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Cannes

Youth (Spring) di Wang Bing: il lavoro giovane e crudele in Cina

Un fluire immersivo, ipnotico: arriva nel Concorso il cinema reale e sociale di Wang Bing.

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Youth (Spring)

Pura osservazione che diventa partecipazione, che imprime inevitabilmente una presa di posizione, in chi guarda. Arriva a Cannes, nel Concorso, Youth (Spring) di Wang Bing, uno dei pochi e autentici interpreti del fare cinema: una meravigliosa, sfiancante, terrificante immersione senza filtri nella giovane realtà rurale del distretto tessile di Zhili.

Primo capitolo di una trilogia, il documentario di Wang Bing comprime in 3 ore e mezza abbondanti, cinque anni di riprese concentrate sulle giovani vite che dalle zone rurali emigrano per dedicarsi anima e corpo alla produzione di abiti per bambini. Zhili, a 150 km da Pechino, vanta oltre 180mila piccoli laboratori di un prodotto per lo più ad uso interno, ma che viene anche in parte esportato.

Camera a mano, in Youth (Spring) l’occhio si fa spazio, si ferma, aderisce ai 30ennni, 20enni, ma anche più giovani che popolano scheletrici casermoni di cemento, vivendo e lavorando nello squallore più assoluto. Il suono rapidissimo, traumatico, incessante, delle macchine da cucire suggella il ritmo di una produzione senza sosta. Mani velocissime, movimenti automatici, fatica assimilata dal corpo, dall’anima. Pezzi di stoffa si accumulano uno sull’altro: assemblaggi, cuciture. Giorno dopo giorno. L’ambiente invaso dagli scarti ammassati, ovunque. Ci si cammina a fianco, circondati, sommersi.

La giovinezza nonostante tutto

Il mondo dei ragazzi che attraversiamo si consuma ed esaurisce unicamente in spazi claustrofobici, in condizioni igieniche intollerabili. Dormitori fatiscenti, sporcizia che regna sovrana, sia dentro che fuori. L’urbanizzazione è all’altezza dei suoi interni, non si nasconde per ciò che manifesta.

Ma la luce della giovinezza è talmente potente che non può morire. I protagonisti di Youth (Spring) scherzano, filtrano tra loro, gestiscono gravidanze in arrivo, chattano al telefono, si organizzano una cena al ristorante del capo, ordinano dal delivery vestiti che probabilmente sono il prodotto di fabbrichette vicine. Si battono con non troppa convinzione contro prezzi al pezzo, fissati al massimo del ribasso. Pagati a cottimo, per somme che oscillano da pochi centesimi ad un euro.

Il socialismo è un fantasma che vaga nella miseria, nell’abbandono di spazi urbani, in vite adattatesi ad un cambiamento in cui sono nate, dal quale non possono uscire se non sognando, progettando. Continuando a cucire ininterrottamente, al ritmo della musica.

Wang Bing non ci dà tregua: la macchina da presa, essa stessa essere vivente nel mondo che esplora, diventa uno dei ragazzi che lo abitano. Loro la guardano, sembrano parlarle, ma fuori campo avvertiamo una presenza fisica che appare per negare l’immedesimazione totale. Il regista lascia a noi quello spazio mancante in cui infilarsi, toccare, percepire quella primavera negata al futuro della Cina.

Un premio a Youth (Spring) non può mancare.

Man in Black

La presenza del regista a Cannes si arricchisce anche di una proiezione speciale: Man in Black, dedicata ad uno compositori cinesi più importanti e controversi: Wang Xilin, esiliato in Germania. Girato in tre giorni al Théâtre des Bouffes du Nord di Parigi, condensa opera lirica, teatro e cinema.

 

 

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Youth (Spring)

  • Anno: 2023
  • Durata: 212
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Cina
  • Regia: Wang Bing