Polvo serán (2024) è la storia della malattia di Claudia, una ex performer di mezza età, affetta da un tumore ormai terminale. Il suo compagno, Flavio, anche lui nel mondo dello spettacolo, l’accompagna nella sua decisione di sottoporsi al suicidio assistito. Ma la vicinanza di Flavio non è solo psicologica e spirituale. Infatti, anche lui vuole usufruire del suicidio assistito, perché non riesce ad accettare un futuro senza Claudia. I due protagonisti hanno dei figli con cui dovranno fare i conti una volta annunciata la loro decisione. Una decisione che appare comprensibile se legata a Claudia, ma egoista se coinvolge Flavio.
Polvo serán, scritto e diretto da Carlos Marqués-Marcet e in concorso nella sezione Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma, racconta una tematica eticamente ed emotivamente complessa, scegliendo una commistione di generi. Si spazia dal dramma alla commedia, per poi inserire anche momenti musicali che riflettono lo stato emotivo di Claudia e di chi la circonda. L’originalità delle parti musical del film è nell’assenza di testo in quasi tutti i brani, composti perlopiù da rumori musicati, e il focus sulle coreografie, con elementi danza contemporanea e contaminata. Le sequenze musical del film raccontano moltissimo, e l’effetto straniante e ricercato è un po’ quello alla Dancer in the dark…
Claudia e il suo sbeffeggiare la malattia: camera mortuaria come palcoscenico
Il film si apre con un brano d’opera che fa da sfondo alle urla disperate di Claudia. È colta da un malore che non viene approfondito dal punto di vista medico, ma che ci serve per rendere la fragilità della sua salute psicofisica. Il compagno e la figlia Violeta la inseguono per casa, tentando di calmarla. Dopo questo episodio, viene portata immediatamente in ospedale. La tragicità è decisamente sopra le righe, tanto da far quasi sembrare che Claudia stia fingendo o provando una parte, e che non stia vivendo un malore reale.
L’esistenza di Claudia è scandita dagli stessi ritmi di uno spettacolo teatrale. Il suo aspetto (è sempre ben truccata e vestita, con i lunghi capelli grigi che le incorniciano il viso) e i suoi modi di fare, le permettono di fluttuare su un palcoscenico. Ed è esattamente così che vivrà la morte e il suo suicidio assistito: come una tragica storia dal finale strappalacrime. Ci terrà a indossare un bel vestito e sarà contornata di fiori, e il tutto creerà un bellissimo e inquietante dipinto.
L’unico che tenta di riportarla coi piedi per terra è Flavio. È lui, infatti, a spegnere il giradischi da cui proviene la musica della scena iniziale. Ed è sempre lui a ribadire quanto quella decisione presa insieme non sia frutto di un copione, ma una realtà tangibile e che implica sofferenza reale.
L’arte, che per Claudia è stato amore senza fine e anche lavoro, ha funzione salvifica. E per quanto alcune affermazioni della ex performer appaiano assurde, ci confermano quanto sia importante poter vivere la malattia e il lutto nel modo che più ci appartiene. Questo non serve ad evitare il dolore (come Flavio spesso pensa), ma ad affrontarlo con gli occhi spalancati e non semichiusi. E se ci serve immaginarci su un palcoscenico o come dei ballerini che ci accompagnano verso la camera ardente, va bene comunque.
Ma l’amore ci rende egoisti?
Polvo serán ci dice che è giusto vivere morte e malattia come più preferiamo. Ma in un caso come questo, che coinvolge una persona perfettamente sana, vale ancora questa affermazione? La figlia di Violeta incarna questo dubbio, che è anche quello dello spettatore. Lei litiga con suo padre più volte per distoglierlo dalla sua decisione, in un attimo di rabbia lo annuncia al resto della famiglia, non sa se accompagnarli il giorno dell’atto o no… Insomma, noi e Violeta siamo dei funamboli in bilico. Comprendiamo il dolore di Flavio, ma ne siamo assorbiti abbastanza da giustificare la sua decisione? Crediamo abbastanza in un aiuto psicoteraupetico post mortem da essere davvero convinti che Flavio riuscirà a riprendersi, nonostante dica più volte che il vuoto dopo Claudia sarebbe troppo profondo da essere riempito?
Il film di Marqués-Marcet non risponde effettivamente a nessuna delle domande, e l’aspetto interessante è proprio questo. Polvo serán non vuole dipingere i due partner come persone del tutto egoiste, né li giustifica totalmente (è difficile distaccarsi dalla sofferenza di Violeta che, mossa dal dolore, spesso agisce in modo infantile). Il percorso che crea, composto di danze fittizie e musica d’opera, ci fa riflettere su una tematica tanto complessa e attuale da renderci obbligati a prenderne parte.
L’arte è salvifica, ma ha anche i suoi risvolti psicologici e sociali, e un film come Polvo serán ce lo dimostra…