Il cinema come preghiera: la poesia e il destino del mondo nel cinema di Andrej Tarkovskij
Andrey A. Tarkovskiyj, il figlio del grande cineasta russo, con il documentario Il cinema come preghiera ne ripercorre, attraverso immagini e materiale inedito, la storia privata e professionale, offrendone un ritratto a 360 gradi e una visione d'insieme. Da non perdere
Se parliamo di Cinema, Cinema inteso nel senso più alto e assoluto del termine, ovvero quello di Arte, l’Arte che racchiude in sé tutte le altre, non possiamo non pensare subito e istintivamente a uno dei suoi padri spirituali (e non solo) per eccellenza, anzi colui che fu in grado di rivoluzionare definitivamente l’idea stessa di cinema, il russo Andrej Tarkovskij.
Il cinema come preghiera
Andrey A. Tarkovskiyj, il figlio del regista (verso cui tutti dobbiamo sentirci debitori per averci regalato ed estasiato con opere ineguagliabili e inarrivabili per valore e forza narrativa, espressiva ed estetica) con il documentario Il cinema come preghiera ne ripercorre, attraverso immagini e materiale inedito, la storia privata e professionale, offrendone un ritratto a 360 gradi e una visione d’insieme che catapultano lo spettatore nell’articolato universo tarkovskijano.
L’arte intesa come simbolo dell’infinito, questo il senso che il Maestro russo, con le sue opere, ha portato alla luce e che il film in questione contribuisce a evidenziare, permettendo di comprendere i punti fondamentali di quello che è stato il contributo alla settima arte del più grande cineasta di tutti i tempi.
Dall’infanzia in cui, nonostante le privazioni dovute alla guerra, il piccolo Andrej è spinto dalla madre a studiare pianoforte e a dipingere, figura che costituirà il fulcro del suo processo formativo ed esistenziale in generale, alle tappe che coincidono con la realizzazione dei suoi capolavori, Il cinema come preghiera riesce a far emergere l’aspetto spirituale di cui tutta l’opera tarkovskijana è intrisa.
Tarkovskij credeva che il destino dell’uomo fosse quello di servire, che quella fosse la sua causa nel e per il mondo e la lotta per il potere, quindi, nulla aveva a che fare con questo disegno. È da questo concetto che ha origine e si sviluppa l’intero percorso del cineasta, tragitto che raggiunge il suo apice nel 1979 con il capolavoro Stalker, in cui la sua concezione della vita e dell’arte corrisponde perfettamente al risultato finale.
L’idea dell’arte, della vita, del cinema
Se volessimo provare a definire il cinema di Andrej Tarkovskij, potremmo dire che è percorso da un vivido afflato poetico, attraverso cui viene rappresenta la coscienza dell’uomo e della società.
Molto importante è, di conseguenza, la funzione divulgativa di questo lavoro, che avvicina soprattutto chi non conosce Tarkovskij all’idea che lo stesso aveva dell’arte, della vita e, in sostanza, del cinema. La vera arte è quella che riesce a elevare il livello spirituale del mondo, ed è esattamente il senso dell’opera del regista. Ecco perché è un film così necessario.
Andrey A. Tarkovskij esamina simbolicamente e concretamente la sensibilità di un autore per molti versi ancora non pienamente compreso. Il cinema come preghiera: perché quella di Tarkovskij, appunto, è un’esortazione accorata al mondo intero affinché possa risvegliarsi dal torpore di un’esistenza meschina e senza scopo, se non quello dell’interesse individuale.
E, in fondo, come per l’amore, anche il sentimento di assoluto e di divino che pervade ed è contenuto nell’intera cinematografia del maestro si può provare ma non si può (fino in fondo) spiegare.
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