La prigione “Huset” (“La Casa”) deve essere ripulita, o rischia lo smantellamento. La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno che spezza gli equilibri de La Casa, dove i più forti controllano i più deboli, e dove adesso i corrieri, le spie e le guardie corrotte vanno stanate o protette per ristabilire quella serenità disturbata.
Prisoner è una cruda fotografia della vita in carcere, e un gioco a Guardie e ladri ad alta tensione drammatica.
Da Cannes, ora in streaming
Applaudita a CANNESERIES 2023, Prisoner è ora su MyMovies ONE con i suoi sei episodi, e lo sarà fino a settembre 2027. La serie vede la regia di Frederik Louis Hviid e Michael Noe, creata da Kim Fupz Aakeson, e vanta un cast di stelle del portfolio cinematografico danese e scandinavo.
Lo stesso anno dell’applauso a Cannes, Prisoner aveva anche ricevuto il Prix Italia come miglior dramma televisivo, e nel 2024 il Robert Award come serie danese.
Prisoner – La Casa
Sammi (Youssef Wayne Hvidtfeldt) si è da poco ambientato nella prigione dove lavora come guardia carceraria e dove vorrebbe, più di tutto, poter fare la differenza. Ma i primi a farla sono i detenuti, schierati su due fronti, il “Blu” e il “Rosso”: sette ore di chiusura in cella e le restanti ore d’aria, fanno intuire a Sammi che le regole non le hanno mai dettate i “buoni”. Ma se, perlomeno all’inizio, i rapporti sembrano quadrare tra governatori e governati, molto presto si incrinano, ed è subito guerra civile.
Henrik (David Dencik) è un padre di famiglia, ne La Casa lui è l’animale da compagnia. Fido e sottomesso, mostra i denti solo quando deve difendere il suo padrone, o difendersi dalle bastonate. Gert (Charlotte Fich) è il capo a guida del personale della prigione, fredda e razionale calcolatrice, ma che spesso si scopre del suo lato più fragile. Infine, Miriam (Sofie Gråbøl) segue le briciole lasciate a terra dal figlio in cerca di redenzione.
Quattro personaggi, su uno sfondo di figuranti, smarriscono il loro senso di giustizia (ne è mai esistito uno?), ciascuno preda e vittima di un sistema che ragiona occhio per occhio. Dall’altra parte delle sbarre, nulla di così diverso esiste per loro che scontano la pena di una vita condotta nell’illegalità e nell’autoconvincersi di essere, ormai, sulla retta via; nell’annullamento violento della propria sessualità; nella cecità al proprio dolore, per mettergli davanti quello di chi si ama; nella paura di ripetere gli errori del passato.

Fotogramma di ‘Prisoner’ (2023)
Sulle case di una scacchiera
Sul tavolo ci sono le premesse di una serie che non si rifà ai convenevoli del genere. I protagonisti sono a doppiofondo, non si riconoscono l’uno nell’altro, se non per la divisa che portano. C’era forse una volta un “noi” separato da un “loro”, ma quell’ordine è stato sovvertito. I colori si sono mischiati, e ora il nero e il bianco della scacchiera sono un grigio di ambiguità.
Fai la tua parte e io capirò la mia mossa.
È anche un gioco di strategia, stocastico, dove il copione non è già scritto. Le sue pedine si rincorrono e cambiano piano continuamente, così il gioco evolve in un crescendo di dinamica che interdice la piattezza del poliziesco. La similitudine con gli scacchi finisce qui. Perché, se tra le case dei re e dei fanti è la guerra ragionata a vincere, in Prisoner è La Casa, il delirio dello status quo, i grigi e i chiaroscuri, i burattinai sui burattini, la paura sulla ragione, che vince sempre.