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La doppia vita di Madeleine Collins il thriller psicologico di Antoine Barraud

Passato al Rendez-Vous Festival del cinema francese a Roma il film di Antoine Barraud, un thriller psicologico di stampo hitchockiano, è ora al cinema

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La doppia vita di Madeleine Collins

Presentato al Festival di Venezia 78 alle Giornate degli autori  e passato al Rendez-Vous Festival del Cinema Francese, La doppia vita di Madeleine Collins, thriller di Antoine Barraud (alla sua terza pellicola) di stile dichiaratamente ‘hitchcockiano’, è ora al cinema. Nel cast  protagonista è Virginie Efira, vista anche nel dissacrante Benedetta di Paul Verhoeven. 

Il film è distribuito in Italia da MOVIES INSPIRED.

La doppia vita di Madeleine Collins la trama

Judith (Virginie Efira) conduce una doppia vita tra la Svizzera e la Francia. Ma la destabilizzazione e la mancanza di  equilibrio nella sua esistenza la  conducono in una corsa continua .  Madeleine Collins mette  in discussione due principi fondamentali: identità e libertà, che lasciano sospesa  la vita di Judith.
Protetta dalle sue bugie, la donna divide il suo tempo  tra due famiglie: una in Francia, l’altra in Svizzera. Da una parte c’è Abdel (Quim Gutiérrez), con cui cresce una bambina, dall’altra Melvil (Bruno Salomone), con cui ha due ragazzi più grandi.

Ma l’edificio delle sue menzogne ha basi fragili e si sta gradualmente sfaldando. Intrappolata nelle sue contraddizioni, Judith opta per una vertiginosa ‘corsa in avanti’.

Madeleine Collins una donna

“Per le persone che mentono la vita è sempre spaventosa”

Antoine Barraud

Spesso trattato al cinema, il tema della doppia vita raramente presenta un personaggio femminile. Il recente After Love di Aleem Khan ci ha proprio fatto riflettere ed emozionare sulla storia struggente di due donne, una al di qua e l’altra al di là della Manica, che condividono la memoria dello stesso uomo. Che per dieci anni, prima di morire, si è diviso tra le due mogli del tutto ignare e fiduciose.

Attribuire la stessa grave responsabilità a una donna  è già un punto a favore della pellicola di Barraud.  Il regista coglie questo dualismo femminile raramente esplorato e ne trae ispirazione vestendo il suo dramma con la raffinatezza del thriller. Il modello di partenza a cui fa riferimento è dichiaratamente di stampo hitchcockiano, ma solo per certi aspetti.

É Interessante infatti  il modo in cui Barraud mostra soprattutto ‘il quotidiano’ non l’eccezionale, e le difficoltà per una donna di dover gestire (manipolando) la vita di tutti i giorni  e l’ambiente che la circonda, quando è in gioco la maternità. Al carico delle attività domestiche si aggiunge la questione della gravidanza, che è impossibile nascondere. Madeleine Collins propone  questa sfida mostrando Judith letteralmente divisa tra due case, ognuna con bambini e contesti diversi a cui badare.

Nel cinema, la storia di un uomo che conduce una doppia vita è abbastanza comune, non è un tema così esplorato, invece, quando si tratta di un personaggio femminile. Perché la questione dei figli salta subito fuori… ” aveva dichiarato  il regista a Venezia.  Mi interessava sapere se si potesse davvero tenere segreta una gravidanza. Se fosse plausibile. Sin dalla scrittura della sceneggiatura ho avuto presente questa sfida. Una questione che non si sarebbe posta se il protagonista fosse stato un uomo. .. Nel personaggio di Judith troviamo un po’ questo: difende sempre ciò che a ragione dovrebbe essere indifendibile». [Antoine Barraud].

Essendo forte la pressione della società ‘patriarcale’, questa incarnazione femminile delle bugie lo risulta ancor di più, e il regista si dichiara felice di avere l’opportunità di difendere l’indifendibile.

La doppia vita di Madeline Collins: un labirinto

Costruita come un labirinto, la dimensione di Madeleine Collins è una sorta di puzzle da definire. Un gioco che si rivela immediatamente fin dalla scena iniziale: una giovane donna ha un malessere in un grande magazzino. Il suo significato sarà rivelato molto più avanti nel film, così come tutte le bugie di Judith.

Il mistero viene solo  gradualmente sollevato nella pellicola che si muove quasi fino alla fine sulla situazione ambigua di questa donna divisa tra Francia e Svizzera. Conosciamo di colpo quello che si nasconde dietro Judith e prende forma l’ immagine  vertiginosa e opprimente di qualcuno che sta gradualmente perdendo il controllo del suo universo.

La tensione viene abilmente tenuta dal regista fino alla fine con un epilogo forse un po’ caotico e in cui sembra perdersi parte della tensione psicologica (necessaria) accumulata fino a quel momento

Antoine Barraud  sottolinea la grande empatia nei confronti di questo suo personaggio sinceramente  combattuto tra due vite a cui non sa rinunciare e completamente prigioniera del sistema malato, costruito  da lei stessa. Un approccio che lascia intravedere una sorta di ‘ammirazione’, diremmo, perché mentire non è alla portata di tutti.

La doppia identità di Judith richiede in effetti un’attenzione costante, un impegno quasi matematico per far incastrare questi due mondi, e Barraud  non disdegna di farcelo condividere con un’accezione in parte positiva e un nota in un certo senso compassionevole.

Chi è Madeline Collins

Virginie Efira mette in scena un personaggio di non facile catalogazione: manipolatore ma anche  fragile. Mentre tutto sembra cadere a pezzi intorno a lei, le difficoltà evidenziano queste molteplici identità e lei si definisce sempre  in base al suo interlocutore.

Posso essere due donne?

Questa domanda si riferisce a un concetto di libertà interiore molto più ampio, che non può essere accettato, ma che Judith  reclama: l’impossibilità di rivendicare entrambi queste due vite.  Quando incontra il falsario Kurt (Navad Lapid), si confronta con un mondo  finto ma sinonimo di libertà.

Nonostante le bugie continue e la menzogna in cui annega continuamente, è  difficile, pur non condividendola, non ammirare in parte questa pretesa di libertà chimerica voluta  da Judith. Lei si nutre di doppiezza, di ambiguità  e  giustifica tutto questo attraverso una verità assoluta che sta al di sopra di questo mare di menzogne: il suo essere madre.

Madre

Al di là del thriller, Madeleine Collins pone al centro della storia dunque l’istinto materno. É  questo impulso che spinge Judith verso un’irragionevolezza di un alibi. É bugiarda e manipolatrice, ma è soprattutto una madre e Barraud  vuole porre l’enfasi proprio sulla complessità di questo distorto istinto materno.

In definitiva,  Madeleine Collins gioca  il ruolo del thriller psicologico, ma ha l’anima del dramma: un dramma sull’identità e sulla libertà,  con una  Viriginie Efira  convincente incarnazione della doppiezza che si fa madre.

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Madeleine Collins

  • Anno: 2021
  • Durata: 102'
  • Genere: thriller
  • Nazionalita: Svizzera
  • Regia: Antoine Barraud