La quinta opera in concorso al 67° Taormina Film Fest è di Yumo Luo. Il regista cinese trentacinquenne, diplomato all’Accademia cinematografica di Pechino, firma il suo primo lungometraggio. La storia trae ispirazione da un fatto di cronaca. Sì è aggiudicato il premio come miglior film presso il festival di Cordova e la migliore sceneggiatura al Buddha Film Fest indiano.
Long Day, il soggetto
Distretto di Xingfu, anonima città della Cina, mese di dicembre. Le vicende di diversi personaggi si svolgono dal giorno alla notte. Una madre ventunenne e tossicodipendente viene arrestata per furto in un negozio di alimentari e, condotta alla stazione di polizia, lascia la figlia di tre anni in casa da sola, mentre il compagno è assente e irraggiungibile. Un giovane rider è in continuo movimento tra una chiamata e un’altra.
Considerazioni su Long Day
Le scene sono dominate da toni di grigio, il più delle volte slavati e poco espressivi. Il sistema delle inquadrature funziona, la camera passa da cornici strette a piani totali con disinvoltura. Meno chiaro l’intento di creare dei vuoti di alcuni secondi che lasciano l’azione e il personaggio fuori dalla scena, per esempio al di là di una porta o in un’altra stanza. La scena della ragazza che legge il libro dura alcuni interminabili minuti privi di stacchi, senza che accada nulla; similmente con la stesura su carta di una lunga nota. Nel complesso, il film risulta ostico: ottantasei minuti che sembrano via via sbiadire anziché prendere forma, dove le battute sono rare e i silenzi estenuanti. Il senso di alienazione è, sì, trasmesso ma con fiacchezza, senza incisività. Il messaggio di un’ambientazione spettrale e spersonalizzante è chiaro, tuttavia l’impatto visivo è carente. La prima prova di Yumo Luo è opaca; sopravvive forse qualche intuizione del regista nell’uso della camera.
Il trailer di Long Day