′Old Henry è un film presentato fuori concorso a Venezia 78: western crepuscolare e malinconico, capace di improvvise impennate di violenza, intriso di dolore e con spettacolari scene d’azione, è firmato da un regista al suo esordio, Potsy Ponciroli, già attivo come produttore e musicista.
VENICE, ITALY – SEPTEMBER 07: Potsy Ponciroli arrives at the 78th Venice International Film Festival on September 07, 2021 in Venice, Italy. (Photo by Marc Piasecki/Getty Images)
Old Henry è un western esistenziale; da dove è venuta l’idea per un film così intimo?
La prima suggestione mi è arrivata proprio dalla location. La casa sperduta tra gli alberi era così spettrale, molto spaventosa: da fuori non riuscivi a capire chi o cosa ci fosse dentro; aveva anche un senso spietato di solitudine.
In più, sapevo che non avrei avuto un budget così elevato da potermi permettere 50 cowboy! E quindi ho scritto una storia per due soli… avevo allora bisogno che ogni singolo momento contasse, non si poteva eccedere o strafare. E da qui è venuto poi lo sviluppo di questa storia esistenziale.
Non so se anche tu sei un fan dei fumetti, ma esiste una storia, pubblicata dalla Marvel Comics, intitolata Old Man Logan, di Mark Millar e Steve McNiven: lì Wolverine è più vecchio, nel futuro, con moglie e figli, ma ha dimenticato cosa voglia dire essere un eroe perché non sfodera più i suoi artigli. Accadrà ovviamente qualcosa che lo spingerà a rifarlo.
Ecco, Old Henry mi è sembrata molto affine, specialmente perché mi sembra una storia sulla ricerca della propria identità, sul passato che non muore mai.
Non conosco quel libro di fumetti. Questa comunque è proprio una bella domanda.
Il rapporto fra il padre e il figlio mi sembrava particolarmente interessante, con il passato che Henry ha avuto, con le cose che ha fatto, la redenzione cercata dal padre e quello che si è lasciato alle spalle, abbracciando poi appunto il ruolo di padre che deve crescere un figlio da solo; soprattutto, il protagonista vede così tanto nel figlio da aver paura che diventi proprio come lui.
E per evitare che questo accada, l’unico modo è quello di nascondere la sua identità. Allo stesso tempo si evince molto come si avverta la mancanza di una figura femminile che Henry non può colmare, e il ragazzo è sia bambino che uomo (ha quindici anni) e sente sia il bisogno di piangere che di affermare la propria personalità. Lo abbiamo ritratto in un momento di passaggio molto delicato, di crescita, di trasformazione e presa di coscienza. In questo rapporto tra i due il passato ha un peso.
I suoni creati per il tuo film mi hanno ricordato la bellissima OST The Assassination of Jesse James by The Coward Robert Ford, di Millar e Cave, ed entrambi sono due film crepuscolari. Come hai lavorato con l’autore delle musiche?
Il compositore è un mio amico d’infanzia, Jordan, e abbiamo scelto di utilizzare solo strumenti dell’epoca: sono stati suonati quindi dei tamburi vintage e un’armonica ad acqua, che si suona come se suonassi dei bicchieri di vetro.
E ogni strumento è stato poi associato a un personaggio: Henry è più associato al piano, Wyatt all’armonica…. C’è stata anche una componente di archi, e la scelta per cui all’inizio del film c’è una preponderanza di musica più che di dialogo, proprio perché gli spazi sono aperti; mi sembrava che così ci fosse più equilibrio e armonia. Man mano che si va avanti però c’è stata un’inversione, la musica spariva e prendevano piede le parole… e gli spari
Perché è stato scelto proprio quel personaggio per il colpo di scena finale? (il regista ha pregato di non rivelare l’identità del personaggio a sorpresa per tutti quelli che devono ancora vedere il film, ndr)
Perché l’ho sempre adorato fin da piccolo, e mi sembrava che la sua storia fosse perfetta, con l’impasto inestricabile tra realtà e leggenda…
Old Henry il tragico splendido ultimo atto dell;epopea del West
Venezia 78: vincitori, vinti e altro
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