A piedi nudi di Jessica Giaconi e Ricardo Villaba, scritto da Elena Costa e prodotto da Antonino Moscat e Angelisa Castronovo per WellSee in co-produzione internazionale con Polarys, in sala da venerdì 24 maggio.
Il documentario ci porta dentro la narrativa strutturata e creativa delle danze crossmediali di Monica Casadei, in tournée con i danzatori, che dopo averla seguita in giro per il mondo, animano i luoghi più suggestivi d’Italia. Malgrado il Covid.

La compagnia Artemis Danza a Rimini
A piedi nudi di Jessica Giaconi e Ricardo Villaba, sinossi
Artemis è una compagnia di danza che esiste da oltre venticinque anni e ha all’attivo oltre Quaranta produzioni. Il cuore pulsante del gruppo è la mente brillante di Monica Casadei, ferrarese di nascita, che inizia il viaggio della compagnia con altri collaboratori e da quel momento non smette più di essere parte delle loro vite.
La compagnia è adesso composta da nuovi ballerini, ugualmente ipnotizzati dallo stile unico della coreografa, e così motivati e dedicati a questa professione da riuscire a sopravvivere in quanto gruppo creativo, alla pandemia.

La compagna Artemis Danza presso la Valle dei Templi
La creazione senza limiti
Il documentario di Giaconi e Villalba, malgrado l’avvio un po’ incerto e forzatamente narrativo, ha nel complesso la capacità di farci immaginare come l’universo creativo e fantastico di Monica Casadei non abbia limiti, a meno che non sia lei a porseli. L’appoggio e il sostegno di tutto il gruppo è fondamentale per garantire a quella realtà di esistere e vibrare con la stessa potenza. E quindi emerge con forza la coesione che esiste dietro al progetto.
È difficile scindere il momento creativo, l’esibizione per il pubblico, dalla performance che dialoga con l’obiettivo. Questo consente una curiosa penetrazione del pubblico dentro e fuori lo schermo durante tutta l’ora di visione di A piedi nudi.
Le creazioni di Monica Casadei e dei danzatori di Artemis sono quello che in passato veniva definito come teatro danza. Una danza che si noterà, vissuta in una chiave interpretativa totalizzante e molto personale. Contemporaneamente, l’inquadratura si prodiga alacremente per racchiudere senza circoscrivere l’estro artistico, che si intuisce prolungarsi in tutte le direzioni. Nello spazio inusuale di questi palcoscenici atipici, nel tempo di una elaborazione, di una prova, di una esibizione finale.
Come per qualunque altra arte performativa, il COVID ha segnato un momento di sofferenza e battaglie, e questi danzatori sono i primi che brindano a se stessi e alla loro perseveranza una volta emersi dal periodo di restrizioni.
…un dramma anche emotivo perché è una esigenza la nostra

Costumi di Daniela Usai
Quanto i costumi (di Daniela Usai) sono parte integrante del movimento, tanto l’essenza di Artemis diventa parte integrante delle vite dei ballerini. Che per questo vengono continuamente catturati, fuori e dentro il ruolo, nelle strade e nei momenti di condivisione, nel pieno di una danza. Metafora di un approccio alla vita affascinato e libero.
Un percorso di scoperta di se stessi attraverso la danza
Attraverso le location che prendono vita dallo spirito del tempo (la Valle dei Templi piuttosto che Sant’Apollinare in Classe) e dal potere dei protagonisti a cui gli spettacoli si rifanno (Fellini, Dante, come la Tosca…) l’universo Artemis si schiude rivelandosi nella sua impalpabile solidità.