Da anni c’era un progetto aperto di cui il regista Enzo G. Castellari, almeno sino a ieri, non aveva perso del tutto la speranza per poterlo un giorno realizzare. Già la morte di Bud Spencer aveva indebolito tale aspettativa, ma comunque non la aveva del tutto affondata, ma la morte di Tomas Milian certamente, oggi, la farà abortire. Non vi sono più le ragioni necessarie, soprattutto quelle poetiche, per tenere in vita il progetto, le ragioni vitali, insomma, per cui il regista Enzo G. Castellari aveva sin qui lottato, affinché la grande idea prendesse il via.
La storia il regista l’aveva raccontata più volte, il progetto voleva riunire in una sola situazione scenica, appunto, Tomas Milian, Bud Spencer, George Hilton, Gianni Garko e Fabio Testi, loro cinque, in un gioco di specchi, comodi sulla balaustra di un saloon, a sfidarsi in un poker, dove ben presto vengono avvicinati dai loro personaggi, i mitici personaggi che hanno alle spalle sin dagli anni sessanta, proprio per interferire tra loro, per provocare. E Castellari ricorda come era forte l’entusiasmo di Milian per questo progetto, per lui che, insomma, lontano ormai da anni dalle scene, vuoi per l’avanzare della età, vuoi per qualche acciacco di salute che cominciava a minarlo, comunque a questo progetto di Castellari aveva aderito addirittura in termini entusiastici; sarebbe stato per lui quel canto del cigno, che voleva assolutamente dedicare ai suoi tantissimi fans.
Ricorda ancora Castellari come Milian si era raccomandato. “… Ma davvero vengono tutti, in questo film con me? Però se lo ricordano ancora che io sono Chucillo…”, e Castellari: “… Ma certo, glielo famo ricordare noi …” e dopo a ridere davvero come bambini. L’ultima volta a Roma, nell’autunno del 2014 Tomas Milian era apparso certamente stanco, anche invecchiato, ma assolutamente convinto di voler scendere ancora in campo. Ed Enzo G. Castellari gliela aveva trovata quella discesa sul territorio. “Torno a Miami ma Roma resta nel mio cuore” , aveva detto salutando i tanti fans accorsi numerosi alla libreria Feltrinelli sulla via Appia di Roma, dove aveva presentato finalmente la sua biografia, Monnezza amore mio.
Attorniato sul palchetto della libreria, anche coccolato e protetto in fondo dagli amici romani, in primis Marco Giusti, Luca Rea, Niki Di Gioia, Lucio Rosato, Quinto Gambi, Sergio Di Pinto, quella sera Tomas aveva preferito in fondo guadagnare presto, anche anzitempo, l’uscita dalla ribalta, ed i tanti fan che avrebbero voluto farsi autografare il libro o farsi qualche selfie hanno capito la situazione, umanamente, ed hanno accompagnato in fondo Tomas dolcemente, con la sola forza dello sguardo, con un lungo applauso. Tomas Milian ha sempre detto di riconoscersi una capacità: quella di essersi allontanato in tempo dal cinema più autoriale. Per anni infatti Tomas è rimasto un attore voluto e considerato da registi quali Luchino Visconti, Mauro Bolognini, Francesco Maselli, Franco Brusati, Valerio Zurlini, Renato Castellani, Pier Paolo Pasolini. Solo dal 1967, infatti, e proprio improvvisamente, Tomas Milian cominciò a preferire i generi, che seppe “… cavalcare alla grande”, come diceva.
“….Sono grato alla mia filmografia più popolare”, ripeteva più spesso, e la maschera che più lo ha caratterizzato nella sua splendida carriera è stata certamente quella di Nico Giraldi, chiamato il Monnezza, e quella del suo alter ego, in fondo, Sergio Marazzi, l’una in qualche maniera inventata da Bruno Corbucci e Mario Amendola, l’altra da Umberto Lenzi e Dardano Sacchetti. Solo nel 1982 aveva ceduto nuovamente alle lusinghe di un autore, Michelangelo Antonioni, recitando nel suo Identificazione di una donna. Ma aveva avuto, quella esperienza, il valore semplice di un vezzo, pure cercato certamente, ma il cinema che Tomas Milian voleva interpretare era sempre quello più popolare, dignitoso certamente, ma assolutamente popolare.
Ora c’è da aggiungere anche che se il poliziotto e scrittore Ezio Cardarelli era riuscito a finire il suo libro sul grande Bombolo, compagno ideale di Tomas nei tanti film dedicati alla maschera che amava, quel testo prezioso e perfetto che rimane E poi cominciatti a fà l’attore, un assoluto merito ce l’ha proprio Tomas, che aveva convinto Ezio a scriverlo, spronandolo all’infinito, per realizzare l’idea: la paura di Milian era che il fan, perché davvero Ezio Cardarelli era il fan assoluto sia di Bombolo che di Tomas, restasse tale e la commozione, il romanticismo, giocasse infine un brutto scherzo. Ma così non è stato, Ezio Cardarelli davvero è riuscito a dare alle stampe quello che rimane un capolavoro di onestà e di sincerità letteraria e poetica dedicata ai suoi beniamini, che poi sono, a ben guardare, sicuramente i beniamini di tanti.
Grazie Tomas.
Giovanni Berardi