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‘Paradiso, XXXI, 108’: risemantizzazione delle immagini di guerra

Il cortometraggio di Aljafari, atteso all'UnArchive Found Footage Fest, è un breve gioiellino semantico e usa il repertorio propagandistico per l'analisi del contesto bellico

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Paradiso, XXXI, 108 è un cortometraggio dell’artista palestinese Kamal Aljafari, presentato a Locarno 75 e ora atteso il 2 giugno in occasione dell’UnArchive Found Footage Fest a Roma.

L’autore ha selezionato una serie di immagini provenienti dai repertori propagandistici dell’esercito israeliano degli anni Sessanta e Settanta. Sono sequenze senza atti particolarmente violenti o visivamente troppo shockanti. Risultano anzi semplici nel loro descrivere una quotidianità ben precisa: quella di coloro che vivono il conflitto bellico. Paradiso, XXXI, 108 mostra più che altro carri armati in un immenso deserto, soldati intenti nelle loro mansioni di routine, qualche lontana esplosione. Il tutto, servendosi di una non-narratività, esperimenti di color grading (alcuni colori, il rosa e il blu in particolare, vengono fintamente accentuati) e brani musicali tra loro molto diversi.

Kamal Aljafari, in questo cortometraggio che torna sullo schermo in occasione dell’UnArchive, ha decostruito e risemantizzato immagini, affinché decadesse l’aura elogiativa che le circondava alla nascita e le ripropone con un titolo che rimanda all’eterea terza cantica dantesca. Ma il contenuto e il tessuto emotivo sono ben poco celestiali.

Non più immagini di lodevole propaganda: Paradiso, XXXI, 108 le trasforma in una valida e silenziosa critica sociale. È quindi in primis una riflessione sul dispositivo filmico e i suoi effetti.

Paradiso, XXXI, 108 e la guerra per gioco

Le prime sequenze sembrano quasi proporre in chiave bellica ciò che si fa prima della realizzazione di un film. Vediamo soldati che caricano fucili (con movenze che ricordano l’impostazione di una macchina da presa), inquadrature dai mirini cercando il “fuoco” giusto, appunti su alcuni fogli: è come se si volesse invitare lo spettatore a non prendere troppo sul serio ciò che si sta per guardare. Tutto con Danse Macabre di sottofondo.

Dopo la creazione del “set”, si susseguono inquadrature che ricordano quelle dei vecchi film western, dove c’è gente che scappa, un deserto, tanto fumo, voci in lontananza. Ma questa impostazione, estremamente fittizia, stride con quel che c’è realmente sullo schermo: un perturbante e tangibile “set” di guerra. Eppure, rimane comunque difficile prendere sul serio ciò che sta accadendo: i burattini bellici giocano con dei mini carri armati che si inseguono tra loro e sventolano le bandiere come se fosse la fine di una partita di pallamano. E intanto, gli amici li riprendono con vecchie videocamere.

È solo nella seconda metà del cortometraggio che percepiamo la drammaticità di ciò a cui abbiamo assistito fino a quel momento. Un suono che sembra quello di un lamento, con Isis looks for Osiris a fare da sfondo musicale: Paradiso, XXXI, 108 ci strattona e ci ricorda che abbiamo assistito a immagini di guerra e non a una ricostruzione ludica o filmica.

Non è simulazione: è il mondo reale. E noi, come sempre, non lo abbiamo notato. A confermarlo, gli ultimi minuti del cortometraggio, dove si ode O holy night e dei rumori bar ambience che accompagnano sguardi di giovani in divisa e sorridenti. È la trasposizione filmica del nostro approcciarci a immagini e suoni shock: ci sconvolgono per un breve tempo, ma poi torniamo a essere banali e superficiali spettatori.

Per i nostri occhi piccoli e ciechi, una morale inconclusa

È orrorifica e senza scampo la nostra posizione di spettatori. Paradiso, XXXI, 108, infatti, non condanna solamente chi ha creato quelle immagini e i loro protagonisti, ma anche noi. Come nel romanzo Cecità di José Saramago, dove i personaggi camminano indifferenti e inconsapevoli tra i cadaveri, noi scrutiamo freddamente quelle sequenze di guerra. Ne capiamo la valenza semantica ed etica tempo dopo la visione, perché si sono insinuate nel nostro tessuto emotivo pur avendoci inizialmente schivati. Ma ormai ce ne siamo allontanati, sono inconsistenti, e le rimuoviamo, perché apparentemente non ci riguardano.

Alla fine, il bianco, simile alla cecità lattea che ha colpito i personaggi del libro sopracitato, che si tramuta in grigio per poi convertirsi in un oscuro quadrato nero. Siamo destinati a rimanere ciechi, non c’è lente che possa guarirci, perché le nostre pupille sono imbrattate di indifferenza.

La commedia dantesca è invertita: il racconto di Aljafari ci trascina nell’inferno, dove non c’è luce…

 

 

 

 

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Paradiso, XXXI, 108

  • Anno: 2022
  • Durata: 18'
  • Nazionalita: Palestina, Germania
  • Regia: Kamal Aljafari