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Personaggi

Al Pacino: un talento senza tempo

La vita e la carriera cinematografica di uno degli attori più grandi di tutti i tempi. Al Pacino, nato e cresciuto in mezzo al nulla, sicuro un giorno di poter diventare qualcuno.

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Settantadue tra film e serie televisive all’attivo. Una carriera che perdura senza tregua da oltre cinquantacinque anni. Il 25 aprile 1940 nasceva Al Pacino, un interprete da brivido che ha portato in auge i moderni anti-eroi del nuovo cinema americano. Un tormentato figlio del Bronx, attratto dal pericolo e dalla solitudine, sempre al servizio dell’arte del cinema.

Al Pacino: un’ infanzia troppo veloce

25 aprile 1940, New York. Alfredo James Pacino nasce in un piccolo ospedale di East Harlem, un quartiere del distretto di Manhattan. Figlio di due immigrati che pochi anni prima erano salpati dall’Italia per raggiungere gli Stati Uniti d’America.

Sua madre, Giuseppa Lattieri, era una casalinga originaria di Messina, i genitori erano invece di Corleone (Palermo). Alfio Pacino, il padre, era un venditore porta a porta di polizze assicurative che abbandonò la famiglia due anni dopo la nascita del figlio, e si dedicò all’attività di ristoratore presso la città di Covina, in California. La madre decise così di raggiungere insieme ad Al i nonni materni nel South Bronx, a New York.

Le condizioni economiche della famiglia non erano delle migliori. Lo stipendio della madre e il sostegno dei nonni non erano abbastanza per andare avanti. Per questo motivo, sin da quando era poco più di un bambino, Al dovette darsi da fare con piccoli lavoretti che svolgeva appena finiva la scuola.

“Eravamo poveri, ma ricchi di sentimenti e, alla sera, io salivo sul tetto di casa e guardavo le stelle e sognavo per me, sin da ragazzino, una carriera nel cinema, in teatro”.

Al Pacino in una scena di ‘Does the Tiger Wear a Necktie?’ (1969).

Un adolescente irrequieto

L’ambiente nel quale Al Pacino nacque lo portò a fare presto i conti con la durezza della vita. Nei primi anni ’60 in America la circolazione di droga e alcool aveva raggiunto degli apici storici. All’età di nove anni Pacino già fumava e a tredici aveva già avuto precoci esperienze con alcool e marijuana; tuttavia, non si spinse mai fino alle droghe pesanti. Questo poiché due suoi amici intimi, rispettivamente di 19 e 30 anni, erano morti a seguito di un’overdose. Quest’esperienza segnò profondamente il giovane animo di Al.

Soprannominato Sonny, ma anche  l’ attore per via del suo temperamento, sognava di diventare un giocatore di baseball e non era attratto dagli studi. Ha frequentato la Herman Ridder Junior High School ma, annoiato dalla scuola e desideroso di dedicarsi a tempo pieno alla carriera di attore, decise di interrompere gli studi a diciassette anni. Successivamente, andò a vivere al Greenwich Village e frequentò la High School of Performing Arts, che però lasciò poco dopo.

Per i seguenti dodici anni fece diversi mestieri, dal fattorino all’operaio, fino al traslocatore. Per un breve periodo, all’età di vent’anni, ha vissuto presso dei parenti in Sicilia. Nel 1961 è stato arrestato per porto abusivo d’arma da fuoco; si è   giustificato dicendo che l’arma lo avrebbe aiutato ad immergersi più facilmente nel personaggio che avrebbe dovuto interpretare in un film. L’anno seguente morì sua madre, all’età di 43 anni.

“Per mangiare e mantenere un tetto sopra la mia testa, decisi di vendere ad una donna più anziana di me l’unico bene che potevo offrire: il mio corpo”.

Al Pacino in una scena di ‘Me, Natalie’ (1969).

Le prime esperienze con la recitazione

Al Pacino recitava in alcune commedie nei seminterrati dei sotterranei teatrali di New York e tentò di entrare al prestigiosa Actors Studio, venendo in un primo momento respinto. Nel frattempo, si iscrisse in diverse scuole di recitazione, tra le quali l’Herbert Berghof Studio, dove prese lezioni direttamente dal grande attore e poi amico Charles Laughton.

Durante questo periodo era spesso senza lavoro e casa, costretto a dormire in strada, nei teatri in cui si esibiva o come ospite di amici. Nel frattempo prendeva parte a numerosi spettacoli del Living Theatre in piccolissimi ruoli sottopagati. Questa e altre condizioni lo spinsero verso un costante stato di depressione. Al non si perse d’animo e continuò a resistere, fino a quando nel 1966, all’età di quasi 30 anni, venne finalmente accolto all’Actors Studio da quello che lui steso ha definito il suo più grande maestro, Lee Strasberg.

“Lavorare con Lee Strasberg ti mandava i nervi in pezzi, perchè era un guru per noi attori. Non mi ha mai dato istruzioni né giudicato, era un insegnante nato e voleva essere ricordato prima di tutto come attore”.

La fortuna comincia a girargli bene: vince un premio per la sua interpretazione dell’atto unico Gli Indiani vogliono il Bronx (1966-67), nel quale interpreta un giovane teppista. Successivamente seguito da un prestigioso Tony Award come miglior attore non protagonista per Does the Tiger Wear a Necktie? (1969). Il suo nome comincia ad emergere grazie agli spettacoli Off-Broadway e attraverso il debutto sul piccolo schermo con il serial N.Y.P.D.

Gira il primo film accanto alla moglie del suo maestro Laughton, l’attrice Elsa Lanchester: Me, Natalie (1969). Segue Panico a Needle Park (1971) dove interpretava Bobby Axel, un dipendente dall’ eroina. Entrato a far parte della David Wheeler’s Theatre Company di Boston, recita dal 1972 al 1973, una delle sue piece preferite: il Riccardo III, seguita da testi di Brecht e Mamet.

“Mi sento più vivo in un teatro che in qualunque altro posto, ma quello che faccio in teatro l’ho preso dalla strada”.

Al Pacino e Kitty Winn in una scena di ‘Panico a Niddle Park’ (1971)

Il Padrino: il ruolo di Michael Corleone

Grazie all’interpretazione in Panico a Needle ParkAl Pacino si farà notare dal regista Francis Ford Coppola, il quale in quel periodo era alla ricerca di un attore per il ruolo di Michael Corleone nel suo prossimo colossal. Pacino batté la concorrenza dei più famosi Robert RedfordJack Nicholson e Robert de Niro, grazie anche all’intercessione di Coppola a dispetto dei pareri contrari dei produttori.

Al Pacino è così il figlio di uno dei capi mafiosi più importanti della cosca italo-americana. Michael Corleone vuole prendere le distanze da questa situazione familiare. Parte per la guerra ma, di ritorno, rimane immischiato in una lotta per il potere che lo obbligherà a diventare ciò che ha sempre odiato. Al però era scettico: non si vedeva assolutamente nella parte del giovane mafioso. Accettò solo dietro le insistenze del regista.

“É difficile spiegare nel mondo di oggi chi ero allora e l’effetto fulmine che la pellicola ebbe su di me.”

Nonostante ciò la sua interpretazione, intensa e profonda, gli fece guadagnare una nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista. Boicottò però la cerimonia, offeso per non essere nominato come attore non protagonista, affermando di aver più tempo sullo schermo del co-protagonista e vincitore Marlon Brando.

Clicca qui per leggere la nostra recensione.

Al Pacino in una scena di ‘Il Padrino’ (1972).

Cavalcando l’onda del successo

Negli anni che seguono Al Pacino intraprende una serie di film al fianco di attori e registi famosi, confermando ancora una volta il suo talento inconfondibile. Jerry Schatzberg lo richiamerà per la seconda volta per il film Lo spaventapasseri, vincitore della palma d’oro al Festival di Cannes, all’interno del quale è co-protagonista assieme a Gene Hackman.

“Quando finalmente arrivò il successo ne fui confuso. Non sapevo più chi ero e perciò tentai con la psicanalisi, ma solo per qualche seduta. Il lavoro è sempre stato la mia terapia.”

La sua galleria di personaggi si arricchirà con il ritratto del poliziotto italo-americano e anticonformista di Serpico (1973) di Sidney Lumet, ottenendo la sua seconda candidatura all’Oscar come miglior attore protagonista e la vittoria di un David di Donatello come miglior interprete straniero. Al Pacino si era talmente immedesimato nel personaggio al punto che durante le riprese ha fermato un taxi minacciando di arrestare il conducente per i fumi eccessivi di scarico provenienti dal veicolo.

Nel 1974 Pacino riprende il ruolo di Michael Corleone nel sequel Il padrino – Parte II, ottenendo la sua terza nomination all’Oscar. La sua performance venne definita dalla rivista Newsweek come:

“Probabilmente il più grande ritratto del cinema che porta ad indurire il cuore”.

Nel 1975, Pacino consolida la sua stella con un ulteriore successo con il film Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), basato sulla vera storia del rapinatore John Wojtowicz. Diretto per la seconda volta da Sidney Lumet, Al verrà nominato nuovamente come miglior attore protagonista.

Nei successivi cinque anni Al Pacino si consoliderà come uno dei migliori attori dello star system hollywoodiano, recitando in ruoli differenti e complessi ognuno a suo modo. Incarna il pilota automobilistico Bobby Deerfield in Un attimo, una vita (1977), diretto da Sydney Pollack. Segue due anni dopo …e giustizia per tutti (quarta nomination come “miglior attore protagonista”), Cruising (1980) di William Friedkin, interpretando un poliziotto infiltrato negli ambienti gay di New York.

Crollo momentaneo e Scarface

Scelte errate e una serie di problemi personali, tra cui l’eccessivo uso di alcol e droghe e la protezione maniacale della sua privacy, portarono Al Pacino sull’orlo di una crisi. Papà, sei una frana (1982) era stato un insuccesso di critica e pubblico.

Riesce a ritrovare in parte se stesso nella realizzazzione di Scarface (1983) di Brian de Palma. Il ruolo del trafficante di droga Tony Montana, interessante ma a tratti monocorde, viene inizialmente criticato a causa dell’eccessiva violenza che traspare nella pellicola. Il tempo e una riesamina dell’opera ha fatto di Scarface uno dei cult perfetti per gli amanti dei gangster movie.

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Dopo due anni di pausa, Pacino recitò in Revolution (1985) dove interpretò un cacciatore durante la Guerra d’indipendenza americana. Fu però un fallimento sia di critica sia di pubblico, facendo sì che l’attore si ritirasse dalle scene per ben quattro anni. Durante questo periodo ritornò a calcare i palchi teatrali rappresentando diverse opere shakespeariane.

Al Pacino in una scena di ‘Scarface’ (1982).

Risalita e consacrazione

Il suo ritorno sullo schermo coincide con l’uscita di Seduzione pericolosa (1989)  nel ruolo di un astuto detective. Con Dick Tracy (1980) diretto da Warren Beatty, incarnando il personaggio di Alphonse “Big Boy” Caprice, ottiene la candidatura come “miglior attore non protagonista”, ben diciassette anni dopo ‘Il Padrino’. Sarà proprio nello stesso anno che ritornerà a interpretare il ruolo di Michael Corleone nel terzo capitolo della saga, il quale però ottiene meno successo rispetto ai precedenti.

Il miracolo avviene quando partecipa al remake di Profumo di donna di Dino Risi, re-intitolato Scent of a Woman (1992) di Martin Brest, nel ruolo che fu di Vittorio Gassman. Parallelamente conclude anche Americani (1992) di James Foley, in un ruolo secondario accanto a Jack Lemmon. Quell’anno l’Academy lo consacra facendogli vincere l’Oscar come “miglior attore protagonista” per Scent of a Woman, connotato anche da un Golden Globe nella stessa categoria.

In Carlito’s Way (1993) Pacino dà il meglio di se stesso, dovendo interpretare  l’ex narcotrafficante Carlito Brigante. La sua performance e i recenti successi riconfermano Al come uno degli interpreti più importanti della cinematografia moderna. Sembra che anche la vita privata abbia un momento felice con la relazione con Beverly d’Angelo che gli darà due gemelli, Anton e Olivia, nel 2001. Nel 1994 gli viene assegnato il Leone d’oro alla carriera.

Al Pacino e Chris O’Donnell in una scena di ‘Scent of a Woman’ (1992).

Heat e l’avventura come regista

Nel 1995 esce nelle sale Heat – La sfida, un cult movie scritto e diretto da Michael Mann. Questo è il secondo film realizzato dalla coppia Pacino – De Niro (Il Padrino – Parte II), al quale seguiranno altre due collaborazioni insieme (Sfida senza regole e The Irishman). Il primo interpreta il poliziotto Vincent, il secondo il bandito Neil, amici e rivali di vecchia data.

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Il successo della pellicola spinge Al Pacino a tentare strade nuove, in questo caso quella della regia cinematografica. Il suo esordio avviene con Riccardo III – Un uomo, un re (1996), un progetto che aveva in mente fin dagli anni ’70 e che ha diretto mescolando l’inchiesta giornalistica, la ricostruzione meta-cinematografica e la fiction. Sarà solo con Chinese Coffee (2000) e Wilde Salomé (2011) che Pacino tornerà a ricoprire questo ruolo.

“Ho lavorato con molti grandi registi e ho capito che esiste un livello di perfezione cinematografica che non potrò mai raggiungere. Quindi non mi preoccupo nemmeno. Mi piace dedicarmi alla regia da dilettante. Non sento alcun tipo di pressione”.

Verso la fine degli anni ’90 prende parte con ruoli secondari in progetti, molti dei quali apprezzati da critica e pubblico. Il primo e più importante ruolo che ricopre in questa serie di film è quello del gangster Benjamin “Lefty” Ruggiero, co-protagonista e contraltare di Johnny Deep nel noto Donnie Brasco (1997). Seguono L’avvocato del diavolo (1997), Insider – Dietro la verità (1999), seconda collaborazione con il regista Michael Mann e infine Ogni maledetta domenica (1999) di Oliver Stone.

Gli impegni recenti: delusioni e successi

Insignito del Premio Cecil B. DeMille nel 2001, Pacino viene diretto nel 2002 dalle nuove leve di Hollywood: Andrew Niccol, Christopher Nolan e Michael Redford. Escono Insomnia e S1m0ne nel 2002, Il mercante di Venezia nel 2004. Nonostante incassi non all’altezza delle aspettative, l’interpretazione di Pacino viene elogiata dalla critica.

“Ho sempre creduto ai registi che sanno temperare l’ego di noi attori, con alcuni di loro ho avuto splendide esperienze e oggi, se mi capita l’occasione, sono felice di essere chiamato da qualche giovane autore”.

Nel 2005 torna dopo sette anni a teatro con la commedia Orphans. Nello stesso anno recita in Rischio a due, accanto a Matthew McConaughey Rene Russo, mentre nel 2007 è il protagonista dello sfortunato thriller 88 minuti per il quale riceve una candidatura ai Razzie Awards.

Nel 2012 è sugli schermi a sorpresa in un ruolo comico nella commedia Jack e Jill, accanto ad Adam Sandler e Katie Holmes, diretto dal regista Dennis Dugan. Il 2015 è l’anno del film Danny Collins – La canzone della vita di Dan Fogelman. Il film è ispirato dalla storia vera del cantante folk Steve Tilston, all’interno del quale fa una piccola apparizione la figlia Olivia Rose.

Nel 2019 recita nella pellicola di Martin Scorsese The Irishman dove sono presenti anche Robert De Niro e Joe Pesci. Per la sua interpretazione del sindacalista Jimmy Hoffa ottiene la sua nona candidatura ai premi Oscar. Nel 2019 recita nel film di Quentin TarantinoC’era una volta a… Hollywood, sancendo così la prima collaborazione con i due registi. La sua più recente apparizione sul grande schermo è in House of Gucci (2019) di Ridley Scott.

Al Pacino in una scena di ‘The Irishman’ (2019).

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