Giulia è un film che parte da lontano nel senso che, rispetto alla mancanza di tempo, lamentata dagli attori per entrare nel personaggio tu hai avuto la possibilità di far crescere quello di Giulia in maniera graduale, verificando ogni volta le sue reazioni alla diverse sollecitazioni della realtà.
Quello che dici è molto giusto perché un attore ha bisogno di tempo per analizzare, esplorare, lavorare sul piano fisico ed emotivo prendendo in considerazione anche il contesto storico e sociale e, di solito, questa possibilità viene a mancare. Nel caso di Giulia la ricerca è durata circa un anno durante il quale abbiamo cercato di focalizzare il contesto in cui si muovono i personaggi anche in termini di scrittura. Questo mi ha permesso di entrare in empatia con determinati mondi e con persone lasciate ai margini della società.
Il personaggio di Giulia interpretato da Rosa Palasciano nel film
La costruzione del personaggio dal punto di vista dell’interpretazione è andata di pari passo con la stesura del testo. Considerato che sei autrice della sceneggiatura insieme a Ciro De Caro, volevo chiederti in che maniera sono entrati in relazione questi due momenti: in contemporanea o come conseguenza/riflessione uno dell’altro?
C’era una connessione profonda tra queste due cose, naturalmente. All’inizio mi sono occupata solo della scrittura e a livello inconscio ho iniziato ad assimilare immagini e significati. Poi, un mese prima di girare, mi sono dedicata completamente all’interpretazione del personaggio cercando di mollare del tutto l’aspetto teorico per entrare in quel corpo, in quelle emozioni, allontanandomi dalla visione un po’ più distaccata della scrittura.
Si tratta di un processo di movimenti opposti: da una parte sei spinta a oggettivare le emozioni, dunque a tirare fuori cose, dall’altra, a farle proprie, interiorizzandole. Nel momento in cui hai iniziato a occuparti del personaggio immagino tu abbia avuto un notevole bagaglio di strumenti a tua disposizione?
Assolutamente. Nella mia valigia c’erano tante cose da cui poter attingere. Sul set pensavo sia da interprete che da sceneggiatrice perché a volte c’era bisogno di rivedere le scene scritte assieme agli altri attori. Avendo esplorato questi due aspetti con il tempo giusto e con tutta l’energia a disposizione è stato bello e naturale continuare a farlo anche nel corso della lavorazione. È stata un’esperienza molto ricca e stratificata.

La genesi del film Giulia con Rosa Palasciano
Tornando per un attimo alla fase di progettazione, con Ciro avete lavorato in maniera documentarista perché le riprese sono arrivate dopo una vicinanza quotidiana in cui il lavoro sul filo è andato di pari passo con la conoscenza tra regista e personaggio. Quando succede nel modo in cui l’avete fatto voi, succede che l’attore arrivi a dimenticarsi della della mdp, come se quello che succede non fosse una recita, ma la continuazione della vita reale. Guardandoti recitare sembra davvero così!
Grazie, era proprio quello che volevamo restituire, anche se parliamo di un processo di finzione, il personaggio o meglio la persona di Giulia è arrivata dopo tanto lavoro. Con Ciro ci conosciamo da tempo; credo che la nostra forza sia una grande affinità umana e intellettuale. Da qui l’esigenza di scrivere assieme, Giulia è stato il frutto di lunghi dialoghi e riflessioni, anche di scontri visto che ognuno ragiona con la sua testa. Ricordandoci sempre a vicenda, fino allo sfinimento (ride) di provare a restituire qualcosa di sincero e personale. Il dialogo ci ha permesso di costruire la storia, trovandoci allenati a farlo perché avevamo già scritto un’altra sceneggiatura assieme.
La realtà e la finzione
Però il fatto di spendere così tanti giorni insieme anche nella vita di tutti i giorni, anche negli aspetti più ordinari come andare a fare la spesa o fare colazione, aumenta l’intesa, ma anche la comprensione di ciò che solitamente è difficile vedere e spiegare.
Sicuramente quello è stato un punto di forza: osservare insieme il mondo, fermandoci a prendere appunti e poi a scriverne; guardare la gente per strada e provare a fotografarne i comportamenti. Ci siamo presi del tempo per guardare il mondo dalla stessa lente di ingrandimento.
Parliamo della vita che si mescola all’arte e dunque di uno dei grandi temi raccontati dal cinema. In questo senso mi sembra che nella preparazione del film ci sia stata una dialettica tra questi due elementi il cui risultato è l’ambivalenza con cui Giulia si rapporta al mondo, la coabitazione di emozioni contrapposte che l’attraversano.
Mi fa piacere ascoltare questa visione perché poi chi ci sta dentro scrive e crea senza avere piena consapevolezza dell’intero processo. È interessante sentire un punto di vista che viene da un’altra prospettiva.
E dalla tua?
Penso che insieme a Ciro abbiamo lavorato al massimo delle nostre possibilità. Ascoltandoci, confrontandoci, divertendoci.

La lavorazione di Giulia e del film con Rosa Palasciano
Una volta sul set il work in progress è continuato o, avendo trovato il personaggio, non hai avuto più bisogno di tornarci sopra con ulteriori fasi di ricerca?
È ricominciato tutto da capo in un certo senso (ride, ndr), ma questa è una cosa bellissima da fare, continuare a cercare in ogni istante, respirando i sentimenti degli altri attori: nell’accoglienza dell’altro ho scoperto cose che non avrei mai immaginato. Con i miei colleghi e colleghe ci siamo divertiti a giocare in scena: nonostante i tempi stretti delle riprese ho sentito che c’era dello spazio per ricercare cose nuove.
Prendo spunto dal cinema dei Fratelli Dardenne per dire che nei loro film tutto sembra fluire in maniera naturale anche se in realtà è frutto di un controllo rigorosissimo della messa in scena. Nel corso delle prove loro filmano tutto il film con una piccola telecamera per poi procedere con le riprese vere e proprie, al ritmo di una sequenza al giorno. Questo per dire della meticolosità e del rigore del loro processo creativo. Ciro mi ha raccontato di avervi fatto studiare il copione per poi chiedervi di dimenticarlo in maniera di stupirvi uno con l’altro con azioni e parole non previste dalla sceneggiatura. Rispetto a questi due estremi che ti ho citato come hai percepito il vostro lavoro?
Intanto ti dico che il cinema dei fratelli Dardenne è quello che ho sempre sognato di fare, chissà se un giorno questo sogno potrà avverarsi! Per me sono un grande punto di riferimento. Per quanto mi riguarda, come interprete, la spontaneità è sempre frutto di un’analisi minuziosa della storia, quindi mi sento molto vicina a quel tipo di lavoro, o almeno mi impegno per andare in quella direzione, concedendomi sempre delle zona di libertà e di improvvisazione. Penso anche agli scritti di Peter Brook, ai suoi riferimenti allo spazio, all’attore che deve renderlo vivo con la sua presenza e con le sue azioni. In Giulia questo è stato possibile attraverso la costruzione della storia, ma anche grazie al lavoro fatto sul corpo e sui sentimenti dei personaggi. La spontaneità avviene sempre all’interno di una struttura e di uno spazio definito.
La sceneggiatura
Senza darlo a vedere sia il film che la sua protagonista sono al centro di un percorso molto stratificato per la ricchezza di significati e dunque per i suoi molti livelli di lettura. Pur essendo un film molto diretto la sua sceneggiatura è prodiga di sottotesti. La circolarità esistente tra la prima e l’ultima scena, per esempio, ci racconta di una crisi che parte dal bisogno degli altri per arrivare alla consapevolezza che la qualità della realtà dipende solo da noi. In quanto sceneggiatrice la coscienza di questi doppi fondi come e quanto hanno influito sulla tua recitazione?
Secondo me i simboli presenti nel film fanno già il loro lavoro: sono così potenti da non farti sentire la responsabilità di raccontare troppo e di sottolinearne i significati perché di fatto questi diventano dei veri e propri personaggi, capaci di partecipare alle vicende di Giulia. Mi fido molto dei simboli, delle azioni e delle presenze di personaggi che, pur stando fermi, sono capaci di portare dentro il film una storia. Per me è molto importante creare e poi, con leggerezza, lasciar fluire.
Il personaggio
Spesso all’interno della stessa scena il tuo personaggio esterna sensazioni ed emotività di segno opposto. Si passa dal riso al pianto senza quasi accorgersene.
Sono molto contenta di questa osservazione perché ci tenevamo a mostrare aspetti della personalità di Giulia che possono essere uno specchio per molti, anche se in maniera estrema, ma è questo il bello della messa in scena. Un turbinio di emozioni in grado di trasportarci da un umore all’altro. Giulia è particolarmente mobile nei sentimenti e pensieri. Forse condividiamo tutti i suoi suoi sentimenti, ma non abbiamo modo di esprimerli.
Proprio per la simultanea presenza di sentimenti di segno opposto Giulia sfugge alla classificazioni dello spettatore, come pure a se stessa. Anche nel momento in cui si ritrova, e cioè nella sequenza finale, la sua rimane un’esistenza lontana da certi stereotipi.
Esatto, questa è stata una richiesta specifica di Ciro che mi ha chiesto di interpretare questo grande conflitto. Giulia ha tantissime sfumature: in lei c’è una luce e una gioia fanciullesca, ma anche lati più oscuri e meschini. Alla fine lo spettatore deciderà cosa pensare di lei. Secondo me si finisce per perdonarla, capendo quali sono il suo dolore e la sua ricerca.

Lo stato d’animo della Giulia di Rosa Palasciano nel film di De Caro
Il conflitto emotivo porta in superficie il senso e la complessità della sua ricerca. La porta alla luce e ne dà conto di momento in momento.
Bene, sono contenta perché è quello il vero tema. È una cosa che riguarda tutti, a prescindere dal contesto sociale perché in un’epoca come la nostra è difficile fare tutto, persino stare al mondo. La vita scorre veloce e noi ci mettiamo nei guai da soli, con i nostri comportamenti , basta pensare alla questione climatica. Paradossalmente in questa grande crisi abbiamo maggiori possibilità di ricercare noi stessi. Messi di fronte al nostro dolore siamo costretti a fare qualcosa.
La stato d’animo di Giulia rispecchia quello delle sue coetanee. In questo senso personaggio e film si inseriscono nel dibattito sulla condizione femminile contemporanea perché la crisi della protagonista si iscrive all’interno di un romanzo di formazione che, di fatto, racconta un’emancipazione femminile. Rispetto a certe prese di posizione Giulia lo fa in maniera più esistenziale che militante.
Sono d’accordo, lei è troppo confusa per avere gli strumenti con cui oggi si portano avanti queste lotte. Vivendo nel tormento, non ha proprio le energie per farlo. Probabilmente non ha nemmeno capito del tutto quello che sta facendo perché il suo è un inizio di ribellione. Di certo Giulia si emancipa: capisce che l’esistenza non dipende solo dal lavoro e neanche dal fatto di vivere in coppia quanto piuttosto dalla libertà di capire chi siamo e come vogliamo vivere.
Il ruolo femminile
Con Giulia proponete un modello con un punto di vista alternativo rispetto alla questione relativa alla condizione femminile.
Spero di sì perché noi ce l’abbiamo messa tutta, senza per questo voler fare un cinema politico. Quando hai delle idee e ti sta a cuore qualcosa il tuo pensiero acquista energia e viene fuori in maniera forte e chiara. Per questo mi fa piacere che si percepisca quello che hai detto. Per quanto mi riguarda è importante lottare e far sentire ogni giorno la propria voce.
Senza alzare i toni il film esplora con originalità una condizione spesso ritratta in maniera convenzionale e stereotipata. Tra le tante immagini che avrei potuto scegliere mi voglio soffermare su quella finale in cui ad andare in scena è una danza acquatica priva di parole. Si tratta di un passaggio misterioso e affascinante che lascia aperto ogni tipo di conclusione.
Non ti posso dire troppo di quella scena perché è bello lasciare qualcosa in sospeso. Insieme a Ciro volevamo creare un finale aperto che offrisse tantissimo spazio all’immaginazione dello spettatore. È molto interessante sentirne i pareri perché questo è un film in cui ognuno si può costruire la propria storia. Nello specifico volevamo che fossero le emozioni e le immagini a testimoniare in che modo la natura permetta a Giulia di entrare in contatto con se stessa. Si tratta di un processo che la porta a decidere con la sua testa senza assecondare i pensieri intrusivi, quelli che riguardano i condizionamenti provenienti dalla società. Giulia non riesce a ritrovarsi fino a quando non si lascia andare ed è nella natura che lei incontra finalmente la propria grazia.
Il ritorno alla natura è un altro dei gradi temi del film. Anche in questo caso Giulia lo promuove raccontandone il lato privato ed esistenziale rispetto a quello pubblico e militante.
Nel nostro caso il grido di Giulia risuona nella sua intimità. È un urlo liberatorio, pieno di consapevolezza e di un amore senza attaccamento né dipendenze.
La lingua
Per te il francese è la seconda lingua. In qualche modo Giulia assomiglia molto a certe figure femminili del cinema francese e in particolare alle ragazze ritratte dal cinema di Eric Rohmer: in lei si ritrovano la vitalità ondivaga, le contraddizioni e gli alti e bassi sentimentali presenti in lungometraggi come Un ragazzo e due ragazzi e molti altri.
Intanto grazie per questo bellissimo paragone perché in me c’è un grande amore verso quel cinema e i suoi personaggi. Prima di scrivere il film assieme a Ciro abbiamo riguardato e analizzato l’opera di Rohmer, dunque Giulia ha molti punti in comune con i suoi personaggi e in particolare con la protagonista di Racconto D’Inverno. Di sicuro il mio personaggio ha qualcosa di molto vicino al modo di vivere le emozioni di quelli del maestro francese, così pieni di contraddizioni e di ripensamenti. Come Giulia, le ragazze di Rohmer sono sempre alla ricerca di se stesse, impegnandosi in azioni che apparentemente le portano sempre verso l’esterno. In realtà, un’altra scelta è quella di trovare qualcosa dentro al proprio cuore, dentro alla propria anima, quindi grazie per questo bellissimo paragone con un cinema che amo tantissimo.
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