In soli 21 minuti viene affrontato il disagio giovanile, soprattutto quello femminile che si prova quando si raggiunge la pubertà.
Il cortometraggio canadese Gaby’s hills (Gaby les collines), diretto da Zoé Pelchat vede protagonista un’ottima Lou Thompson. Prodotto da Papillon films e distribuito da h264 è ora in concorso al RIFF: Rome Indipendent Film Festival, giunto alla 22esima edizione. Dedicato a film, documentari e cortometraggi indipendenti provenienti da tutto il mondo, quest’ anno si svolge dal 16 al 24 novembre.
La trama
La tredicenne Gaby arriva alle Isole Magdalen, nella provincia del Québec, per trascorrere l’estate con il padre, come ogni anno. È entusiasta di ritrovare il mare che ama tanto, gli amici d’infanzia, le colline sinuose all’orizzonte e la calda gioia della casa del padre. Ma questa volta c’è qualcosa di diverso: è entrata nella pubertà e la sua vita non sarà più la stessa. Tutte le aspettative di una classica estate gioiosa e spensierata presto svaniscono: l’amico d’infanzia fourmi non vuole più giocare a calcio con lei, i ragazzi cominciano a guardarla in modo diverso e, attratti da lei, le fanno notare quanto è cresciuta. Gaby si troverà quindi costretta ad affrontare un viaggio interiore che la porterà verso l’accettazione del fatto che ormai sta diventando una donna.
Gli elementi
In 21 minuti la regista è in grado di affrontare diverse problematiche che le ragazze, nel loro passaggio da bambine ad adolescenti si trovano ad affrontare. In maniera intelligente vengono mostrati i disagi sociali, fisici, psicologici e parentali con cui la pubertà porta ad avere a che fare.
Più sviluppata per quella che è la sua età Gaby, che si considera ancora una ragazzina, si trova di fronte a diverse ostilità e all’astio degli amici d’infanzia. Capisce che il suo corpo sta cambiando: è più alta, le sue gambe sono più lunghe, i suoi seni sono più grandi. Tutti questi elementi creano in lei un forte imbarazzo, soprattutto di fronte ai ragazzi che ora che è più cresciuta sono fisicamente attratti da lei.
Anche in famiglia le cose cambieranno: il rapporto col padre, ancora infantile, scherzoso e pieno di gioco diventerà più scontroso, mentre per la compagna del padre Gaby inizierà a provare un po’ di simpatia che inizialmente mancava tra di loro.
Lo stesso paesaggio e la natura di quel luogo che le ricorda la gioia infantile sono ora ostili, selvaggi, cupi. Gaby, come accade con il suo corpo, non comprende tutti questi cambiamenti che la circondano e finisce per trovarsi spaesata in un ambiente da sempre accogliente per lei. Soltanto la presa di coscienza e l’accettazione finale di questo mutamento la porteranno ad accettare la nuova situazione in cui si trova.
La recensione
La regista riesce a dosare intelligentemente tutti gli elementi in gioco, mostrando come non soltanto il mutamento fisico incide sulle insicurezze e il senso di smarrimento. Il paesaggio, gli amici, la famiglia, sono tutti elementi che incidono in maniera netta sui sentimenti che prova Gaby; a ribadire che oltre il mutamento genetico spesso anche cosa e chi ti circonda gioca un ruolo fondamentale in ciò che provi.
Dall’inizio del film è chiaro che ci sia qualcosa che non va, ma viene esplicitato poco alla volta come questo sia dovuto alla pubertà. Infatti è ben dosata la spiegazione di ciò che sta succedendo alla protagonista, e il più delle volte queste spiegazioni sono affidate ad immagini molto evocative e simboliche. La scena della doccia mostra come il cambiamento fisico improvviso metta a disagio la protagonista. Il vestito regalatogli dalla compagna del padre invece è come un’accettazione del mondo adulto verso la quale si sta dirigendo Gaby. La festa in spiaggia mostra l’accettazione di ciò che si è, con l’immersione sia reale che simbolica, nel nuovo mondo di cui si sono spalancate le porte.
La scena finale, divertente e riflessiva chiude un cerchio aperto con la collisione del gabbiano contro la protagonista. E’ la presa di coscienza di un cambiamento inevitabile, l’ingresso in un nuovo mondo che inizialmente può spaventare ma in cui c’è molto da scoprire e in cui tutto sommato c’è ancora tempo per essere bambini.
Le parole della regista.
“Con Gaby’s Hills volevo esprimere la disconnessione che la pubertà crea tra la testa e il corpo. Illustrare come questo momento cruciale influenzi le nostre relazioni con gli altri. Navigando tra la donna che sta diventando e ciò che gli altri si aspettano dalla sua femminilità, Gaby cerca di trovare il suo unico e bellissimo modo di esistere come donna in questo mondo”.