del film e ricorda il nefasto passato sovietico di questa terra, da cui non ci si vuole staccare e che – anzi – si vuole difendere, ad ogni costo.
Lena ripete che la notte appare sempre più scura prima dell’alba; nonostante tutto, bisogna resistere.
Girato in Polonia, e finanziato dallo stesso Polish Film Institute, il film è commovente nella sua essenzialità; gli sguardi dei due protagonisti, gli ottimi Aliaksandra Vaitsekhovich e Valentin Novopolskij, sono vividi e restituiscono, da un lato il senso di impotenza, dall’altro l’etica della giustizia.
Un cinema di cui sentiamo la necessità, semplice e diretto, in un’epoca involuta, imprevedibile, dai risvolti potenzialmente definitivi. Ken Loach, certo, approverà.
Si pensa ai Molchat Doma, musicisti bielorussi espatriati, al brutalismo orrorifico delle loro copertine, alle loro liriche struggenti; ci sentiamo un po’ tutti là, Under the Grey Sky, dietro le sbarre con Lena/Katsiaryna.
Parata di stelle per l’apertura del Torino Film Festival numero quarantadue
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https://www.youtube.com/watch?v=x_9rJISm3ro