Delitto al ristorante cinese è un film commedia a sfondo poliziesco del 1981, diretto da Bruno Corbucci, dove l’attore Tomas Milian si cimenta con una duplice parte: il personaggio ciclico dell’ispettore di polizia Nico Giraldi e un misterioso ristoratore dell’Estremo Oriente (Ciu Ci Ciao), autocitazione di una precedente interpretazione nel western Il bianco, il giallo, il nero di Sergio Corbucci (1975). Con Bombolo e Cannavale.
In un ristorante cinese vicino a Fontana di Trevi un cliente viene trovato morto stecchito. Le indagini vengono condotte dall’ispettore Nico Girardi, il quale scopre che qualcuno aveva sostituito le medicine del defunto con delle pastiglie di arsenico. All’inizio i sospetti si dirigono sul personale del ristorante (il maître Vincenzo e l’autista Bombolo), ma ben presto si concentrano sul proprietario del locale, che non esita, per difendersi, a rapire la moglie e il bambino dell’ispettore.
Il cinema popolare, verace, della premiata ditta Milian-Corbucci (e Bombolo) non lo si può snobbare, catalogare frettolosamente come materia non degna di interesse, laddove il sentimento più diffuso nel pubblico, che in quegli anni gremiva le sale per assistere all’ennesima prodezza dell’ispettore Giraldi, è di affetto e gratitudine per l’artigianalità, la schiettezza e l’immediatezza con cui venivano realizzati una serie di film che, a rivederli dopo tanti anni, non solo ancora divertono, ma, si perdoni l’iperbole, quasi commuovono. Quando non si era imposto lo scialbore del politicamente corretto, che ha miseramente appiattito il tono della nostra commedia, negando la veracità dello spirito di un popolo e dando vita a operette tutte uguali e non meritevoli di interesse, si poteva consumare il rito comunitario delle proiezioni partecipando visceralmente, magari pure con una risata sguaiata, ma autentica. I duetti Milian-Bombolo sono – e non crediamo di esagerare affermando ciò – consegnati alla storia, destinati a rimanere indelebilmente impressi nell’immaginario dello spettatore. Allora cos’è che davvero conta? L’amore imperituro del pubblico o gli spocchiosi dizionari di cinema, che, con qualche stelletta e una frettolosa considerazione, si arrogano il diritto di giudicare senza possibilità di appello cosa merita o no di esser visto? Oltre alle prospettive intellettuali, che evidentemente rimangono decisive, c’è una dimensione emotiva, affettiva, dell’anima, verrebbe da dire, che non può essere trascurata. Detto in altri termini: Milian, Bombolo e Corbucci saranno ricordati senza dubbio. Ma gli ultimi venti-trent’anni della nostra commedia troveranno un posto, anche minimo, nella memoria del nostro paese? A voi la risposta. (Luca Biscontini)
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