Per la terza edizione dell’UnArchive Found Footage Fest, che si terrà dal 27 maggio al 1° giugno a Roma, sono tantissimi i progetti da tener d’occhio. Tra questi vi è Like a Sick Yellow, un corto diretto dalla regista kosovana Norika Sefa. Il lavoro rientra perfettamente nell’obiettivo del Festival, ovvero quello di celebrare nuove forme di cinema, che spaziano dall’audiovisivo standard fino ad arrivare alle live performance.
La potenza dell’home movie
Like a Sick Yellow si presenta come un collage di home movie, risalenti agli anni Novanta e poco prima, ed è ambientato in quella che sembrerebbe una villa. Si predilige questo tipo di filmato quando si tratta di riprendere ambienti domestici e momenti intimi ed è di carattere amatoriale. La registrazione del materiale avviene su dei rullini, per cui la strumentazione non deve essere per forza costosa, ma può essere impiegata anche una camera usa e getta. La premessa è chiara: Norika Sefa decide volutamente di portare lo spettatore tra le mura domestiche e nell’intimità familiare. Il pubblico diventa un membro della famiglia, partecipa ai simposi, alle danze e alle usanze e tradizioni del microcosmo. Per poi annunciare un epilogo tragico e portarlo ad empatizzare con una situazione dalla portata apocalittica.

Il presentimento raccontato con l’audiovisivo
In Like a Sick Yellow brevissime clip si susseguono e alternano momenti molto diversi e separati tra loro dell’intimità familiare: piccoli simposi, danze organizzate nel giardino, bambini che corrono per la casa, persone che chiacchierano. Il tutto è accompagnato da un voice over piuttosto disturbante, non per quello che dice, ma per il fatto che vengono ripetute le stesse frasi per quasi tutta la durata del corto.
She was so happy they married her here… In this house.
Lei era così felice l’avessero sposata qui… In questa casa.
Questa è una delle espressioni che viene pronunciata di più, talvolta anche attraverso il whispering. Probabilmente si fa riferimento a Nora, una donna con un lungo vestito rosso, che ricorda il fuoco. Ma la ripetizione di queste frasi sottolineano la sensazione profetica della catastrofe. È da lì a poco che sarebbe scoppiata la guerra, le case sarebbero state bombardate e la memoria sarebbe stata l’unica sopravvissuta. L’home movie è la testimonianza del candore familiare, che è stato distrutto dai problemi geopolotici del tempo. Lo spettatore, ormai parte integrante della famiglia, esperisce anch’egli un lutto. Tutto ciò che si può fare è accettare il tragico destino.
Il ricordo come resistenza
È uno di questi, i casi in cui il cinema esaurisce il suo compito di mero strumento di intrattenimento, per diventare un canale di resistenza. La memoria e il ricordo diventano un’arma per resistere alla distruzione causata dal conflitto bellico e utilizzando una piccola telecamera amatoriale, l’esperienza si amplifica e arriva a essere collettiva. Il lavoro di Norika Sefa è essenziale e, nella sua semplicità, vanta una grandissima potenza.