Non smettiamo di credere in noi stessi e nel nostro diritto di affermarci. Cèline Sciamma incide il suo pensiero nei volti dei protagonisti delle sue storie, negando ogni compromesso
Cèline Sciamma è una regista e sceneggiatrice francese che, a quasi 45 anni, ha al suo attivo già un numero rilevante di importanti prove cinematografiche. Dal suo primo lavoro di lungometraggio, Naissances des pieuvres, datato 2007 e in concorso al Festival di Cannes, ne seguiranno altri quattro di assoluto interesse e valore. Tomboy nel 2011, Diamante nero (Bande de filles) nel 2014, Ritratto della giovane in fiamme ( Portrait de la jeune fille en feu), premio per la miglior sceneggiatura nel Festival di Cannes del 2019 e infine PetiteMaman nel 2021. Un segno importante lo lascia anche nei lungometraggi per i quali scrive solo la sceneggiatura. Dal recente Parigi, 13 Arr. (2021) ai precedenti Lamia vita da zucchina, (2016), Quando hai 17 anni, (2016), Your Tiger, (2014), Ivory Tower, (2010) e la collaborazione in Le vent tournedel 2018.
Céline Sciamma, la delicata semplicità del cinema
Céline Sciamma attraversa le stagioni dell’uomo e le interpreta nella loro disarmante semplicità, abiurando gli artifici conformistici, i substrati interpretativi e le complessità elaborate del pensiero. Non cerca di tradurre i sentimenti, li trascrive con la volontà di mostrarli nella loro integrità, nella maniera più diretta e naturale possibile. Inghiottiti dagli abissi del tempo e dello spazio, essi resistono e fondono nel ricordo dell’altro la capacità di rendere indelebile quello che è stato, disposti ad affrontare il mistero di quello che sarà. È un condensato di piccoli stravolgimenti che forgia gli stati d’animo dei personaggi che si muovono davanti alla sua macchina da presa. In Petit Maman e Ritratto della giovane in fiamme il tema si concentra maggiormente, annichilendo ogni gesto che vada oltre il compasso disegnato dalla condizione umana, negando ogni enfasi superflua.
La tenacia in soggettiva
Uno dei tratti distintivi della macchina da presa di Céline Sciamma è sicuramente insito nella sua capacità di trasmettere la determinazione del protagonista, senza bisogno di ricorrere a sotterfugi tecnici o scenici particolari. Le inquadrature, soggettive comprese, operano egregiamente in tal senso. La macchina da presa agisce a scomparsa e ogni sguardo, movimento, dialogo evidenzia la volontà di autoaffermazione del personaggio principale. I ritmi della sua regia sembrano legarsi, con un’alchimia speciale, a un inossidabile equilibrio contestuale. Petit Maman è forse una della sue opere che maggiormente incarna quest’attitudine. Lo sguardo sul mondo della giovanissima protagonista è una raffinata interpretazione della realtà nella sua essenza più vera.
Céline Sciamma: il dettaglio sonoro
Non vi è cinema dell’anima, scavo profondo delle emozioni e dei sentimenti, senza l’attenzione a quelli che sono i suoni e i rumori della quotidianità. Quelli semplici, quelli che, puntualmente, ogni giorno accompagnano i nostri gesti. Non hanno mai una connotazione fine a sé stessa. Sono parte integrante della storia, sono le sottolineature della normalità. Quella stessa normalità, intesa cone libertà d’espressione della propria esistenza, di cui ogni protagonista dei lavori della Sciamma è alla costante ricerca. La sensibilità, appendice ineluttabile di un’esistenza mai doma, si ciba di ogni vibrazione per esternare e approfondire le corde del divenire. L’amore, il dolore, la gioia governano la voce e definiscono le espressioni, padroni di un destino sonoro, vere e proprie matrici della personalità.
Il dolore
I personaggi delle pellicole dirette da Celine Sciamma, e nella maggior parte di quelle da lei sceneggiate, hanno in comune quella che si potrebbe definire l’apparenza della perdita. Il loro cammino è spesso costellato da punti di svolta dolorosi che in qualche modo comportano la perdita di qualcuno o qualcosa di molto caro. Ognuno di loro è animato da un concentrato di innocenza, annidato nel profondo, che, paradossalmente, sembra essere l’escamotage perfetto per sopportare e superare tutto. Come in un rimpianto rimasto addosso per troppo tempo, il dolore si sublima e diventa linfa vitale per continuare a credere nel futuro.
Non vivo per fare film ma faccio film per vivere:
forse perché sono una donna
Céline Sciamma
L’amitié
Al di là dei generi, dei tentativi di emancipazione, dell’autoaffermazione del proprio sé, al di là di tutto c’è un collante indelebile, persino più forte dell’amore e della passione. È l’amicizia, quella che la natura impone quando i rapporti umani travalicano i confini del teatro in maschera in cui ognuno di noi opera per diventare verità. Pura e senplice essenza dell’essere, capace di mostrarsi per quel che si è. L’amicizia, quella vera, vittima designata dei sentimenti della vita, si impadronisce dei personaggi messi in scena dalla Sciamma. Li costringe a rivelarsi, a non nascondersi più, a non difendersi dai vortici dettati dalla quotidiana tenzone per la sopravvivenza.
Céline Sciamma: la diversità
Nell’opera di Celine Sciamma l’attenzione ai temi della diversità si ottemperà riscrivendone il significato, attribuendole una valenza di ricerca operosa. Laddove la diversità è rappresentata come un percorso, lungo o breve che sia, per trovare la propria collocazione all’interno di un mondo complicato, a volte perimetrato da inutili pregiudizi e altre incapace di riconoscere la sua stessa natura universale. Quasi una necessità specifica di una condizione da svelare per manifestarne l’esistenza. Non un fatto nuovo, un fulmine a ciel sereno, ma la testimonianza di un accadimento insito nella natura delle cose, patrimonio integrante della sensibilità di ogni individuo. Tra il suo debutto con Naissance de Pieuvres e il corto soliloquio, Pauline, del 2009, la Sciamma comincia a far vibrare le corde di questa sensibilità trasmettendone efficacemente tutta la sua potenza travolgente e istintiva.
I can’t shoot them anymore That long black cloud is comin’ down I feel I’m knockin’ on heaven’s door
Bob Dylan
Il Dualismo
Nella scrittura, sempre attenta, di Céline Sciamma non manca la presenza, esposta o sotterrannea, di un dualismo. Una dicotomia tra i personaggi principali, che sia rivalità o complicità, in grado di generare tutti i punti di svolta della trama, fino a costituirne il midollo essenziale per garantirne la sussistenza. Una formula vincente da subito evidente in IvoryTower, sceneggiata insieme allo stesso regista, Chilly Gonzales. La rivalità di due fratelli, Hershell e Thaddeus, di attitudini differenti, divisi dall’amore per Marsha e dalla rivalità negli scacchi, diventa il fattore scatenante per mettere in primo piano tutte le complessità della loro umanità. La lotta non è mai fine a sé stessa ma funzionale nello scongiurare la rassegnazione, spazzare via la nuvola che tutto avvolge prima di poter bussare alle porte di un Paradiso agghindato con le spoglie dei propri sogni.
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