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Rosso: il noir dal sapore vintage dell’argentino Benjamin Naishtat

Benjam Naishtat traspone sullo schermo le tensioni sociali nell'Argentina del 1975, in un noir inquietante ed esteticamente interessante

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Rojo

Terzo lungometraggio di Benjamin Naishtat, Rosso è un poliziesco in pieno stile anni Settanta, ricco di suggestioni. Attraverso le vicende di una comunità, il film si fa specchio di una società malata, che cela dietro una maschera di perbenismo il suo inevitabile decadimento morale.

On line sulla piattaforma di CG Digital. 

Rosso, lo strano incipit

Siamo nel 1975, in una piccola provincia argentina: un gruppo di persone sta svuotando il suo appartamento dei beni più preziosi. La famiglia in questione, bersaglio di un raid governativo, è costretta a fuggire dal Paese. Il prologo di Rosso, apparentemente no sense,  ci immerge totalmente nel clima di tensione che avvolge l’Argentina degli anni Settanta, una nazione che mette in pericolo i propri abitanti, anziché tutelarli.

Nella sequenza successiva, irrompono in scena due personaggi: Claudio (Dario Grandinetti), consigliere comunale e avvocato, e uno sconosciuto, in seguito noto come El Hippie (Diego Cremonesi) . I due si scontrano in un duello verbale, tra i tavoli di un ristorante, in un’atmosfera surreale. Questo scontro sfortunato da western urbano sfocerà in una tragedia, che l’avvocato e la sua bella famiglia si lasceranno alle spalle.

Rosso il colore accecante della violenza

Rosso è un noir vintage dai colori sbiaditi, il montaggio secco, il ritmo lento e una cinepresa spesso immobile, che creano tensione e aspettativa in chi lo guarda, come se un pericolo fosse sempre lì in agguato, in ogni angolo. La fotografia di Petro Sotero e la chiara ispirazione ai film degli anni Settanta consentono di riprodurre, con rigore storico, il viaggio nel tempo proposto da Naishtat.

L’uso del colore, in particolare del “rosso” che dà il titolo alla pellicola e che ha chiari connotati politici, è segno visibile della minaccia di una violenza che raggiungerà il suo culmine nel colpo di Stato del 1976, facendo sprofondare un intero Paese in uno dei periodi più bui della sua storia. Non a caso, una delle scene clou dell’opera è un’eclissi che colora tutto lo schermo di un rosso scarlatto, quasi accecante.

Metafora di una società in declino

Gli eventi decisivi o significativi in Rosso avvengono fuori campo, come se i personaggi rappresentati non volessero esserne direttamente coinvolti, relegando ai margini episodi di violenza, arresti, sparizioni.

Il tema che sostiene tutta l’opera di Naishtat è, infatti, quello di un male proliferante, che trova terreno fertile nella cultura della negazione e del silenzio. Le azioni impunite dei singoli individui lasciano prefigurare i tumulti all’interno di una società, di una nazione che sta perdendo la sua bussola morale.

Frammento dopo frammento, Rosso si delinea come un’inquietante metafora della società che analizza e dei meccanismi malsani che portano una maggioranza silenziosa a fingere che nulla sia sbagliato.

La prima parte del film verte intorno al comportamento irresponsabile di un avvocato, un privilegiato, che compie azioni immorali, senza assumersi nessuna responsabilità.

La seconda, segnata dall’ingresso del detective cileno Sinclair, figura quasi caricaturale, interpretata da Alfredo Castro, rappresenta il vano tentativo di smascherare verità nascoste, amplificando la forza di uno sguardo disperato su un mondo che mantiene le apparenze mentre sta crollando a pezzi.

 

 

 

Rojo

  • Anno: 2018
  • Durata: 109'
  • Genere: Thriller/Mistero
  • Nazionalita: Argentina
  • Regia: Benjamin Naishtat
  • Data di uscita: 01-April-2021