Prosegue in Iran la censura verso artisti e registi che si ribellano al regime: dopo il crollo di un palazzo di dieci piani, avvenuto nella città di Abadan, che ha causato la morte di 43 persone – evento di cui la gente del posto accusa gli amministratori locali corrotti e inefficienti – i due registi iraniani Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, venerdì 8 luglio, sono stati arrestati e imprigionati in un luogo sconosciuto per aver aderito alle manifestazioni antigovernative e protestato contro la violenza nei confronti dei civili.
Jafar Panahi in prigione
Lunedì 11 luglio è stato arrestato a Teheran anche il regista iraniano Jafar Panahi, che si era recato presso la Procura di Teheran con alcuni colleghi e avvocati a chiedere notizie dell’arresto dei due registi. Il governo ha colto la palla al balzo per rispolverare una sentenza del 2010, in cui il regista era stato condannato a sei anni di prigione, per “propaganda contro il sistema”, aveva trascorso due mesi in prigione e successivamente la sua condanna era stata trasformata in semilibertà condizionale, a patto di non fare più film e di non uscire dal Paese.
Giuridicamente parlando dunque la sua condanna di sei anni era stata scontata, sostituita dalla misura della semilibertà, anche perché di anni ne sono passati ben dodici. Purtroppo non vale la prescrizione in Iran, ma la misura sostitutiva sì. Ciononostante il portavoce del Ministero della Giustizia iraniano, Massoud Setayeshi, ha dichiarato ai giornalisti: “Panahi nel 2010 è stato condannato a un totale di sei anni di prigione, perciò è entrato nella prigione di Evin dove sconterà la sentenza”.
Assistente di Kiarostami, Panahi ha vinto la Caméra d’Or a Cannes nel 1995 per Il palloncino bianco, nel 1997 il Pardo d’Oro a Locarno per Lo specchio, il Leone d’Oro a Venezia nel 2000 per Il cerchio, il premio della Giuria di Un certain regard a Cannes nel 2003 per Oro rosso, l’Orso d’argento a Berlino per Offside nel 2006 e l’Orso d’oro per Taxi Teheran nel 2015, oltre al Premio per la migliore sceneggiatura a Cannes con Three Faces nel 2018.
Artisti perseguitati da un regime repressivo
Ovviamente le ‘colpe’ dei registi Panahi, Rasoulof e Aleahmad sono ben altre per il regime, in particolare quelle di aver diretto e fatto circolare film che evidenziano e documentano nefandezze, repressioni e censure del governo iraniano. Anche Mohammad Rasoulof era già stato privato della libertà di movimento e di lavoro dal 2017, in seguito alla proiezione del suo film A Man of Integrity, vincitore del Premio Un Certain Regard alla 70esima edizione del Festival di Cannes.
A Cannes sono stati proiettati anche i suoi film I manoscritti non bruciano, che ha vinto il Premio Fipresci nel 2013 e Addio, che ha vinto il Premio per il miglior regista a Un Certain Regard nel 2011. Successivamente il regista ha vinto l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2020 con There is No Evil.
Già nel 2010 i due registi Panahi e Rasoulof erano stati arrestati insieme, perché, secondo le autorità governative, lavoravano ad un film per il quale non avevano ottnuto i pemessi: ad entrambi era stata comminata una condanna a sei anni di detenzione. Tale sanzione, successivamente ridotta a Rasoulof, era stata trasformata per Panahi in una semilibertà condizionale, finché la magistratura iraniana non ha nuovamente cambiato idea a seguito dei fatti recenti.
Tanti sono stati i registi e le registe perseguitati dal regime con false accuse o accuse di ‘propaganda contro il regime’, per aver descritto, in maniera più o meno simbolica nelle loro opere o sui social media, le storture del regime, la mancanza di libertà di parola ed espressione, nonché le varie forme di censura e di repressione attuate in Iran nel corso del tempo.
La condanna del Festival di Cannes
Registe e registi iraniani hanno spesso presentato le loro opere, vincendo premi importanti, ai principali Festival internazionali (Cannes, Berlino, Locarno, ecc.) non potendo in molti casi partecipare alle manifestazioni, né tantomeno ritirare i premi a causa dei divieti imposti dal governo, o perché arrestati o sotto la minaccia di non poter più rientrare in Iran (scelta che alcuni hanno deciso di fare): nelle sale dove si consegnavano i premi, molte volte è stato lasciato un posto libero con il nome del regista vincitore che non è potuto uscire dal paese, a significare una presenza simbolica ed un sostegno ‘politico’ ad artisti sottoposti a censura. In particolare il Festival di Cannes, da sempre attento e pronto a schierarsi in favore degli artisti perseguitati e censurati dai regimi politici per le proprie idee, ha emanato in occasione degli ultimi arresti un comunicato inviato alla stampa di tutto il mondo.
“Il Festival di Cannes condanna fermamente questi arresti e l’ondata di repressione attuata in Iran contro i suoi artisti – così recita il comunicato ufficiale del Festival – e chiede l’immediato rilascio di Mohammad Rasoulof, Mostafa Aleahmad e Jafar Panahi. Il Festival di Cannes desidera anche riaffermare il suo sostegno a tutti coloro che, nel mondo intero, subiscono violenze e repressioni. Il Festival resta e rimarrà sempre un rifugio per artisti di tutto il mondo e sarà incessantemente al loro servizio per veicolare la loro voce forte e chiara, in difesa della libertà di creazione e di parola”.