Il cortometraggio Les filles et le garçons de mon âge è candidato al RIFF nella competizione degli INTERNATIONAL SHORT FILMS.
L’opera sarà proiettata al Nuovo Cinema Aquila il 21 novembre alle 16:30.
Il regista e sceneggiatore è Giovanni Princigalli, che ha dato vita a questo corto dalla doppia nazionalità, canadese e italiana.
La dimensione internazionale si sente tutta, a partire dalle lingue dei protagonisti: un misto fra francese, italiano, inglese e spagnolo.
Fra il sognante e l’acerbo
La primissima impressione del cortometraggio Les Filles et le garçons de mon âge è quella di un sapore fra l’onirico e l’acerbo.
Eppure, quest’aria un po’ naif trova il modo di essere perfettamente calzante per i diciannove minuti di questo viaggio che ci trasporta dritti all’età della preadolescenza.
Il corto, più che indagare a fondo un tema, sembra volerci offrire una sognante panoramica.
Ci sono vari aspetti: quello linguistico e multiculturale, quello familiare, addirittura quello rituale. Poi ci sono quello sociale, emotivo, romantico come solo può esserlo l’amore a dodici anni.
La sinossi del cortometraggio
Il giovane Hector deve trasferirsi a breve con sua mamma e il suo nuovo compagno. I due vogliono aprire una gelateria in California. Vediamo i giorni immediatamente precedenti al trasferimento, conoscendone le sfumature della vita.
Hector è preoccupato per il trasloco: piace alla ragazza più grande del gruppo, Sofia, che lo incalzare continuamente, tra giochi e malizie.
Lui è però innamorato di Noa, la fidanzata del suo amico Amir. Questa vorrebbe con lui una relazione seria, ma Amir le fa pressione per andare oltre.
Troviamo una buffa piccola festa, microstorie fatte di sguardi, bigliettini, giochi e affetti dimostrati goffamente. Seguiremo il tumulto emotivo di Hector mentre la sua vita familiare e affettiva si evolve.
L’atmosfera ribelle e preziosa
In questo corto c’è l’essenza dell’età dei protagonisti: la paura del rifiuto mascherata da spocchia e curiosità per la vita, voglia di scoprirsi.
Questo mood impertinente ma delicato è mantenuto fino alla fine; fino al bigliettino che Hector dà a Noa con una frase di Pablo Neruda, che lei crede essere un cantante latino.
E’ una storia che ci risuona: la parola amore usata un po’ a sproposito, i corpi e i lineamenti dei ragazzi sproporzionati, le frasi che scivolano via dalla bocca per stupirsi o per ferirsi.
Nonostante tutto, i piccoli abitanti di questa strana cooperazione – l’età in cui si smette di essere bambini ma in cui non si è ancora adolescenti – si vogliono bene. I loro rapporti cambiano dall’oggi al domani ed è come se fossero in una fase della vita dove tutto è un campo di prova, anche se i sentimenti sono crudi e reali.
Les filles et le garçons de mon âge: un cortometraggio antropologico
Il regista dell’opera, Giovanni Princigalli, è uno studioso di antropologia, e nell’opera è evidente come riesca ad unire abilmente questa disciplina con il mezzo cinematografico.
In effetti, questo racconto prende quasi la forma di un pittoresco documentario volto a mostrarci cosa fanno le ragazze e i ragazzi dell’età di Hector, come si relazionano, cosa sentono.
Quello che vediamo è il racconto di un momento liminale della vita, quando, spaventato dall’avvenire, vorresti rifugiarti nella dimensione rasserenante dell’infanzia.
I ragazzi si sfidano ad essere più grandi, si scrutano e si aspettano gli uni dagli altri desiderio e iniziativa, sbruffonaggine e nessuna esitazione.
La mamma di Hector e il suo compagno, allo stesso tempo, si preoccupano ancora dei movimenti intestinali del figlio; gli stanno addosso e vogliono proteggerlo.
Hector deve quindi trovare il suo modo di destreggiarsi fra questi due mondi.
L’aspetto rituale della vita
Un tema che potrebbe sembrare marginale ma che si presenta invece nevralgico è quello della ritualità.
I personaggi, grandi e piccoli, cercano e trovano i loro modi di avere conferme e risposte da qualcosa di più grande di loro.
La prima inquadratura dopo il titolo è a plonge: vediamo le dita dei giovani abitanti della comune unite su una tavola Ouija homemade, mentre investigano sul californiano futuro del protagonista.
Più avanti la mamma di Hector, preoccupata per suo figlio, si rivolge segretamente ad una veggente per farsi leggere i fondi di caffè.
Questa scena è particolarmente divertente perchè incarna a pieno lo spirito sfaccettato della storia: la veggente le parla in francese, ma impreca in italiano, invocando Gesù, Giuseppe e Maria.
La dimensione cristiana si mescola qui con quella pagana, ma non solo.
E’ la stessa santona che, vedendola eccessivamente apprensiva, le consiglia una psicologa e ansiolitici.
Se la mamma Iulia si rivolge a santi e fondi di caffè, gli amici di Hector hanno creato da soli il loro linguaggio.
Modi di comunicare che dovrebbero sembrare spontanei ed impercettibili ma che sono invece pianificati fino all’ultimo dettaglio.
Per baciare una ragazza la inviti fuori a cercare un maglione; se ti devi sdraiare affianco al tuo amico fallo testa – piedi sennò potrebbe baciarti; vai tu a dire al ragazzo che mi piace se vuole mettersi con me.
E’ tutto un sistema di regole ed interazioni che i nostri eroi prepubescenti applicano, testandone costantemente i confini, sperimentando.
I topos con cui si decide di rappresentare questo passaggio all’età adulta sono significativi: il viaggio, il primo bacio, la vulnerabilità fisica, il rapporto con i pari.
La curiosa rappresentazione degli adulti
Il papà, che appare a Hector in sogno, ma che non gli risponde e che gli fa capire che è il momento di sbrogliarsela da solo, di prendere iniziativa e crescere.
I momenti in cui Hector pensa alla sua famiglia sembrano allora caratterizzati dall’immersione in qualcosa che appare meno reale ed immediato dei suoi problemi di cuore.
Ne troviamo la conferma sul piano estetico: le scene sono fra le più surreali del corto: risaltano in contrasto con le altre, dove il montaggio è quasi invisibile.
Oltre al sogno sul babbo, contraddistinto tanto da un effetto sfocato evidente – la tecnica bokeh è presente lungo tutto il film – quanto dalla musica del sax.
Quando Hector pensa al suo futuro in California, c’è un primo piano vividissimo della mamma con i suoi enormi occhi neri che mangia il gelato, sorridente.
Dunque le questioni della vita, passata e futura, che sembrerebbero traumatiche e urgenti, in fondo non sono altro che un pensiero lontano, dalla forma inconscia. Tutto nella testa di Hector.
La vera questione è il presente: i due giorni che gli rimangono per viversi la cooperativa, che sia baciando Sofia o trovando la poesia giusta per dichiararsi a Noa.
Impressioni e atmosfera di Les filles et le garçons de mon âge
Questo cortometraggio non ci travolge in emozioni sconquassanti, ma ci lascia una sensazione di nostalgia, ci fa sorridere al pensiero di quell’età in cui tutto è imbarazzante, importantissimo e passeggero allo stesso tempo.
La colonna sonora, la fotografia e la recitazione dei personaggi si sposano con l’atmosfera della narrazione.
Recitazione
Gli attori sono in alcuni casi molto bravi, come in quello della mamma di Hector, Iulia, interpretata da Catalina Pop.
O ancora, Sofia (Leevia Elliott- Robinson) e Hector (Izak Hechavarria – Bodreault) sono molto espressivi, seppur i loro personaggi siano maggiormente espressi dalla loro presenza scenica, piuttosto che dalla recitazione.
Riguardo la fotografia, c’è un grande focus sullo sguardo e sulle espressioni facciali tramite primi piani, che fa risaltare i sentimenti interiori dei protagonisti.
Persino quando la performance non è completamente disinvolta – come nel caso del pianto isterico di Noa – si adatta al tono adolescenziale del film. Non sentiamo alcun bisogno di moderazione nell’espressione delle emozioni dei personaggi.
Per essere un cast di giovanissimi, c’è anche una grande abilità degli attori di restare nei loro personaggi e di incarnarli senza esitazione.
Questo cortometraggio funziona perché ci invita a sospendere il giudizio e ci trasporta con sé, anche quando qualcosa potrebbe risultare forse grossolano, puerile.
E’ un’opera da guardare con gli stessi occhi e confusione dei protagonisti.
L’estetica nel cortometraggio
La fotografia segue principalmente uno schema classico e non ci sono particolari tecnicismi, ma è usata con saggezza e ci guida scena per scena, permettendoci di osservare attentamente i dettagli come spettatori onniscienti.
Molto è espresso tramite le luci, i colori soffusi e la costante sfocatura, che ci aiutano a calarci nel sogno bambinesco di Hector, colorato dall’atmosfera estiva.
Nonostante il lasso temporale della storia sia di soli due giorni, veniamo immersi in diversi ambienti della vita dei personaggi.
La scenografia più volte si dimostra pittoresca, abile nel rappresentare i curiosi spazi della comune.
Nulla in questo corto è eccessivo o sovraccarico, ma la suggestione è tale che ci sembra che i fatti stiano accadendo proprio davanti a noi.
La semplicità è quindi un’arma vincente per Les Filles et les garçons de mon âge.
Molto ci viene solo accennato: non sappiamo ad esempio cosa succeda fra Hector e Noa dopo il bigliettino, li vediamo solo passare del tempo insieme, teneramente.
La loro connessione si instaura tramite clichè (tenersi per mano, i fiori fra i capelli), ma questa genuinità, quasi banale, sembra voluta, risultando in un ritratto ideale della fanciullezza.
Prima di entrare in una fase della vita più cruda, adulta, fisica, il loro modo di stare assieme è godersi l’essere ancora bambini.
La colonna sonora
E’ degna di nota la canzone Tatuata Dentro dei Bari Jungle Brothers con cui vengono introdotti i titoli di coda.
Dopo venti minuti immersivi dove la lingua dominante è il francese, questa musica ci scuote totalmente, risvegliandoci e formulando in maniera diversa e diretta le emozioni di Hector.
Per il resto, il cortometraggio è accompagnato principalmente da musiche strumentali, adatte alla scena del momento.
La fine del corto ci lascia incuriositi: vogliamo sapere di più, vedere l’adolescenza di questi personaggi svilupparsi, vogliamo crescere con loro.
Due momenti in cui la colonna sonora è diegetica sono particolarmente significativi: il primo, quando la musica alla curiosa festicciola della coop, scena assolutamente incisiva nella costruzione dell’atmosfera.
Il party che vediamo è scarno: con i ragazzi ci sono bambini piccoli e qualche adulto, qualche palloncino qui e lì. Aleggia nell’aria un’angosciante sensazione di squallore, confermata dalle dinamiche relazionali, in particolare fra Amir e Noa.
La canzone che suona in sottofondo, con i suoi bassi rimbombanti, sottolinea alla perfezione ciò che sta succedendo.
La seconda è la sinfonia, profonda e travolgente, che esce dal sassofono del padre di Hector nel suo sogno.
Les Filles et les garçons de mon âge: riflessioni finali
In conclusione, il cortometraggio Les Filles et le garçons de mon âge è godibilissimo e ha più che meritato la sua chance al RIFF.
Fa venire voglia di rivederlo, per andare più a fondo, e, allo stesso tempo, è una piccola perla che si adatta bene alla forma del cortometraggio. Alla fine sembra quasi di averla sognata.
Su certi temi si sarebbe potuto approfondire di più: le dinamiche relazionali tra i giovani, soprattutto per quanto riguarda le aspettative sessuali, che tornano più volte nei rapporti fra i personaggi.
In generale avremmo voluto vedere di più del simpatico ecosistema della coop, conoscere meglio i personaggi, piccoli e grandi.
Ma l’impressione che abbiamo è che l’autoconclusività del corto sia voluta, e l’aspettativa per un futuro immaginato che ci resta non sia da intendersi in senso negativo.
Dove i dettagli più grafici e pesanti sono spesso mostrati con veemenza, Les Filles et le garçons de mon âge si diverte a lasciarci spazio per la fantasia, facendo dell’accenno la tecnica principale della narrazione.