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Approfondimento

Mel Brooks, le ilari visioni di un uomo raccontate dai suoi film

Mel Brooks inizia la carriera con la televisione, poi arriva al matrimonio e... il cinema. Tra parodie, sketch e cult di alacre comicità, Brooks racconta il politicamente “scorretto” e lo piega alle smanie di un vorace visionario

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Mel Brooks in più di cinquant'anni di carriera ha rivoluzionato l'arte comica, creando storie e personaggi entrati nell'immaginario di tutti

La voce caustica della coscienza, la beffa argutamente ridicola, il sadismo nei confronti di uno humour insaziabile. Tanti attributi, tanti aggettivi quanta è la versatilità di un solo regista. sceneggiatore ed egli stesso attore. Gli aggettivi però perdono il loro peso, anzi sublimano in palloncini d’aria, quando a indossarli è l’uomo Mel Brooks. Il suo è un cinema che va oltre il banale appellativo, nomignolo o avverbio. È un cinema scevro di fasti, nella cui semplicità di struttura però si nasconde una complessità di lessico che ne dona carattere. Se infatti le storie sono lineari e prive di articolati intrecci di trama, ciò che più arruffa il gomitolo sono le battute, i giochi di parole in pieno stile yiddish e le dinamiche di potere tra personaggi-fantoccio veicoli di ilarità e scherno.

«La comicità deve avere un motore, deve esserci qualcosa che spinge avanti la storia. Che sia una barzelletta, un aneddoto, uno sketch, la puntata di un telefilm, un film: non importa. Ci vuole un motore. Se c’è una costante in settant’anni di lavoro che ho passato nella commedia, direi che il segreto è questo. Sulla questione della longevità invece, ovviamente il segreto è un altro: non morire»

Che si abbia o meno visto tutti i suoi film, è universale riconoscere a questi ultimi di aver conquistato, in più di cinquant’anni, buona fetta dell’immaginario “comedy” occidentale. Celebri sono le citazioni di Frankenstein Junior, di Balle Spaziali e di Mezzogiorno e mezzo di fuoco, che hanno e continuano a fare la storia di generazioni. Ma altrettanto celebri sono quelle di Mel Brooks, il cui ego di certo non si eclissa dietro la macchina da presa – muro quasi invisibile nel suo cinema – bensì rimbalza fuori dallo schermo, in un moto perpetuo e mai ridondante.

Gli inizi da “comedian” a Brooklyn

Mel Brooks nasce da famiglia ebrea a Brooklyn, New York, e per i primi mesi di vita porta il cognome di Kaminsky. La sua indole, sempre pronta alla freddura, lo porta a farsi notare e a guadagnarsi il lusso di comparire in TV. Nel 1961 va in onda un episodio dell’Ed Sullivan Show e Mel Brooks è lì insieme al suo amico attore Carl Reiner, conosciuto qualche anno prima sul set di Your Show of Shows di Sid Caesar. Ospiti di Ed Sullivan, Brooks e Reiner mettono in scena uno sketch improvvisato: The 2000 Year Old Man, nel quale uno dei due – Reiner – impersona lo “straight man”, l’uomo retto, che intervista l’altro – Brooks, dunque – il suddetto “uomo di duemila anni” in una sempre crescente spirale di di botta-risposta. L’amicizia tra i due iniziò negli anni ’50, ma proseguì per decenni, fino alla morte di Carl Reiner, sopraggiunta una notte di quattro anni fa.

«Funziona così: tu fai una cosa che ti sembra divertente, e a volte quella cosa diventa significativa, ma tu non c’entri già più. Non sono sicuro che un pittore sappia che quello che sta dipingendo sulla tela diventerà immortale. Però so che Carl era il mio migliore amico, oltre a essere un genio della comicità. È morto l’anno scorso. Mi manca moltissimo»

Dopo The 2000 Year Old Man, a metà degli anni ’60, Mel Brooks lavorerà ancora un po’ in televisione, prima di poter muovere i primi passi nel cinema. Nel 1965, insieme allo sceneggiatore e regista Buck Henry, Brooks darà vita a un’idea che sarà fautrice di una grossa eredità cinematografica. Si tratta della sit-com Get Smart!, una storia di spionaggio parodiata, trasmessa da NBC e, successivamente, da CBS, tra il 1965 e il 1970. Lo show fu un grande successo, di pubblico e di premi, vincendo tra il 1966 e il 1968 sette Emmy agli attori e al genere, e due Golden Globe. Buck Henry, ideatore come Brooks della serie, all’epoca fu anche sceneggiatore del film che, nel 1967, anticipò il nuovo cinema hollywoodiano: Il Laureato, per la regia di Mike Nichols.

Mel Brooks in più di cinquant'anni di carriera ha rivoluzionato l'arte comica, creando storie e personaggi entrati nell'immaginario di tutti

Un fotogramma dal film ‘Il Laureato’ di Mike Nichols

Prima del 1968: il matrimonio con Anne Bancroft

Si parlava de Il Laureato di Mike Nichols, pellicola del 1967 che, insieme a un Gangster Story di Arthur Penn, aveva iniziato la rivoluzione verso la cosiddetta “new Hollywood”. Ma nel film di Nichols c’è un personaggio, un’attrice anzi, che qualche anno prima era diventata protagonista di un’altra storia, d’amore vero stavolta, al fianco di un aizzante Mel Brooks. Costei è Anne Bancroft, che interpretava nel film con Dustin Hoffman la seducente signora Robinson, anche soggetto del famoso brano firmato Simon & Garfunkel.

Il 5 agosto 1964 Mel Brooks sposa l’attrice, in seguito a un divorzio di due anni prima tra lui e la danzatrice Florence Baum. Anne Bancroft, nome di battesimo Anna Maria Louisa Italianoomen nomen – sarà musa ispiratrice di Mel Brooks per tutti i suoi film. «Sono solo un tizio di Brooklyn che ha fatto ridere la gente, un giullare», racconta in un’intervista al Corriere della Sera. «Mia moglie Anne era quella davvero di talento». Attrice di cinema e di teatro, artista e madre premurosa nelle parole di Brooks, che, dopo 45 anni di matrimonio al momento della scomparsa di lei, sente ricadere su di sé il peso di quel nido di amore e di ammirazione coltivato in così tanto tempo. Anna Italiano si era spenta nel 2005, dopo una lunga malattia.

Il 1968 è l’annus mirabilis del “cinema secondo Mel Brooks”

Il 1968, si evince dal sottotitolo, è l’annus mirabilis di Mel Brooks. Dopo il felice matrimonio, arriva il felice approdo del comico al cinema. Brooks siede sulla sedia da regista e in quell’anno realizza il suo primo film: Per favore, non toccate le vecchiette, adattamento parodiato dello spettacolo di Broadway che porta lo stesso titolo inglese (The Producers). La pellicola è degna di menzione per due motivi chiave: il primo, è quello che fa incontrare per la prima volta due grandi personalità, quella di Mel Brooks e di Gene Wilder. Da questo incrocio sul set nascerà un longevo sodalizio, che renderà Wilder l’attore-feticcio che il regista riutilizzerà in quasi tutte le sue pièce successive.

Il secondo motivo è quello che rende questa pellicola soltanto la prima di tante altre a venire, tutte annoverabili al genere parodico. Tra queste sono compresi Frankenstein Junior, Robin Hood – Un uomo in calzamaglia, Mezzogiorno e mezzo di fuoco, Balle Spaziali, Dracula – Morto e Contento. Tuttavia Mel Brooks non fu solo autore e  interprete di parodie, ma anche vivace esegeta di una realtà a lui contemporanea, che era solita biasimare il “genio” e lodare la banalità. Lo scherno sociale, lo schiaffo alle consuetudine mondane e il brivido per l’arringa a favore di una dissolutezza creativa senza freni. Tutto questo portò Mel Brooks a impersonare Adolf Hitler in Peeping Times nel 1978. Ma, ancor prima, lo portò a un “Salute al Duce!” in Mezzogiorno e mezzo di fuoco, a un “Negro” detto di troppo in Robin Hood – Un uomo in calzamaglia. Lo portò a un cinema dissennato, fuori misura, esagerato, eppure mai volutamente denigratorio. Mai volutamente imbarazzante o indelicato.

Mel Brooks in più di cinquant'anni di carriera ha rivoluzionato l'arte comica, creando storie e personaggi entrati nell'immaginario di tutti

Un fotogramma del film ‘Frankenstein Junior’

Il cinema è svergognato, ma è quel briciolo di umanità a non mancare mai

Oltre ad Adolf Hitler, Mel Brooks “rubò” anche i personaggi di Broadway trasformandoli in marionette sfigurate e umiliate da loro stesse. Prese persino quelli di Mezzogiorno di fuoco (1952), Gary Cooper, John Wayne, i grandi volti del western della Hollywood d’oro, stracciandone i connotati da eroi al servizio di alti ideali. Prese in prestito i classics della letteratura cinematografica: la terribile creatura del dottor Frankenstein, che nelle mani di Mel Brooks si trasforma in un energumeno ballerino e canterino; l’eroico arciere Robin Hood, messo a nuovo da un brillante Cary Elwes… in calzamaglia, appunto; o ancora, il leggendario Dracula, Bela Lugosi, o meglio Leslie Nielsen, sanguinario offerente di un immobile in Transilvania.

«È lo spirito di New York: non farsi impressionare mai da nulla, essere sempre scettici. Farsi sempre beffe dei potenti, di quelli che si credono importanti. C’è un però grande come una casa. Bisogna sempre lasciare uno spazio a un elemento di umanità. (…) C’è un limite anche all’avidità, all’abiezione, alla mancanza di scrupoli e vergogna: quel limite è l’umanità»

La carriera artistica di Mel Brooks è stata accerchiata da numerose facce che Hollywood e il cinema tout court hanno piano piano imparato a conoscere. Come quella di Marty Feldman, divenuta iconica prima attraverso le frequenze televisive della BBC, passando poi al quartiere californiano. Non dimentichiamo il sopracitato Gene Wilder, il quale, oltre ad aver intrapreso una fortunata carriera di attore, è stato anche amico stretto di Brooks, prestando la propria recitazione alla mente registica del “folle” brooklyniano.

Una carriera da statuetta

Mel Brooks nasconde altre e interessanti memorie all’interno della sua autobiografia, All About Me!, pubblicata all’età di – soli – 95 anni. È stato vincitore di due Oscar alla carriera (il primo lo vendette, dopo averlo ricevuto nel 1969 in occasione dell’uscita del suo primo film): «Quando i tuoi pari apprezzano il tuo lavoro e ti onorano con questa statua d’oro significa molto e (questo premio) significa molto per me», dichiara Brooks durante la premiazione.

Per festeggiare i 50 anni del film (e Halloween) nella sale d’Italia è tornato in due date evento l’intramontabile Frankenstein Junior. Un momento dedicato a rivivere il capolavoro cult del 1974, riascoltandone le bottom line più gettonate e riguardandone gli attori irrinunciabili del cinema di Mel Brooks.

Editing Sandra Orlando.

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