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Approfondimento

Tim Burton: genio anticonformista e poeta gotico dell’immaginazione

Fiabe dark, outsiders, reveries romantiche : benvenuti nel meraviglioso mondo del regista più anticonvenzionale di Hollywood che compie gli anni e che apre la Biennale 81 con 'Beetlejuice Beetlejuice'

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Il regista californiano ha creato un immaginario che rappresenta un unicum nella storia della cinematografia: dagli anni Ottanta sino ad oggi, Burton ha mantenuto intatti la sua poetica e il suo stile inconfondibile, regalandoci opere attraversate da una profonda umanità, una straordinaria potenza visiva e un umorismo sottile, elevando il reale a sogno, e la materia (i pupazzetti di plastilina dei suoi film di animazione) a pura poesia.

I mondi di Tim Burton

Genio, cuore, immaginazione. Tim Burton riporta il cinema alla sua più intima essenza: l’altrove dove i sogni accadono.

Per comprendere il cinema di Tim Burton non si può prescindere dalla sua storia personale. Burton, classe 1958, nasce e cresce a Burbank, un sobborgo di Los Angeles, in cui, segno del destino, risiede la sede storica della Disney. Come lui stesso ha dichiarato più volte, ha un’infanzia solitaria e triste, vive in una famiglia disfunzionale, passa molto tempo a guardare i film di serie B, di mostri della Universal e di Ray Harryhausen.

Il giovane Burton non è il classico belloccio americano, è introverso e poco incline ai rapporti sociali tant’è che il suo gioco preferito è passeggiare nei cimiteri. Il suo migliore amico è Pepe, il suo cane, che ritroviamo sotto varie forme e sembianze in molti dei suoi film.

Tim è molto legato alla dimensione dell’infanzia; tutti i personaggi, le immagini, i mondi di Tim Burton vertono attorno a un unico filo conduttore che è Tim tesso. Il suo cinema è profondamente permeato dal suo sguardo che mantiene intatto lo stupore infantile.

Un cinema riconoscibile sin dai titoli di testa; non a caso, Tim Burton è uno dei pochi autori a essere “diventato un aggettivo”. Questo perché nella sua variegata produzione artistica è possibile rintracciare caratteristiche stilistiche peculiari, un’identità ben definita, una poetica contraddistinta da tematiche e idee ricorrenti, coerenti con il suo pensiero e la sua personalità.

C’è una verità e un’autenticità nel cinema di Burton che ci fa riconoscere all’istante un suo film perché non potrebbe essere di nessun altro. L’aggettivo “burtoniano” indica un mondo, o un sistema di mondi, riconducibili solo all’immaginazione del regista.

Tim Burton è un demiurgo: crea interi mondi e chi ha il privilegio di entrarvi non può che sentirsi a casa.

Gli “outsiders” dal cuore tenero

Il cinema di Burton è contraddistinto da una ricorrenza di tematiche; i suoi personaggi “peculiari”, i sogni cimiteriali, le atmosfere dark e goticheggianti e l’influenza di un certo cinema di cui il regista si è nutrito.

Partiamo dai suoi personaggi, i cosiddetti outsiders: scheletri con fessure a posto degli occhi, bambole di pezza con pezzi assemblati “cuciti male”, creature realizzate in laboratorio da un “mad doctor”, frankestein contemporanei con lame al posto delle mani e un cuore di pastafrolla come Edward Mani di Forbice o dalle sembianze canine. Perché ci riconosciamo nei personaggi di Tim Burton, pur essendo spesso personaggi di fantasia? Perché sono umani.

Tutti i suoi personaggi sono attraversati da un profondo senso di mancanza, di inadeguatezza, da un disagio esistenziale spesso generato da un trauma, da un abbandono. Sono creature “menomate”, anche in senso fisico; basti pensare a Edward che non è stato completato, “non è stato finito” e quindi è destinato ad avere forbici a posto delle mani che gli impedisce di avere un contatto con l’altro.

Identità frammentarie e frantumate che cercano di “aggiustarsi”, antieroi che all’inizio del loro viaggio percepiscono la loro peculiarità come una debolezza per poi rendersi conto che in essa risiede il loro punto di forza che li rende unici e belli, espressione visiva della fragilità dell’esistenza e di un desiderio puro di amore. Ed è proprio l’amore a dare tregua alla morte, tema sempre presenti nei film di Burton, esorcizzata tramite l’ironia e la tenerezza.

Tim Burton crea uno spazio unico, un altrove, una bolla creata dalla sua immaginazione in cui sogno e realtà si incontrano. Il regista permette ai suoi personaggi di riconciliarsi con loro stessi e con l’altro da sé, di trovare la loro dimensione. E ogni volta compie la magia: fa collidere il proprio mondo personale con quello dello spettatore.

Nonostante la sua natura anticonvenzionale, o forse proprio grazie ad essa, Burton è diventato un’icona nell’immaginario cinematografico contemporaneo. Anticonformista, ironico, romantico, i mondi immaginifici del regista di Burbank diventano quasi “un marchio”. Burton è una sorta di Willy Wonka della “fabbrica” cinematografica che prende le distanze dal sistema hollywoodiano. Uno spirito giocoso e irriverente dietro il quale spesso si cela, in maniera neanche troppo velata, una critica alla società americana e alle sue contraddizioni.

@TimBurton

La stop-motion

Tim Burton nasce come illustratore prima che come cineasta; questo lo riconduce a un concetto di cinema come arte magica, una sorta di “bottega delle meraviglie”. Non a caso il termine più utilizzato per definire Burton è “visionario”, questo perché l’elemento fondante del suo cinema è lo sguardo.

Ogni storia, personaggio, ambientazione dei suoi film nasce dapprima come “visione”, una sorta di epifania che il regista “mette su carta” disegnandola. È da un’immagine che parte una storia e non viceversa. Ecco perché Burton spesso trova la sua massima libertà di espressione nei film di animazione.

Burton ama utilizzare la tecnica stop-motion, detta anche “a passo uno”, proprio perché lo riporta a un concetto primitivo di cinema. Utilizzata in  vari suoi film, tra cui due opere di animazione tra le più rappresentative della sua arte, Nightmare Before Christmas (1993) e La Sposa Cadavere (2005), essa consiste nella ripresa di piccoli pupazzetti di plastilina, che spostati di volta, in volta, di pochi millimetri creano l’illusione di movimento.

Quando Tim Burton presenta per la prima volta, nel 1982, alla Walt Disney, il progetto di Nightmare Before Christmas, la nota casa di Topolino storce il naso davanti a una storia che vede come protagonista uno scheletrino filiforme senza occhi, Re di Halloweentown.

Burton riesce a realizzare il film solo dieci anni più tardi, dopo il successo planetario del primo vero cinecomic Batman (1989) , affidando la regia al suo fidato collaboratore Henry Selick, poiché ai tempi era impegnato sul set di Batman Returns (1992), sequel del fortunatissimo film sull’eroe mascherato della DC Comics. Nightmare Before Christmas è un film che ha fatto la storia del cinema di animazione.

 

Gli alter ego, le maschere e le dark lady

Tim Burton ha creato dei personaggi che attingono a piene mani al suo vissuto, conferendo loro una dimensione umana ricca di sfaccettature, di luce e ombra. Una serie di alter ego prendono vita nelle sue pellicole: Edward Mani di Forbice, personaggio dell’omonimo film, forse il più personale del cineasta che segna il sodalizio artistico con il suo attore feticcio Johnny Depp; Edward Bloom, “l’uomo che diventa le sue storie” in Big Fish (2003) con Ewan McGregor e Albert Finney; il bravo bambino dai sogni macabri in Vincent (1982); il piccolo “mad doctor” Victor Frankestein che riporta in vita il suo cagnolino defunto in Frankenweenie (2012), il “Re di Halloween” Jack Skellington in Nightmare Before Christmas.

E poi le sue maschere: Beetlejuice (1988) e Batman (1989) entrambi interpretati da Michael Keaton, l’istrionico Joker pop di Jack Nicholson in Batman, l’inquietante pinguino di Danny DeVito in Batman Returns, per citarne alcuni.

In questo carosello di personaggi si inseriscono anche le sue indimenticabili dark lady, il suo amore di gioventù Lisa Marie, Helena Bonham Carter ex compagna storica, con cui ha avuto due figli, le anticonvenzionali Winona Ryder e Christina Ricci, l’iconica Catwoman, Michelle Pfeiffer, l’ammaliante Eva Green e, non ultima, la star in ascesa Jenna Ortega, protagonista della serie di successo targata Netflix, Mercoledì e del sequel di Beetlejuice di prossima uscita.

Per Tim il set è una vera e propria famiglia che comprende non solo con gli attori che meglio incarnano la sua poetica ma anche fidati collaboratori, come Danny Elfman, storico compositore musicale dei suoi film, la sceneggiatrice Caroline Thompson, la costumista Colleen Atwood, il producer Derek Frey, la fotografa di scena Leah Gallo.

Gli ultimi progetti

Michael Keaton in una scena di Betlejuice Bettlejuice

Tim Burton è anche protagonista di una sua mostra personale che ha fatto il giro del mondo e che è approdata, di recente, anche in Italia, a Torino presso la Mole Antonelliana. Disegni, fotografie, bozzetti, schizzi estemporanei, note di sceneggiatura, lettere: la mostra The World of Tim Burton , curata da Jenny He, ci svela l’anima più profonda del regista, e che raccoglie i suoi lavori, dal suo esordio ad oggi, ripercorrendo una carriera che si nutre di vita e di sogni, di storie e emozioni. Un po’ come il protagonista del suo film capolavoro Big Fish.

Al cinema, attesissimo dal 5 Settembre il sequel di Beetlejuice Beetlejuice che apre Venezia 81 , ben 35 anni dopo il primo capitolo. Ad aggiungersi al cast che vede in prima linea Michael Keaton, Winona Ryder e Catherine O’Hara, la nuova musa burtoniana Jenna Ortega, Justin TherouxWillem Dafoe e la “nostra” Monica Bellucci, nuova compagna del regista, negli inediti panni di Delores, moglie del protagonista. La prima del film è prevista per il prossimo 6 settembre. Bisognerà, invece, aspettare il 2025 per la seconda stagione di Mercoledì, attualmente in fase di riprese.

Tra le tante novità “burtoniane” c’è anche un documentario dedicato al regista, diretto da Tara Wood, presentato in anteprima al Tribeca Film Festival di New York,  e che vede la partecipazione di molti degli “outsiders” del suo cinema quali Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Winona Ryder, Michael Keaton, Jenna Ortega, Danny Elfman, Danny DeVito, Christoph Waltz, Mia Wasikowska.

Biennale Cinema 2024 | Beetlejuice Beetlejuice di Tim Burton è il film d’apertura dell’81. Mostra (labiennale.org)