Un novero consistente di B-movie gode di onorevole reputazione e certificate sono le potenziali virtù stilistiche ispirate dai dettami di un budget ridotto e senza le interferenze delle grandi e piccole major; il patrimonio britannico vanta poi in letteratura solidi esempi che costituiscono un filone già esaminato dagli esperti, un mondo sommerso da scoperchiare al grande pubblico, con menzione particolare al genere thriller, da The Third Alibi a Tomorrow at Ten, da The Ghost Camera a The Heart Within. Ma La camera blindata (Strongroom, 1962) di Vernon Sewell possiede un quid sovrastante: la trasparenza dei classici, che il Cinema Ritrovato 2025 di Bologna ha rilanciato con onore nella rassegna Ritrovati e restaurati.
Anatomia di una carriera anomala
Alta tensione a camera chiusa durante una rapina in banca, pochi personaggi in ambienti spogli, un costo complessivo di appena 17 mila sterline, una regia implacabile e mai superflua da parte di un filmmaker dedito ai B-movie per autentica e inusitata vocazione, nonostante gli esordi promettenti nel cinema di serie A, con tanto di finanziamenti da parte di Powell e Pressburger per il primo film, La flotta d’argento.
Rileggere oggi il suo percorso significa imbattersi in opere di pregevole rifinitura come L’amante della morte (1946) e The Ghosts of Berkeley Square (1947), in titoli appunto ‘minori’ lungo i due decenni successivi (a capofitto tra generi disparati, tra cui l’horror e la sexploitation), in due pellicole di riscatto come The Man in the Back Seat e, appunto, La camera blindata, entrambi thriller serrati manovrati da un cupo destino, tra le sfumature più congeniali a Sewell.
Dopo decenni di parziale oblio (l’ultimo film è datato 1972, I mercanti di carne umana) e la scomparsa del regista nel 2001 a 98 anni, ecco un inaspettato e necessario riconoscimento post mortem, quanto mai glorioso: in un episodio di The Empire Film Podcast Quentin Tarantino ed Edgar Wright hanno lodato pubblicamente La camera blindata, per cui poco dopo ha espresso ammirazione anche Martin Scorsese, in uno scambio appassionato di liste e selezioni tra cinefili d’élite, nonché mentori per gli appassionati di tutto il mondo.
L’estetica della sottrazione
Diretto e secco come una fucilata; se non fosse che qui l’arma è una famigerata camera blindata a volume d’aria limitato, dove vengono rinchiusi un direttore di banca e la sua segretaria durante una rapina ad opera di tre uomini. Un colpo calcolato male dai delinquenti e reso ancor più complicato quando le due vittime rischiano di morire asfissiate in poche ore; si tenterà di salvarli contro tutti gli imprevisti che si concatenano in avversità ad orologeria.
Non un’inquadratura superflua, non una stonatura nella logica di montaggio, una scrittura essenziale e affilata, distillata in colpi di scena mai gratuiti fino a un finale da primo piano in macchina a occhi sgranati. Dietro però una regia tersa nella sua studiata progettualità, aleggia in La camera blindata l’impalpabile alone irrazionale di un fato bieco e imperscrutabile, un’Ananke greca che non perdona, cieca alla sorte degli ignari e degli innocenti.
Una modernità in controluce
Una corsa contro il tempo in cui Vernon Sewell fa trasparire una nota umana e amarissima di ravvedimento esistenziale della propria vita e delle futilità che la ingabbiano, delle possibilità sprecate e della labilità ai confini della morte, silenziosa e incombente in ogni frazione di scarto. In sottofondo risuona l’eco di una società, quella britannica del secondo dopoguerra e già inoltrata nei favolosi anni Sessanta, ma qui ingrigita da un appiattimento quotidiano di solitudine e sogni radi.
Nessuna pretesa di spaccato d’epoca però, ridotta la concessione alle psicologie dei personaggi (interpretati da attori misurati ma funzionali al dramma), nel merito della regia di filtrare le ombre dei protagonisti nella solidità d’azione di un ingranaggio inesorabile come la realtà può essere, dove un carrello in avanti o la sospensione su un primo piano possono puntellare la trasparenza di stile di emozioni sotterranee oltre la suspense. Un saggio di intrattenimento scattante, prosciugato, torbido e sobriamente introspettivo, in cui gli autori di Le iene, The Departed e Baby Driver hanno ravvisato le radici espressive del loro grande cinema.