Ha avuto un esito paradossale la mattinata del 15 marzo al cinema Capitol di Bergamo. In programma vi era infatti una doppia proiezione, sulla carta assai stimolante, inerente al Kino Club, la sezione del Bergamo Film Meeting pensata proprio per i più giovani. Non soltanto.entrambe le animazioni selezionate potevano vantare un legame piuttosto esplicito con la regione artica. Ma se in un caso era il tema delle esplorazioni polari a prevalere, per quanto concerne l’altro il merito consisteva proprio nel porre in primo piano, seppur in forma divertente e leggera, questioni ambientali di stretta attualità.
Con tali premesse ci si poteva aspettare di vedere la sala gremita da studenti, da giovanissimi. E invece, qui sta il paradosso, di scolaresche ne abbiamo viste più di una ma in strada, mentre per raggiungere il cinema eravamo costretti a fare lo slalom tra ragazzi assiepati sui marciapiedi, visto che anche anche nella città lombarda diversi istituti hanno aderito alle proteste per la Giornata Mondiale del Clima. Verrebbe da dire: tutti con la piccola Greta Thunberg, simbolo delle lotte giovanili contro i cambiamenti climatici, la cui dirompente presenza mediatica sta facendo discutere il web. Ad ogni modo noialtri, con meno clamore, ci siamo rifugiati in una sala cinematografica praticamente deserta per testimoniare come anche l’animazione possa essere strumento utile, forse persino più efficace, al momento di rappresentare l’urgenza di determinate questioni ambientali.
E poi, diciamoci la verità: il fatto che la striscia umoristica presentata per prima puntasse i riflettori sulle isole Svalbard, magnifico arcipelago incastonato nel Mar Glaciale Artico che qualche anno fa abbiamo avuto il piacere di visitare in nave, aveva acceso ulteriormente la nostra curiosità. Sval&Bard è per l’appunto una serie di cortometraggi (ne sono autori gli italiani Giacomo Agnetti, Daniele Di Domenico, Marco Falatti e Gianluca Lo Presti) realizzati in stop motion, i cui protagonisti sono due stralunati soggetti determinati a godersi quei paesaggi incontaminati combinando però un disastro dietro l’altro.
In Sval&Bard: Don’t be an Arctic Litterbug li vediamo catapultati nelle ampie distese ghiacciate come turisti sprovveduti, che persino nell’atto di accamparsi per la notte riescono a essere fonte di guai e soprattutto di inquinamento… per poi pagarne le conseguenze in prima persona, con esiti indiscutibilmente comici per lo spettatore. Queste brevi animazioni non nascondono certo lo spirito positivo ed ambientalista che ne ha orientato la realizzazione, ma anche l’approccio disinvolto all’animazione a passo uno si fa apprezzare, coi buffi personaggi di plastilina inseriti in fondali che omaggiano bene la natura selvaggia delle Svalbard.
Questa era per noi una novità assoluta. A seguire abbiamo rivisto con piacere Tout en haut du monde (The Long Way North), il film di Rémi Chayé da noi scoperto nel 2016, al Future Film Festival, dopo che aveva già vinto il premio del pubblico al Festival di Annecy: un’animazione dal gusto abbastanza classico ben si presta qui ad accompagnare i toni di un racconto, che si protende verso una fantastica e pericolosa avventura tra i ghiacci, dopo aver messo in scena con grazia quei siparietti in costume nella Russia degli Zar la cui caratterizzazione aspira a un’intensità quasi pittorica. Cromatismi ben definiti ci guidano dapprima nel vivace ambiente di San Pietroburgo, delle famiglie aristocratiche, dei musei, dei balli di corte, per poi perdersi nella predominante del bianco della banchisa e dei cieli di celeste luminosità, allorché la narrazione si sposta sul terreno delle esplorazioni artiche; protagonista di Tout en haut du monde è infatti l’ammirevole, caparbia, generosissima Sasha, un’aristocratica russa giovane e anticonformista che alla fine del XIX secolo, contravvenendo alle disposizioni dei genitori, si mette sulle tracce del nonno Oloukine, rinomato scienziato che non aveva mai fatto ritorno dalla sua ultima missione esplorativa, tesa alla conquista del Polo Nord.
Spunti romanzeschi e senso dell’avventura, più l’utilizzo personale e alquanto carico del colore, offrono pertanto una connotazione positiva all’opera prima di Rémi Chayé, il quale, comunque, si era già fatto apprezzare da storyboarder così come in altri ruoli all’interno di produzioni animate d’impronta decisamente autoriale, su tutte lo splendido The Secret of Kells.