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Far East Film Festival

Zhang Yimou al FEFF26: “La tecnologia può avanzare, ma nulla sostituisce il sentimento”

Il Far East Film Festival 2024 si è concluso con un evento d'eccezione: la masterclass del grande regista Zhang Yimou, simbolo della Quinta generazione del cinema cinese

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Al Far East Film Festival arriva la Masterclass con Zhang Yimou, uno dei registi più importanti del cinema cinese. L’incontro è stato uno dei più attesi della kermesse, e ha raggiunto un numero significativo tra pubblico in presenza e online su MyMovies.

La masterclass è stata moderata da Peter Loehr, produttore di The Great Wall, e dalla direttrice artistica del FEFF Sabrina Baracetti. Si è ripercorsa la carriera del regista, tra curiosità e lezioni di vita e lavorative, soprattutto per i giovani che vogliono approcciarsi al mondo della regia.

La Masterclass con Zhang Yimou al Far East Film Festival 2024

Ripercorrere una grande carriera

Nel tentativo di comprendere la carriera del regista, l’incontro si è aperto con quesiti riguardo gli inizi. Zhang Yimou lavora nel cinema sin dagli anni ‘80 e, come affermato da lui stesso, per pura fortuna. Alla Beijing Film Academy per studiare direzione della fotografia, Zhang si sente un po’ fuori dal coro perché dieci anni più vecchio degli altri. Di conseguenza studia di nascosto come diventare regista con l’aiuto dei colleghi (di studio e successivamente di lavoro) Chen Kaige e Tian Zhuangzhuang.

Nel 1982 inizia già a lavorare come direttore di fotografia per tre film. Nel percorso verso il mondo della regia, la difficoltà più grande è stato l’approccio creativo. A livello tecnico fila tutto liscio, almeno per quanto possibile date le sue precedenti esperienze. L’addestramento visivo è molto diverso da quello di allora, come conferma, poiché ad oggi tutti possono diventare registi grazie al web e alle nuove tecnologie. Sul set di Yellow Earth di Chen Kaige, in quanto direttore della fotografia, gli viene proposto di recitare in Old Well (1986) dell’amico Wu Tianming. Inizialmente è titubante verso l’offerta perché inesperto; poi i suoi colleghi riescono a convincerlo.

Questo debutto attoriale gli è stato di grande aiuto per le sue opere successive, non solo a livello tecnico. Di fatto, gli ha dato un enorme coraggio nell’affrontare progetti futuri, nonché una grandissima lezione di solerzia. Questo perché, inadatto al ruolo, ha dovuto lavorare sodo per immergersi nel personaggio. Mentre dirige Sorgo Rosso, la sua prima vera opera, ha scoperto di aver vinto un premio. Durante una delle solite riprese notturne del film Zhang Yimou infatti viene a sapere di essersi aggiudicato il Golden Rooster Award come Miglior Attore.

Il rapporto con i festival

Zhang Yimou ha enfatizzato l’enorme importanza delle kermesse per i giovani registi, soprattutto stranieri. Quando la Quinta generazione dei registi cinesi era attiva, il loro successo è stato reso possibile proprio attraverso i festival. La sua prima esperienza è stata all’Hong Kong International Film Festival, quand’era direttore della fotografia per Yellow Earth. Questo evento è stato fondamentale, un’occasione di apertura, una nuova prospettiva. “Esistono tanti film nel mondo. Ho cominciato a visitare altri festival e ho notato che, se non ci fosse stata la loro presentazione lì, molti film non sarebbero mai stati guardati“, spiega il regista.

Sono belle piattaforme per farsi conoscere tra noi colleghi e al pubblico. È come se il cinema non potesse far almeno del festival“, aggiunge. Infatti, come sottolineato da Baracetti, è proprio grazie a un festival che ha conosciuto il produttore taiwanese, Chiu Fu-sheng. I due si incontrano a Cannes per la prima volta. Chiu all’epoca aveva lavorato con Hou Hsiao-hsien per A City of Sadness, regista molto apprezzato da Zhang. Inizia così la loro collaborazione, grazie alla quale nascono Lanterne rosse e Vivere. Al tempo, queste situazioni in Cina venivano chiamate, a detta del regista, “coproduzioni” per permettere investimenti da e per l’estero. Le coproduzioni davano molto potere per la valuta estera. Non solo per funding e distribuzione, ma anche per questione tecniche. Il sound per Lanterne Rosse era stato infatti prodotto in Giappone.

Dunque, il festival è uno dei canali principali per presentare il proprio lavoro al mondo. A detta di Zhang, tutto è diverso oggi perché il mondo dei film è molto più commercializzato.

Tuttavia, spesso tanti cinema non è detto che proiettino un film, soprattutto per quelli nuovi perché non guadagna al botteghino. C’è il capitale dietro alla produzione, e a decidere la dinamica non è il regista. Quindi resta il mondo festival che permette ai giovani registi di far vedere i film. Perché quando ancora non hanno valore commerciale, il loro talento e la loro passione non bastano. Esprimere la capacità di storytelling è possibile grazie ai festival.”

Un mondo che cambia, un cinema che si trasforma

Il ruolo della tecnologia

Parlando della sua carriera, è stato impossibile non affrontare il discorso del cambiamento. Negli anni, infatti, il cinema ha continuato a trasformarsi di pari passo con il mondo stesso. Altrettanto inevitabile è stato toccare l’argomento dell’intelligenza artificiale. Non solo, ma anche di quanto Internet e le nuove tecnologie influenzino le nuove produzioni e le nuove storie. Nell’epoca del web, il cinema è un’esperienza multimediale. Inoltre, è oramai un mondo accessibile a tutti, il che è un grande traguardo secondo Zhang. “Tutti possono fare regia oggi nel mondo di Internet, per corti o lungometraggi, anche cambiando ritmo o narrazione. A livello tecnologico c’è una bassa barriera di ingresso, ma tanti giovani fanno cose belle, profonde e di alta qualità.”

Molto apprezzati sono i temi e i pensieri espressi dai giovani, secondo il regista vitali e ampi. Ciò che risulta pericoloso è il coinvolgimento dell’intelligenza artificiale, che potrebbe rischiare di ridurre i lavoratori della troupe di un film. Tuttavia, questa situazione non gli risulta scoraggiante.

“La cosa più importante è chiedersi del sentimento. Anche se ci sono IA o altre tecnologie a gestire le storie tecnicamente parlando, […] ciò che ti tocca alla fine è il sentimento. Quando scrivo una sceneggiatura, […] guardo, leggo. Ci sono tante possibilità di scelta. Ma alla fine non è che si scelga, perché cos’è una bella storia? Ciò che mi tocca il cuore per un attimo, anche se non so per quale ragione. [..] Che cos’è che ti tocca? Cos’è che ti commuove? [..] Questa è la cosa più preziosa. Solo l’uomo ce l’ha. Le macchine possono avanzare, il futuro sarà magari di sei-sette persone, tutto il resto è tecnologico. Tutto sarà molto semplice con un comando. Ma non possiamo mai sostituire ciò che ti muove in quell’istante, ciò che ti tocca il cuore. La cosa più difficile da toccare e da comprendere, che cambia col tempo. […] Il sentimento e la condivisione con la gente sono la cosa più importante. Cosa è eterno e durerà per sempre, a cui tieni? È questo. [..] L’emozione è la nostra forza di partenza e non possono cambiarla.

Scoprire nuovi talenti e lavorare con grandi celebrità

Il regista è noto soprattutto per la scoperta di moltissimi talenti attoriali, tra cui Jiang Wen e Gong Li. Ma quali sono secondo lui gli elementi fondamentali per scegliere il volto perfetto per un ruolo? Come affermato durante la masterclass, in Cina ciò che interessa di più è lo charme. Non c’è un segreto specifico, soprattutto perché chiunque può diventare attore. L’attore è uno che è capace di portare certe emozioni e non tutti ne sono capaci. È fondamentale per Zhang addestrare la sua troupe per scoprire le persone più adatte, sia online che offline.

Data l’esperienza di Zhang Yimou nella direzione della fotografia, riprendere gli attori risulta il metodo più efficace. “Chi è l’uno su mille? Qualcuno che ti prenda […]. Che ha la faccia da grande schermo. Questo per me è lo standard. Una faccia da cinema com’è fatta? Non lo so, forse è una faccia che una volta ripresa spacca. Affascinante e particolare. Bella non solo nei canoni ma con un qualcosa di particolare ed attraente.” Per il resto si possono fare prove continue. Riprendendoli continuamente, il regista riesce a valutarli, a seconda della recitazione, della voce, e non solo. Conclude affermando che: “Riuscire a sviscerare il tuo cuore e vedere cosa c’è dentro senza imbarazzo, amo quando vedo cosa c’è dentro. Non tutti possono farlo. […] Devi avere pazienza e dare tempo per trovarli.

Non solo cinema: l’approccio con l’estero

Durante l’evento si è ripercorso anche il rapporto con l’estero. Zhang Yimou è noto anche per aver collaborato con molti attori stranieri, tra cui Ken Takamura e Matt Damon. Queste collaborazioni risultano utili per gli investimenti e la produzione, perché le star sono una tutela al botteghino, non solo il nome ma per il grande talento. A riguardo, aggiunge: “Nonostante la fotografia e tecnica, nel cinema l’attore è la prima forza produttiva. Se lui non è bravo il film non funziona, non regge. Non è la bellezza dell’immagine il focus principale, ma il personaggio.” Per questioni linguistiche, collaborare è comunque un’impresa, soprattutto se, come nel caso di Zhang, non si parlano altre lingue, si segue ciò che è scritto nella sceneggiatura, la si controlla per stare al passo.

Ma l’approccio all’estero non si è limitato alla collaborazione con grandi star del cinema. Zhang Yimou è stato il direttore artistico di grandissimi eventi e opere liriche: tra questi, Turandot e la cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici di Pechino. C’è una grande differenza nell’approccio creativo quando si passa da un settore all’altro, ma le difficoltà più grandi sono state in realtà le abitudini e le leggi occidentali. L’esperienza è stata comunque molto divertente, soprattutto in Italia per la direzione di opere liriche. Il regista non era al corrente delle leggi sindacali, tra cui quelle che regolamentano le pause. In Cina, a detta sua, “si lavora finché non si finisce”.

Anche richiedere a un cantante lirico di salire su un gradino più alto è risultato difficile per le misure di sicurezza. Questa situazione si è ripetuta durante i lavori per The Great Wall, stavolta per tutela degli animali. Infatti non si poteva far correre i cavalli in certi luoghi per la presenza di buche. Infine, aggiunge: “In Cina c’è l’arte al primo posto, c’è bisogno di sacrificio. È un pensiero diversissimo rispetto all’Occidente, che non c’entra con l’ arte ma con il sistema e la società.

Il cinema è un ponte

Nella spiegazione di queste differenze, Zhang Yimou ha introdotto un argomento molto interessante. Secondo l’autore, infatti, bisogna dialogare tra etnie e popoli diversi. “Tutto è diverso, questi piccoli dettagli che ho citato dimostrano che diamo per scontato certe cose in maniera automatica. Di fronte all’altro magari è normale. Tra uomo e uomo bisogna avvicinarsi e conoscersi. Spostare il proprio punto di vista.” Zhang continua affermando che: “Il cinema è un ponte che permette di far dialogare mondi diversi, comprendendosi e accettandosi. Si riesce a vedere la bellezza dell’altro e capirlo. Credo di aver scelto bene la mia professione, ovvero questo ponte. Ne è valsa la pena.”

Anche la formazione a volte non è mai abbastanza, perché nulla è impossibile se ci si impegna. Molti giovani, secondo il regista, anche se da autodidatta, superano la qualità di certi settori e risultano più bravi dei professionisti. Non ci sono segreti o trucchi. Per il successo bisogna saper resistere, perché molte cose non avvengono come le si immagina, si rischia di fallire. Ma non si deve mollare. La resistenza è una virtù, e cogliere l’occasione quando si presenta è necessario. Il regista conclude: “Perché chiunque vorrebbe il successo, in tutti i settori. Ma non è detto che tu abbia questo destino, ovvero ming in cinese. Bisogna coltivare la passione, attendere, guardare, dare attenzione. Vedrai che verrai ricambiato.”

Il film perfetto non esiste, ma la prima volta è indimenticabile.

È stato difficile per Zhang Yimou rispondere alla domanda: “Qual è il tuo film che apprezzi di più o che ti ha dato più gioia?” Ma, come si suol dire, la prima volta non si scorda mai, perché da lì in poi è un ripetersi, che si abbia successo o meno. Il regista afferma che il lavoro perfetto forse non esiste, e che non dipende sempre tutto dal talento, perché non esiste quello assoluto. Serve  il lavoro costante. Continua:

“Per me i lavori si dividono in gruppi di tre: un terzo dei film è ok, un altro terzo raggiunge la sufficienza e, infine, un terzo non va bene per diversi motivi. Non ho ambizione per dire che ogni opera deve essere perfetta o un grande successo. Voglio continuare a fare film. In Cina diciamo: “Non temiamo la lentezza ma la fermata”, perché ti eserciti sempre in base all’esperienza. L’opera dipende dalla realizzazione della pratica. Non puoi chiuderti in casa, devi metterti all’opera. Impegnarti al 100%. E io mi impegno veramente per ogni film, anche se scarso. Cosa fa sì che sia eccellente? Fortuna. Quando fai le cose tutte giuste, anche la tua squadra e gli attori, questa è fortuna. È una coincidenza difficile”.

Come riafferma l’autore, non esistono talenti puri. Ciò che rimane impresso resta la prima opera e la possibilità che questa sia vincente è un incoraggiamento incredibile. A tal proposito, la masterlcass si è conclusa con delle parole altrettanto significative:

“Quell’incoraggiamento mi ha fatto andare avanti fino ad oggi. Quello che mi è rimasto più impresso è che, una volta finito il film nella sala di Berlino, erano tutti stranieri, […] eppure, applaudivano tutti. Dall’applauso del pubblico si è formata la sicurezza per tutta la vita. Mi sono detto: “Devo resistere”. Quando guardate un film al FEFF ed è la prima volta di un regista, non sapete quanto importante e decisivo sia l’applauso per la sua vita.”

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