Presentato in anteprima al 39 Torino Film Festival, e adesso su Netflix, La svolta di Riccardo Antonaroli è un debutto alla regia in cui a scendere in campo è una nuova generazione di autori e interpreti per i quali il presente non può prescindere da ciò che siamo stati. Anche in termini cinematografici. Del film e dei suoi attori abbiamo parlato con il regista del film.
La svolta di Riccardo Antonaroli
La svolta è un film che si compone di diverse nature: una di queste è, appunto, quella noir, palesata fin da subito da una serie di elementi e suggestioni. Penso alla circolarità della struttura narrativa che, in qualche modo, introduce il tema dell’eterno ritorno e dunque l’impossibilità dei personaggi di liberarsi da un destino già scritto. In questo senso il cassonetto della spazzatura diventa il luogo dove il film parte e poi ritorna attraverso l’excursus esistenziale dei personaggi. È lì che si decide la sorte di Jack e Ludovico, ma anche di chi, in qualche modo, approfitterà delle loro disgrazie.
L’immondizia traboccante dai cassonetti, nelle strade notturne e piovose, diventa la cornice ideale al desolante quadro di una città “sporca” e “cattiva” dove vive e si muove Jack, apparentemente delinquente da quattro soldi ma non solo… Una notte sbuca all’improvviso per entrare prepotentemente nella vita di Ludovico, portando con sé tutto lo sporco e la violenza di cui si circonda e dalla quale vorrebbe scappare. Da quel momento la casa di Ludovico, dove è ambientato la maggior parte del film, diventerà, per entrambi, rifugio sicuro dal “mondo fuori” e da personaggi poco raccomandabili che stanno inseguendo Jack.
Però, come dici tu, per loro il destino è già scritto, in particolare per Jack che ben presto sarà costretto a ritornare là, dove la storia aveva avuto inizio. Destino beffardo che va oltre, facendo piombare sulla scena figure complementari, rappresentanti di un’ipocrisia tipicamente italiana che inaspettatamente si approfitteranno delle loro disgrazie. Ho scelto di effettuare le riprese principalmente di notte per accentuare le sfumature minacciose e sottolineare un marcato senso di solitudine.
Ancora, ad avvalorare la natura noir del tuo film è lo sguardo vojeuristico di Ludovico che spia le vite degli altri e in particolare quella della ragazza di cui è segretamente innamorato. Senza contare che a livello iconografico i frame di Ludovico e Jack che guardano fuori dalla finestra, con le ombre delle tapparelle a rigarne il volto, è un’altra immagine tipicamente noir.
Se prima abbiamo inquadrato Jack, ora dobbiamo capire chi è Ludovico, studente di economia demotivato e annoiato che culla un sogno sepolto in un buio appartamento lasciatogli dalla nonna. Pochissimi contatti con l’esterno. Visite sporadiche del padre che non perde occasione per fargli pesare i suoi insuccessi e la condizione di disordine in cui vive. Ma è lì che lui ha costruito la sua comfort zone e da lì, al sicuro, spia il mondo ostile che è là fuori. Compreso l’interesse morboso, mai espresso, per la ragazza del piano di sopra. Ecco che al solo rumore della macchina sotto casa si piomba alla finestra.
La luce che proviene da fuori, filtrata dalle tapparelle semichiuse, disegna sui volti dei protagonisti delle linee nette che, oltre a restituirci un’atmosfera noir, nel mio immaginario rappresentano le sbarre di una casa/prigione. Nella prima parte del film tagliano il volto (come dici giustamente tu) vojeuristico di Ludovico, nella seconda, però, disegnano il profilo preoccupato di Jack, prigioniero delle sentinelle che presidiano il marciapiede sottostante.
I due protagonisti
All’inizio del film con un gioco di montaggio ci presenti i due protagonisti attraverso due scene, una susseguente all’altra, in cui ne evidenzi gli opposti caratteriali. Dapprima presentandoci quella in cui, dal colloquio con il padre, si capisce l’attitudine gregaria di Ludovico, del tutto passivo nei confronti della vita e senza un’idea precisa sul futuro. Al contrario di Jack che, invece, è abituato ad aggredire l’esistenza per raggiungere i suoi obiettivi. Mentre racconti i dettagli della loro esistenza su un altro piano ci dici delle loro personalità.
Sì, è esattamente ciò che volevo trasmettere allo spettatore. Il diverso stile delle due sequenze serve proprio ad avvicinarci ai due protagonisti così apparentemente diversi, ma con una grande sensibilità che li accomuna. Certo le loro vite sono state segnate da percorsi opposti, questo si capirà molto bene più avanti, quando sbracati sul divano, condividendo una canna, arriveranno a confessare l’uno all’altro cose mai dette prima… ma non posso e non voglio anticipare troppe cose. È evidente che Ludovico ha una famiglia alle spalle, Jack no. A Ludovico, anche se fatta pesare, arriva la “paghetta”; Jack è costretto ad “arrangiarsi”, da sempre. Ludovico è un ragazzo che non ha neanche il coraggio di far vedere i suoi disegni al padre (sogna un futuro da fumettista). Jack, al contrario, è talmente audace da rubare 500 mila euro ad un criminale, all’interno del suo ufficio, scappando con il motorino senza avere un piano preciso.
Per questi motivi ho scelto di rappresentare la passività di Ludovico girando le scene in modo più lento e regolare. Per Jack ho preferito spingere sull’acceleratore, senza un attimo di tregua, accompagnando l’azione con una musica crescente che ne detta il ritmo.
Fin da subito ciò che li unisce è la diversità delle rispettive solitudini.
Esatto, infatti dico sempre che sono due solitudini che si incontrano e si scontrano per poi curarsi vicendevolmente. La verità è che insieme si completano perché a uno mancano cose che l’altro possiede. Solitudini diverse, ma per certi aspetti anche simili, sicuramente molto complesse. Jack apparentemente sicuro e spavaldo nasconde una sofferenza mal celata, per genitori “per bene”, persi prematuramente e per un fratello disgraziato come lui, andato via da casa troppo presto che per lui è sempre stato un esempio da seguire. Ma un fratello che esercita su Jack anche una premura per la sua crescita. La solitudine di Ludovico è invece tutta dovuta al suo carattere che lo ha sempre frenato e dalla sua paura di esporsi nei confronti della vita e delle persone a cui tiene.
La loro contaminazione “buona”, come ti dicevo, aiuterà entrambi a risollevarsi da quella situazione di stallo in cui sono piombati.
Il ruolo della casa nel film di Riccardo Antonaroli
Poco fa parlavi della casa come di uno dei protagonisti del film, cosa che in effetti è. Per come è costruita la storia l’abitazione di Ludovico ha la funzione di proteggere i ragazzi dal mondo esterno. La stessa però è anche una proiezione del mondo interiore di Ludovico, così come Jack rappresenta la vitalità dell’esistenza, ma anche le sue incognite che però vale la pena affrontare.
Sì, esatto, è proprio così. Per Ludovico la casa è qualcosa che lo protegge dal mondo esterno, ma che finisce poi per imprigionarlo all’interno con i propri demoni. Dentro l’appartamento Ludovico ha collocato le sue certezze, le sue passioni, quello che vorrebbe essere, anche un po’ di sano disordine che lo fa stare bene. È il suo nido, è un luogo che rappresenta un po’ la sua mente. Quando irrompe Jack è uno vero tsunami. Con la sua vitalità, la sua spregiudicatezza capovolge le sue “certezze”. Paradossalmente sarà proprio Jack, coinquilino indesiderato, a fargli vivere quelle emozioni che, fino ad allora, per vari motivi, non aveva mai provato prima.
Soprattutto nella prima parte i personaggi sembrano una proiezione del buio che avvolge la casa. Se consideriamo il fatto che il film si svolge in parte di notte e che la casa rappresenta il mondo interiore di Ludovico si può dire che La svolta si racconti su due livelli, quello dei fatti e l’altro, in cui ad andare in scena è un vero e proprio luogo dell’anima.
Esatto. Il film è bipartito, un racconto che si muove sempre su due livelli: Jack e Ludovico, giorno e notte, casa e Flamingo, dal loro mondo e dal mondo che sta fuori. I personaggi si muovono su due piani, come il film. Il giorno racconta più i fatti mentre il mondo notturno è quello più onirico. Di notte, dentro casa, si affrontano temi più profondi e si sviscerano piano piano i sogni di questi due ragazzi, mentre fuori si muovono i cattivi, criminali raccontati volutamente non in modo iper realista, ma in modo diverso, a tratti fumettistico. È proprio la notte il palcoscenico che ho scelto per far muovere i “cattivi” seguendo schemi inconsueti, provando a distaccarmi un po’ da quella criminalità iper realista rappresentata al cinema più e più volte. E se è vero, come dici tu, che inizialmente i personaggi sembrano una proiezione del buio che li circonda, mano mano che si conoscono, con la complicità crescente, si illumineranno sempre di più di quella luce e di quell’energia che l’uno trasmetterà all’altro, in quel vero e proprio “luogo dell’anima”. Bella definizione che faccio mia.
Le luci
Peraltro parlando delle luci, se all’inizio queste sono scure e immerse nella penombra, rappresentando lo stato d’animo di Ludovico, dopo l’entrata in scena di Jack la luminosità cromatica sembra corrispondere all’effetto che ha su Ludovico il risultato di quell’incontro.
Sì, esattamente quello che dicevo e quello che ho cercato di fare, anche in termini di utilizzo della mdp, è sottolineare con un linguaggio statico e freddo i primi momenti del loro incontro. Con l’arrivo del mattino, quando iniziano a studiarsi e a conoscersi, la luce aumenta, il linguaggio cambia seguendo gli attori con l’utilizzo della macchina a mano. Ho usato sempre delle ottiche larghe, mai telate che mi hanno consentito di stare vicino ai loro volti per ascoltarli e far diventare tutto più intimo. Parlando sempre della fotografia, insieme al dop, Emanuele Zarlenga, abbiamo voluto differenziare i due mondi del film: quello emotivo, all’interno della casa, usando lenti sferiche che ci restituissero una visione più umana, più dolce, e delle lenti anamorfiche, per fotografare in modo non umano e più astratto il mondo fuori e tutto l’universo dei cattivi.
Gli interni
Che la casa rappresenti l’interiorità di Ludovico lo vediamo anche da alcuni riferimenti presenti sulle pareti dell’abitazione. Per come li inquadri i manifesti dei film appesi alle pareti come pure la lampada a forma di palma rappresentano le idee e le passioni che fluttuano nei pensieri e nell’anima del giovane.
Ludovico per un breve periodo – background che non ho esplicitato – per mantenersi agli studi e per affrancarsi dal padre, svolge un lavoro presso un negozio di oggetti vintage. Il negozio chiuderà e lui si porterà con sé parte di quel passato. La Palma, anche se rotta, andrà dunque ad arredare un muro spoglio. Ma la casa è piena di oggetti che stanno lì, freddi, per poi prendere vita nel corso del film, dunque è vero quanto dici. Proprio come la palma che, inizialmente non funziona e poi, grazie all’intervento di Jack, riprende vita, come lentamente inizia a fare anche Ludovico. Questo vale per la mensola rotta da tempo e riparata e per il riordino di una casa “trascurata”. Tutti piccoli segnali che, come dici tu, ci sono e rappresentano il cambiamento che sta avvenendo all’interno, ma anche all’esterno della vita di Ludovico.
I riferimenti di Riccardo Antonaroli
I riferimenti a quei tre film lì li ritroviamo poi all’interno della narrazione, tramutati in fatti e azioni compiute dai protagonisti così come nei toni. Uno di questi, La dottoressa del distretto militare, sembra rivivere nella scena in cui i due ragazzi entrano nella casa della vicina con Grazia Schiavo che rifà Edwige Fenech.
Non aggiungo altro perché hai colto il senso di quello che volevo fare. Anche per stemperare la tensione che s’era creata e che poteva ostacolare la loro intesa. Diciamo che condividere quell’intrusione in casa della vicina è l’inizio di una complicità che, da quel momento, sarà un crescendo.
Il paragone con Il sorpasso è ancora più evidente perché presente in tutto il film. Senza svelare troppo, in realtà, il riferimento esiste, ma viene reinterpretato in chiave personale. La sua riscrittura non è fatta solo per aggiornarlo ai nostri tempi, ma anche per cambiarne le risultanze narrative. Voglio dire che La svolta non è un omaggio pedissequo a quel film, ma il tentativo di rifarlo alla propria maniera.
La sceneggiatura come sai non è stata scritta da me, ma ho potuto cogliere lo stimolante ammiccamento a quel capolavoro visto in chiave moderna. Nessun paragone e nessuna ambizione da parte mia di rifar vivere quella straordinaria storia interpretata magistralmente da mostri sacri del cinema. Solo un omaggio, un umile omaggio. Ludovico è un fan di quel cinema, come del resto lo sono io. Aver inserito quei riferimenti a un cinema “nobile” spero possa creare nel pubblico giovane interesse e curiosità per andare a guardarsi film che sono i capisaldi della filmografia italiana che ha insegnato a fare cinema al mondo intero.
Peraltro, di sfuggita, è possibile cogliere un’altra citazione che rimanda anche figurativamente ai personaggi. Mi riferisco al libro di Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, presente nella libreria di Ludovico. Di fatto i due personaggi, anche nel fisico e nel tipo di rapporto, costituiscono una riproposizione in chiave moderna della celebre coppia letteraria. Di fatto Ludovico e Jack sono due personaggi picareschi.
Anche se casuale, ripensandoci il riferimento può essere calzante e coerente con le figure dei due protagonisti. Nell’immaginario comune probabilmente si tende spesso a ricercare un collegamento tra questa coppia e coppie letterarie famose. Un’opera picaresca trasposta nella contemporaneità, in cui vengono riprodotti gli stereotipi dell’opera di Cervantes, può senz’altro essere un’ulteriore interpretazione. In fondo anche Jack e Ludovico hanno i loro mulini a vento da combattere. E queste chimere li porteranno a sfidare se stessi e il male rappresentato dai “cattivi” del film.
Il tema
Nel film il tema del destino torna più volte nel corso della storia anche perché è un argomento che ritroviamo in bocca ai personaggi. Ne parla il boss a cui Jack ruba i soldi e vi ricorre Ludovico definendo Jack come “l’uomo del destino”.
Vero anche questo. Il destino ricorre, ma in modo diverso. Caino è un personaggio costruito, che usa frasi fatte, lette da un libricino di citazioni famose per darsi un tono e ripulirsi dal suo passato da mediocre uomo di malavita. La domanda sul destino che pone al povero Mario è quantomeno ipocrita avendolo già deciso per lui, a prescindere dalla sua risposta. Ludovico è un personaggio vero, puro e la semplicità con cui parla del destino è disarmante, vedendo Jack come una benedizione piovuta dal cielo. Altro elemento ricorrente nel film è costituito dall’orologio della torre che scandisce il tempo che passa e rappresenta un ulteriore appuntamento con il destino che si sta compiendo.
Il lavoro di Riccardo Antonaroli sulla sceneggiatura (e non solo)
Mi dicevi di aver lavorato su una sceneggiatura scritta da altri per cui ti chiedo in che modo ti ci sei rapportato? Nella tua trasposizione quanto hai tolto o aggiunto alla stesura originale.
L’ho molto rispettata. Non è facile che ti arrivi uno script in cui ti riconosci così come è stato nel mio caso. Ho subito percepito che era una storia nelle mie corde. Dai personaggi al tono che oscilla da una storia intima, a riferimenti un po’ più crime e pulp che fanno da cornice al vero film che in fondo è la storia di amicizia di due ragazzi. Come ti dicevo, mi ha appassionato fin da subito. Toccarla avrebbe rischiato di compromettere equilibri che funzionavano così com’erano. Mi sono riconosciuto sia nel timore di Ludovico a credere in quello che era il sogno della sua vita (nel mio caso fare il regista), ma anche in Jack che affronta la vita in modo spregiudicato, fregandosene delle conseguenze (per certi aspetti come ho fatto io quando, tra i dubbi dei miei, ho deciso di intraprendere questa strada).
Ho lavorato molto, prima e durante il film con Roberto Cimpanelli, uno dei due sceneggiatori, per apportare piccole modifiche seguenti alle letture con gli attori e ai sopralluoghi sui luoghi di ripresa, per fare in modo di arrivare sul set con uno script d’acciaio, arricchito dai vari “ingredienti” che abbiamo incontrato strada facendo.
Dalla scelta di attori, in parte provenienti da prodotti seriali piuttosto popolari, al fatto di lavorare su una sceneggiatura non tua, mi sembra di poter dire che La svolta sia un esperimento riuscito di crossmedialità.
Abbiamo fatto tanti provini che alla fine ci hanno portato a costruire questo cast. Scegliere per questo film attori giovani, ma di grande talento e inserirli in un contesto per loro inusuale rispetto alle cose fatte fino a quel momento, si è rilevato molto interessante. Penso che nessuno di noi si trovasse nella propria comfort zone, a partire da me, e questo ha aumentato la voglia di provarci e di rischiare. Credo sia stato per tutti noi molto stimolante.
Il cast del film di Riccardo Antonaroli
Per Marcello Fonte penso che sia stata la prima volta in un ruolo così negativo, quello dello spietato killer al soldo del boss a cui Jack ruba i soldi.
Marcello è un vulcano di idee e ha una forte personalità. Solo uno con il suo estro poteva dare al personaggio la follia e la spietatezza che ritroviamo nel film. Lui mi ha regalato molto di sé e sono state non poche le cose impreviste e improvvisate che poi al montaggio ho inserito nel film. Lui non è mai scontato e questa caratteristica, secondo me, appartiene anche al killer che ha interpretato.
Se l’alchimia tra Brando Pacitto e Andrea Lattanzi è una delle armi vincenti del film, mi pare che la scelta di questi attori sia azzeccata anche dal punto di vista fisico, con quello sovrastante e protettivo di Lattanzi complementare alla gracilità minuta di Pacitto, pronto a farsi accogliere dall’altro.
Le loro fisicità sono importati e sono state cucite sul film. È stato meraviglioso lavorare insieme. Abbiamo fatto molte letture e questo ci ha permesso di conoscerci, per me è stato fondamentale sapere come sono fatti, conoscere i loro punti di forza, le loro debolezze e anche le loro paure. Soprattutto in un film intimo come questo in cui si racconta la complicità tra due persone apparentemente diverse. Sono sicuro che dentro quei personaggi è venuto fuori molto del loro carattere, emerso prima in fase di lettura, poi soprattutto, durante le riprese. Insieme agli sceneggiatori abbiamo lavorato sullo script per poterlo meglio adattare ai punti di forza di ognuno di loro. Per esempio, il cappello indossato da Ludovico non era previsto nella scrittura, ma è venuto fuori solo al termine delle prove, secondo me caratterizzando molto il personaggio.
Mi verrebbe da dire che Lattanzi è un interprete più istintivo mentre Pacitto più portato a ragionare.
È proprio la stessa differenza che caratterizza i loro personaggi. È stato un aspetto importante sul quale abbiamo lavorato che ha aiutato molto la resa del film. È vero che Andrea è molto più istintivo, e non essendo questo un film troppo di improvvisazione, lui, come Brando, ha seguito magistralmente la scrittura in modo fedele mantenendo spontaneità e forza interpretativa.
Il ruolo femminile
In un ruolo più piccolo, ma egualmente importante Ludovica Martino è molto brava a portare nella storia la vitalità di cui Ludovico si innamora.
Ludovica è un’attrice molto lanciata, sta lavorando tantissimo perciò sono veramente onorato che abbia accettato di fare il film, interpretando un ruolo non principale, ma egualmente importante che necessitava di essere affidato a un vero talento come lei. Il suo personaggio incarna il desiderio nascosto del nostro protagonista e la molla che, insieme a Jack, spingerà Ludovico verso un percorso di crescita. Infatti il momento massimo di “luce” per Ludovico si concretizza nella sequenza a casa delle due ragazze del piano di sopra. Rebecca vive un rapporto malato con un ragazzo manesco che nonostante lo abbia lasciato, continuerà a stalkerizzarla. Anche se nel film è presente come una sotto trama, ci mostra uno spaccato di alcune relazioni dove una certa cultura, figlia spesso dell’ignoranza e di modelli culturali sbagliati, porta alcuni uomini a relazionarsi con le donne in maniera sleale e detestabile. Ci sembrava giusto raccontare anche questo.
Con lei permettimi di ringraziare tutti gli attori per la grande collaborazione e professionalità che mi hanno regalato. Sono tanti e li ringrazio uno a uno.
E poi, sento di estendere il mio ringraziamento alla troupe tecnica e artistica che ha lavorato sodo, anche in condizioni complicate in un momento storico particolarmente difficile (abbiamo girato in piena pandemia) e che ha permesso la riuscita del film.
Un grazie particolare ai produttori che hanno creduto in me regalandomi l’opportunità di realizzare questa mia opera prima.
Il film è stato presentato fuori concorso al Torino Film Festival.