L’ultimo film, al momento, diretto e interpretato dall’anziano attore e regista californiano, è ora disponibile sulla piattaforma in streaming Netflix.
Cry Macho – Ritorno a casa. La trama
C’è qualcosa di magico e struggente nell’incipit di Cry Macho – Ritorno a casa. È il 1979, una ballata country e una luce al tramonto accompagnano l’incedere di un furgone Chevrolet lungo una strada di campagna. La macchina da presa si sofferma sul particolare delle mani anziane del guidatore che stringono il cambio. Poi sugli occhi, seminascosti sotto le larghe tese di un cappello da cowboy, riflessi nello specchietto retrovisore, sul portachiavi che tintinna agli scossoni del veicolo e infine, all’arrivo in un ranch dove alcuni cavalli si muovono nel recinto, sulla figura dell’uomo che scende dalla macchina stagliandosi in controluce.
È Mike Milo (Clint Eastwood), una vecchia star del rodeo che viene a farsi dare il benservito dal suo datore di lavoro, Howard Polk (Dwyght Yoakam), che lo considera ormai finito e superato dalle giovani leve.
Mike è un uomo ferito dalla vita. In passato ha perso in un incidente la moglie e il figlio, cadendo in uno stato di depressione che lo ha portato all’alcolismo, vedendo di conseguenza franare la sua carriera, terminata con un incidente che gli ha procurato un gravissimo infortunio alla schiena. Tuttavia, è lo stesso Polk a rifarsi vivo un anno dopo, chiedendo a Mike di andare a prendere Rafael, detto Rafo (Eduardo Minett), il figlio tredicenne che vive a Città del Messico con la madre Leta (Fernanda Urrejola), una donna che gestisce un night e a cui del figlio poco importa.
Dapprima titubante, Mike accetta per il debito di riconoscenza che, nonostante tutto, nutre ancora verso Polk e, una volta giunto nella capitale messicana, scopre che Rafo vive per strada, in ambienti criminali, partecipando a combattimenti fra galli con il suo Macho dal piumaggio e dalla cresta rossastri.
Convinto il ragazzo a seguirlo negli States, i due fuggono inseguiti da Aurelio (Horacio Garcia-Rojas), lo scagnozzo di Leta che spesso maltratta il ragazzo. Inizia così per Mike, Rafo e il gallo Macho, indiscusso protagonista al pari degli altri due, un viaggio verso il confine non scevro da pericoli e incidenti. Che trova pace nel momento in cui i due finiscono in un paesino disperso nelle campagne messicane, ospitati presso una locanda gestita da Marta (Natalia Traven), una vedova con quattro nipotine che, ben presto, inizia a sentirsi attratta, ricambiata, dai modi gentili del vecchio Mike, nonostante la difficolta imposta dalla lingua: la donna parla solo spagnolo, mentre Mike deve farsi tradurre tutto da Rafo.
Un “on the road” di formazione che segna il passaggio dall’ adolescenza all’età adulta
Scritto da Nick Schenk, Cry Macho è tratto dal romanzo omonimo di N. Richard Nash, nato dall’dea originaria di farne la sceneggiatura, poi abortita, di un film e, pur non raggiungendo le vette delle opere migliori di Clint Eastwood, questa sua ultima fatica si ricollega necessariamente ad alcune di esse.
Ritorna, infatti, quella figura tanto amata da Eastwood che assume una funzione sostituiva della figura paterna e di guida già vista in Million Dollar Babye Gran Torino. Come ne I ponti di Madison County c’è una storia d’amore improvvisa e fulminante fra un uomo e una donna, entrambi diversamente soli. E, come spesso nelle ultime opere del regista californiano, siamo di fronte alla demitizzazione dell’eroe eastwoodiano che riesce a prendere in giro il personaggio costruito negli anni.
Cry Macho – Ritorno a casa è quindi un film di formazione. Un “on the road” in cui l’adulto accompagna il ragazzino al di là del confine, inteso come linea geografica ma anche, e soprattutto, come demarcazione netta che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Così Mike Milo, intuendo ciò di cui ha realmente bisogno Rafo e disattendendo gli accordi presi con il padre, si prende tutto il tempo necessario per aiutarlo a crescere ed essere così pronto ad affrontare la sua nuova vita.
Nello stesso tempo, anche il vecchio diventa in grado di rompere la corazza che lo protegge e lo imprigiona, aprendosi al mondo, sia nei confronti di Rafo, sia nell’affetto via via crescente verso Marta, che sublimerà in un ballo tenero e appassionato al ritmo languido di una canzone melodica messicana.
Così, in un luogo sospeso nel tempo e nello spazio come è quello del villaggio in cui i due soggiornano accuditi amorevolmente da Marta, il loro rapporto cresce, si fa più stretto, superando le reciproche diffidenze iniziali. Mike diventa, quindi, una sorta di mentore che accoglie il ragazzo sotto la sua ala protettiva e lo guida. Gli insegna ad andare a cavallo per prepararlo alla vita che lo attende nel ranch paterno, inculcandogli soprattutto quei valori di rispetto e umiltà fino ad allora ignoti a Rafo, cresciuto senza un vero punto di riferimento.
Il machismo: solo una storia molto sopravvalutata
Emblematici sono i discorsi sul machismo in cui Rafo si identifica e che attribuisce a se stesso e al suo gallo da combattimento e che Mike liquida in poche battute, definendolo solo “una storia sopravvalutata”. A dimostrazione di ciò il fatto che, nel momento in cui Aurelio, il body guard di Leta, tanto duro quanto ridicolmente limitato di acume, riesce a mettere le mani sui due fuggitivi, sarà il gallo Macho a salvare Mike e Rafo, permettendogli di proseguire la corsa verso la meta e rivelandosi, di fatto, l’unico vero macho, in una ulteriore smitizzazione dell’esaltazione della forza e della mascolinità, vero tema centrale di tutto il film.
Cry Macho – Ritorno a casa è, di fatto, diviso in due parti ben distinte. La prima, va dall’incarico a Mike da parte del padre di Rafo sino al viaggio a Città del Messico per portare via il ragazzo, viene trattata in maniera apparentemente affrettata, e ha l’unico scopo di inquadrare la storia. La seconda, la migliore e più sentita, inizia nel momento in cui i due si mettono in viaggio verso il confine e comprende tutta la parte che si svolge presso la locanda di Marta, diventa il fulcro centrale su cui ruota l’intera vicenda.
Un film che riporta sullo schermo, ancora una volta, Clint Eastwood, e che ricalca gli stilemi di molte delle sue opere precedenti. E che ci permette di riavvicinarci, ancora una volta, a questo vero e proprio monumento del cinema.